Politica | Dopo il voto

Nuovo Consiglio provinciale: italiani scarsamente rappresentati

La debole partecipazione al voto da parte degli italiani pone un grave problema di rappresentanza. In primo luogo culturale.

La giornata di ieri ci ha regalato un Landtag con trenta consiglieri tedeschi e cinque italiani. Ciò significa che nella prossima legislatura il gruppo linguistico italiano si troverà a essere fortemente sottorappresentato. Cinque consiglieri, infatti, fanno il 14% del totale.

Sia chiaro. Il fatto che il dato dell’astensionismo abbia caratterizzato maggiormente le zone più densamente popolate da “italiani” allegerisce di molto l’eventuale rammarico: chi è causa del suo male è costretto a piangere se stesso. Bisognerebbe però dimostrare  –  e non sarebbe facile – che quei mancati consiglieri italiani rappresentano un serio danno alla comunità degli italiani. Sì, occorrerebbe dimostrare che ciò di cui gli italiani hanno bisogno non è tanto un buon numero di consiglieri onesti e capaci di risolvere determinate questioni, e ciò indipendentemente dalla lingua che parlano di solito, ma che siano in primo luogo gli italiani a dover tentare di farlo (indipendentemente dal fatto di riuscirci). Per molto tempo, in fondo, si è pensato così. E se adesso qualcuno preferisce il non voto al voto italiano, purché sia meramente italiano, forse un piccolo progresso c’è.

Ho detto forse? Mi correggo subito. In realtà il progresso non si vede e nulla vieta di pensare che tra cinque anni ci ritroveremo a un punto presumibilmente ancora peggiore. Non c’è progresso, mi spiego, perché l'indifferenza nei riguardi della propria rappresentanza “etnica” presupporrebbe che dall’altra parte ce ne fosse altrettanta. Basta invece dare un’occhiata al Consiglio in procinto di insediarsi per capire che la musica non sarà esattamente quella sperata. Insomma: non vale molto limitarsi ad auspicare che un cambiamento del nostro amato Sudtirolo si realizzi senza il concorso di tutti quello che lo abitano. Il rischio è che chi si trova in una condizione di estrema minoranza (e per proprie indiscutibili colpe, come nel caso del gruppo linguistico italiano) non raccolga neppure un po’ di compassione.

Bisognerebbe reagire, almeno cominciare a reagire con lo spirito giusto. E lo spirito giusto è quello che potrebbe contribuire a individuare strategie politiche e culturali – le seconde sarebbero una condizione di possibilità delle prime – al fine di creare una classe dirigente in grado di dialogare alla pari, cioè in modo non velleitario o supponente, con quella del gruppo linguistico tedesco. Mettere la testa sotto la sabbia, preferire di non scegliere, delegando al caso quello che invece si dovrebbe affrontare in prima persona, è la strada sbagliata. Imboccata purtroppo con caparbio masochismo per l’ennesima volta. I cinque consiglieri di lingua italiana non sono quindi un problema, ma l’esito di un problema. Un problema che attende persino di essere compreso nei suoi termini essenziali.