Società | inclusione

Il cibo come strumento d’impatto sociale

“Chi è più fortunato ha il dovere di fare qualcosa per chi lo è meno.” Con questa convinzione Davide Baio e Nick Preda hanno dato vita a Condivivi e hanno assunto Matteo.
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Foto: BzNews24

Matteo arriva al tavolo sorridendo: ha gli occhi felici, la voce squillante, un entusiasmo invidiabile. “Ti piace lavorare qui, Matteo?” “Lo adoro, voglio rimanerci per sempre!” Resta a chiacchierare finché gli è possibile, poi si allontana e dopo poco tempo torna: la felpa verde ha lasciato il posto alla divisa da cameriere. Matteo è un dipendente del ristorante Cibus di Bolzano e ha la sindrome di Down.

In Italia sono poche le persone che come Matteo, pur avendo una disabilità, riescono ad accedere al mondo del lavoro. I dati Istat del 2019 dicono, infatti, che solo il 32,2% dei disabili ha un’occupazione, una percentuale ben al di sotto di quella della Germania, dove il 57% delle persone con disabilità tra i 15 e i 64 anni lavora. A dare a Matteo questa possibilità è stato Davide Baio – proprietario di Cibus insieme a Nick Preda – che nel 2020 ha organizzato un corso di servizio bar e cameriere indirizzato a persone con la sindrome di Down. Per un anno Davide, con l’aiuto del musicoterapista Simone Pantano, ha incontrato tutti i sabati dieci ragazzi ai quali ha insegnato il mestiere della ristorazione e gli ha fatto svolgere i due mesi di stage all’interno della sua struttura. L’attenzione nei confronti delle realtà più svantaggiate ha portato Davide e Nick a trovare un modo per far coincidere le innovazioni aziendali con quelle sociali: si sta parlando del neonato progetto Condivivi. Battezzato il 4 novembre 2022, Condivivi nasce dall’incontro tra la Cooperativa Sociale La Rete (Trento) e cibuspay – una startup che ha lanciato un sistema alternativo ai tradizionali buoni pasto cartacei inserita da StartupItalia nella lista delle startup più innovative del 2022 – e si basa su un’idea di crowdfunding in cui il pasto aziendale diventa una risorsa d’impatto.

salto.bz: Partiamo dal principio: che cos’è e come nasce cibuspay?

Davide Baio: cibuspay è un’applicazione che permette alle aziende di acquistare un credito da distribuire ai suoi collaboratori che lo possono spendere in bar e ristoranti convenzionati. Nasce dalla volontà di trovare una soluzione per i ristoratori vessati dai costi di gestione dei buoni pasto. Considera che se prima bar, ristoranti e la grande distribuzione organizzata aveva dei costi di commissione e di tasse pari al 3-4%, oggi si arriva al 30%.

Con il mio socio Nick Preda ci siamo domandati come fosse possibile che non ci fosse un’alternativa e abbiamo trovato la risposta nel sistema di mensa diffuso che prevede la detassazione totale e l’aliquota IVA del 4% invece che del 10%. Inoltre sulla app è possibile vedere quali attività sono convenzionate e i ristoratori possono caricare anche i menu; tutto l’aspetto burocratico amministrativo è gestito da noi, i pagamenti arrivano ai ristoratori ogni settimana, infine si elimina ogni pagamento elettronico, carta o POS, a beneficio della sostenibilità ambientale.

Come si inserisce Condivivi all’interno di cibuspay?

Condivivi non esisterebbe senza cibuspay. Nato dalla volontà di poter fare qualcosa per le cooperative sociali, Condivivi è uno strumento d’impatto sociale che prevede che il 10% del ricavato generato da cibuspay venga destinato a progetti socialmente utili del territorio. Cibuspay è presente in Alto Adige, in Trentino, in Veneto, ora in Friuli e nel 2023 arriverà in Emilia. Di conseguenza il comitato scientifico di Condivivi identifica i progetti di valore a cui corrispondere il 10% del nostro ricavato in tutti questi territori.

Nello staff del tuo ristorante c’è Matteo, un ragazzo con la sindrome di Down. Secondo la tua esperienza quali sono le difficoltà e quali gli aspetti positivi dell’inserire persone con disabilità nel mondo del lavoro?

Le persone disabili, esattamente come tutti, hanno dei limiti che vanno inquadrati. È necessario avere l’intelligenza di attribuirgli delle mansioni compatibili con la loro disabilità e le loro caratteristiche. Per esempio, io ho avuto in stage ragazzi molto metodici che erano indicati per pulire le posate, piegare i tovaglioli, sistemare i menu. Chi è più estroso e ama il contatto con la gente, come Matteo, può servire ai tavoli. Tutti dovrebbero essere inquadrati per quello che sono più portati a fare: sinceramente non vedo una grande differenza con le persone senza disabilità. Nel mio caso posso dire che avere qui Matteo è un valore aggiunto per tutti anche per i clienti che lo apprezzano molto.

Come imprenditore consiglieresti di assumere dipendenti con disabilità?

Prima di tutto io credo che chi è più fortunato debba fare qualcosa per chi lo è meno. Inoltre, la ricchezza che possono dare queste persone è notevole, sta a te capire come inserirli al meglio. In un’azienda di amministrazione, per esempio, possono svolgere delle mansioni dignitose – tutto il lavoro è dignitoso – ma considerate noiose. Le persone con la sindrome di Down sono spesso metodiche, quindi un lavoro che può essere considerato ripetitivo è invece idoneo alle loro caratteristiche.

Ci sono molti pregiudizi nei confronti delle persone disabili e alcuni di questi riguardano le loro capacità. I ragazzi con la sindrome di Down che hai conosciuto sono ambiziosi?

Assolutamente. Matteo vuole fare di più, vuole trascorrere tanto tempo al ristorante per imparare di più. Matteo è molto intraprendente, fa un po’ il PR della situazione.

Cosa significa per te il termine “inclusione”?

L’inclusione tocca molti fattori, non è solamente l’inclusione dei ragazzi disabili; è il rispettare la differenza, mettersi in discussione, assumere un livello di confronto diverso. Includere significa aprire le braccia per accogliere un gruppo di persone molto più ampio. Per me “inclusione” vuole anche dire dare delle risorse a persone con difficoltà presenti sul proprio territorio. Quindi inclusivo è sostenibile, territoriale.

Hai già in mente un nuovo progetto?

Lavorando nel mondo della ristorazione mi sono accorto che ci sono molte persone con problemi alimentari come le allergie, le intolleranze o abitudini alimentari diverse. Vorrei creare qualcosa in modo tale che tutte queste persone possano avere delle opzioni: voglio creare delle strutture ristorative che siano ricettive per tutte quelle persone con esigenze alimentari particolari.