Società | 2015-2016

La fine e il principio

Piccolo abbecedario dell'anno che si è appena concluso e di quello che verrà.

A come A22 & Alperia. Coincidenza vuole che, proprio a cavallo tra l'anno vecchio e quello nuovo, siano venute a maturazione due grandi operazioni politico/finanziarie che riguardano da vicino la realtà altoatesina. La prima, che dovrebbe iniziare a maturare proprio nel mese di gennaio per poi svilupparsi entro la primavera, è quella che riguarda il completamento del passaggio sotto il controllo pubblico della società Autobrennero. La liquidazione, sicuramente onerosa se non difficile, delle quote ancora in mano a soggetti privati  rappresenta la "conditio   sine qua non" imposta dalle autorità europee per evitare l'obbligo di assegnare un bando di gara aperto tutti la concessione ormai scaduta. È un passaggio chiave dato che dal permanere della società autostradale nelle mani delle due province di Trento e di Bolzano e della Regione dipendono parecchi sviluppi. Il principale è quello dell'utilizzo di una parte consistente degli utili per finanziare la costruzione del tunnel sotto il Brennero e il raddoppio della linea ferroviaria Verona-Monaco, ma non mancano altri impegni. A Bolzano, ad esempio, il rinnovo della concessione pare essere condizione indispensabile per poter finanziare il prolungamento del percorso in galleria della strada statale del Brennero sotto il Virgolo. Sullo sfondo resta un paradosso: per poter adempiere ai suoi ruoli istituzionali e a tutte queste obbligazioni di tipo politico l'Autobrennero dovrà produrre sempre più utili, mantenendo se non incrementando il numero dei propri utenti. Tutto questo in palese contraddizione con l'allarme che indica proprio nel traffico autostradale, in quello dei mezzi pesanti in particolare, il maggior fattore di inquinamento ancora esistente sul territorio regionale. Come a dire che non è possibile nemmeno stavolta avere assieme la botte piena, la moglie ubriaca e l'uva sulla vigna.

Tra i botti di fine anno anche quelli che hanno salutato invece la nascita del nuovo colosso altoatesino dell'energia. Il nome, Alperia, ricorda in effetti più un liquorino dolce per signore che il padrone ormai quasi assoluto di tutte le fonti energetiche rinnovabili più importanti dell'Alto Adige, ma in questa storia i nomi vogliono comunque dire qualcosa. In Alperia è andata a fondersi la centenaria esperienza dell'Azienda Elettrica di Bolzano e Merano, testimone di un tempo in cui per dare un nome a alle società non occorreva interpellare qualche creativo, ma soprattutto di una realtà che per decenni è stata l'unica impresa diretta espressione della realtà locale in un settore dominato dai grandi gruppi privati. Alperia rappresenta anche la fine del sogno egemonico costituito da SEL e dai politici provinciali che vi hanno impegnato risorse ingentissime. Una vicenda che ha mostrato chiari limiti della governance provinciale. Ci vorrà del tempo per capire con precisione quanto sono costati ad ogni cittadino dell'Alto Adige certi deliri di onnipotenza.

B come Benko. Inutile resistere. Si è preso di forza anche la B. Non poteva essere altrimenti, dato che se ci fosse un concorso per il personaggio dell'anno, l'ultradiscusso finanziere austriaco lo avrebbe vinto a mani basse. È stato il protagonista, molto spesso assente e silente, dell'intera vicenda politica che si è snodata attorno alle consultazioni comunali di maggio. In suo nome sono state affondate maggioranze che pur parevano destinate a durare, si sono rotte alleanze che funzionavano, bene o male, da più di vent'anni, si sono frantumate amicizie personali più che solide e si sono intrecciate alleanze paradossali come quella tra il fronte ecosociale e pentastellato e la lobby degli immobiliaristi commerciali, terrorizzati dall'improvviso apparire all'orizzonte di un nuovo soggetto capace magari di mandare a gambe all'aria l'antico fronte che tiene alti gli affitti dei negozi. L'anno si chiude ancora nel suo nome e c'è da credere che quello che stiamo per affrontare lo vedrà sempre protagonista, a dimostrazione imperitura dell'asfittico campo di manovra in cui giostrano politici cittadini.

C come Convenzione per l'autonomia. Nel 2015 se ne è parlato. Nel 2016, se gli appuntamenti verranno rispettati, si entrerà nel vivo di quel processo di revisione della piccola costituzione altoatesina meglio conosciuta come Statuto di autonomia. Stavolta però, ce l'hanno giurato, si cambia. Se il primo statuto, quello del 1948, fu scritto negli uffici di Alcide de Gasperi e frettolosamente discusso in una sottocommissione dell'assemblea costituente senza neppure consultare i rappresentanti politici delle popolazioni interessate, se il secondo è nato da una trattativa diretta e riservata tra il partito di raccolta dei sudtirolesi e il governo di Roma, il terzo statuto dovrebbe finalmente nascere da un'ampia, democratica e corale discussione di tutti gli abitanti di questa terra. Il meccanismo di coinvolgimento di tutti i cittadini interessati e dei rappresentanti di tutte le realtà sociali, culturali ed economiche è bell'e pronto, ma una lunga esperienza,  condita purtroppo da amare disillusioni, induce ad esprimere qualche dubbio. Il pericolo, in parole povere, è che si apra una di quelle discussioni talmente generali e generiche da lasciare il tempo che trova, un dibattito nel quale ognuno farà mostra di grande competenza e metterà sul tavolo proposte tra le più diverse, originali e talvolta bizzarre. Alla fine tutto verrà diligentemente catalogato, protocollato e archiviato. Il nuovo statuto poi rischia di nascere come sempre dalle trattative riservate negli uffici di qualche ministro o sottosegretario e dai maneggi parlamentari con gli emendamenti a sorpresa e gli articoli inseriti all'ultimo secondo. Così sono andate le cose negli oltre primi cinquant'anni e per evitarlo non ci sarebbe che un sistema: impegnare gli attori principali di questa vicenda, ovverossia i politici che poi saranno impegnati nel dibattito parlamentare sulle leggi di revisione costituzionale a mettere subito le carte in tavola. Ci dicano sin d'ora i deputati e i senatori della Suedtiroler Volkspartei  e del Partito Democratico quali sono le loro proposte per il terzo statuto. Le tirino fuori dal cassetto e ce le sottopongano tutte, senza dimenticarne nessuna. Su quella base potrebbe aprirsi un dibattito serio e ragionato, per proporre modifiche e integrazioni, con la garanzia che poi quando ovviamente tutto questo arriverà al vaglio del Parlamento non ci saranno più blitz e agguati notturni.

D come Durnwalder. Si faccia avanti e confessi chi non aveva previsto che, presto o tardi, il Cincinnato di Falzes sarebbe in qualche modo uscito dal cono d'ombra in cui l'aveva relegato l'abbandono, dopo un quarto di secolo di dominio principesco, della carica di presidente della provincia. Era una previsione sin troppo facile. L'esercizio del potere, specie se coniugato sull'arco di quasi 24 ore al giorno, è come una droga che entra nel sangue e dà dipendenza. Privarsene all'improvviso può essere finanche pericoloso. Ben pochi, invece, potranno probabilmente vantarsi di aver visto nella loro sfera magica un Luis Durnwalder riapparire all'improvviso, paludato nelle vesti di candidato alla carica di sindaco di Bolzano. Eppure succede, nel vortice impazzito di una politica cittadina che ha bruciato, nel giro di qualche mese certezze alleanze consolidate gettando una discreta quantità di guano sulla reputazione di un'intera classe dirigente. E allora l'impossibile, o quanto meno l'improbabile diviene concreta prospettiva. Lui si schermisce con il consueto ghigno. Fa presente di voler essere il candidato di tutti, una sorta di ciambella di salvataggio per una città espropriata (ma da chi poi?) dei propri diritti. "Farei tante cose belle" si pavoneggia e sembra crederci. Riflettori tutti puntati su di lui. Attorno, nell'ombra, pianto e stridor di denti.

E come elezioni comunali. Anche qui non occorre aver doti profetiche per dire che queste comunali bolzanini saranno l'avvenimento politico dell'anno, salvo ovviamente clamorosi imprevisti. Il capoluogo si avvia ingloriosamente a divenire laboratorio in cui apprendisti stregoni, rigorosamente privi di strategie e a corto di formazione professionale, stanno lavorando alacremente per distillare nuovi equilibri e nuove alleanze, dopo aver gettato a prender polvere i volumi con antiche e sagge ricette. Nel frattempo il parterre si affolla di  comparse, con qualche clamorosa rentree (vedi alla D), qualche attor giovane in cerca di scritture e molti comprimari logorati assai dall'aver calcato per troppi anni le scene. Mancano all'appello, con qualche fortunata eccezione, i protagonisti veri. Gioverebbe anche avere un'idea della trama, se non altro per poter distribuire le parti con una certa verosimiglianza. (1 - continua)