"Un no all'Svp, un sì alla democrazia"
Con l'esisto schiacciante del referendum (il 76% ha votato no), secondo il Team K i cittadini hanno scelto di esprimersi sulla "qualità della democrazia in Alto Adige" con un chiaro segnale alla Svp: "un netto NO all'entrata in vigore della legge Svp-Lega, che avrebbe depotenziato gli strumenti di democrazia diretta già in vigore. Lo slogan "Sì alla democrazia diretta" ha creato confusione tra gli elettori, ma l'intera opposizione è comunque riuscita a comunicare efficacemente le ragioni del NO. Il Team K considera il risultato del referendum come un forte segnale della società civile, un brusco risveglio per l’Svp e le sue dimostrazioni di forza". Il Team K riconosce che "l'affluenza alle urne, in media del 22%, non rende giustizia all'importanza del referendum su cui è stata chiamata ad esprimersi la cittadinanza. Sintomo da un lato della perdita di fiducia nella politica, dall’altro che in Alto Adige la strada da percorrere in direzione della democrazia diretta è ancora lunga". Con la sua legge - oggetto del referendum confermativo di ieri (29 maggio) - l’Svp ha "provato a depotenziare i risultati raggiunti finora in questo ambito, ma senza successo".
Secondo la verde Brigitte Foppa il voto ha salvato il "referendum confermativo" e si sono sventati "passi indietro rispetto alle conquiste della democrazia diretta del 2018". Si tratta di "un chiaro feedback sulla partecipazione, e, penso, anche su questa maggioranza SVP-LegaSalvini-ForzaItalia".
Un risultato che non si
Un risultato che non si discosta dalle previsioni, è la scarsa affluenza che ha caratterizzato questa chiamata alle urne. Il risultato del „no“ era più che scontato. Non ci ha guadagnato nessuno, neppure l'opposizione che non è riuscita a mobilitare i suoi simpatizzanti. Basta fare le dovute proporzioni, alle ultime elezioni provinciali le liste che si riferivano all'opposizione ricevettero 127.483 voti e i „no“ al referendum sono stati 70.842, non hanno goduto del beneficio della crisi del partito di maggioranza dovuta anche allo scandalo SAD.
Sempre sulle affluenze, con le dovute differenze dovute anche per l'abbinamento ad altre elezioni, almeno per il referendum costituzionale del 2020, è interessante ricordare gli ultimi due appuntamenti referendari. Nel 2020 al referendum costituzionale l'affluenza da noi fu la più alta di tutto il resto del Paese e arrivò al 69,97%, a quello provinciale del 2016 sull'aeroporto l'affluenza arrivò al 46,7%. Sono curioso a quale affluenza arriveremo tra due settimane ai referendum sulla giustizia ?
In risposta a Un risultato che non si di Alessandro Stenico
Sui cinque questiti alla
Sui cinque questiti alla giustizia io rischio un pronostico: meno del 10% di affluenza.
In risposta a Sui cinque questiti alla di Christoph Moar
A livello locale concordo con
A livello locale concordo con meno del 10%, a livello nazionale le previsione si attestano sul 30%
In risposta a A livello locale concordo con di Alessandro Stenico
Sulla “La Stampa” di oggi
Sulla “La Stampa” di oggi Giovanni Maria Flick, ex ministro della Giustizia e presidente della Corte Costituzione ribadisce in un intervista che i referendum sono inadatti per questioni di giustizia: «Per quesiti tecnici non funziona la logica binaria del votare sì o no»
Non si discosta tanto dall'articolo di Stefano Passigli sul Corriere “Sartori demolitore di miti”
Il libro che lo impose fu nel 1957 Democrazia e definizioni, in cui delineava quella difesa della democrazia rappresentativa contro le seduzioni della democrazia diretta e gli inganni dei regimi totalitari costante nel suo pensiero. A ciò si univa una visione realistica della democrazia ove alla maggioranza si assegna il compito di scegliere con il voto a quale tra le minoranze in competizione delegare il potere di governare.
Questa visione ha sempre portato Sartori ad un netto contrasto con i sostenitori della democrazia referendaria. Piú volte, infatti, egli ha indicato come lo strumento referendario sia in radice ingannevole: laddove il quesito referendario non si presti ad una chiara risposta si-no, come invece nel caso delle grandi questioni etiche (divorzio, aborto, interruzione assistita della vita), i referendum chiedono ai cittadini di pronunciarsi senza possibilità di modifiche su di una domanda formulata da una ristretta minoranza di proponenti. Presentato come massimamente democratico perché espressione del volere popolare, in realtà il referendum si rivela cosí come uno strumento elitistico perché inevitabilmente viziato da una quesito inemendabile formulato da un piccolo gruppo di proponenti.
In risposta a Sulla “La Stampa” di oggi di Alessandro Stenico
Concordo largamente. Ho letto
Concordo largamente. Ho letto i cinque quesiti (https://www.interno.gov.it/it/notizie/quesiti-e-colori-schede-i-referen…) e con tutta la nuova volontá che ci posso mettere mi sembra inconcepibile porre domande talmente tecniche al "popolo" sovrano. Saró ben riuscito ad informarmi e a farmi un opinione - spero fondata - sulla domanda di questa Domenica passata, ma su dettagli finemente tecnici di magistrati e magistratura vogliono andare a chiedere l'opinione a 51 milioni di persone? Sono sconcertato. E d'accordo, vada anche per i 30% di affluenza, mi lascio stupire. Qui da noi, se il tempo é bello, punto ancora sul sotto 10%. ;)
E' la politica, tutta, che ha
E' la politica, tutta, che ha perso, ma non da oggi.
E nessuno che si prende le proprie resposnabilità!
Già definire l'esito un no
Già definire l'esito un no alla SVP, smaschera le vere intenzioni di chi ha insistito sul referendum, quando sarebbe stato più semplice e meno costoso correggere la legge, visto che, a quanto pare, entrambe le parti hanno capito cosa andrebbe cambiato.