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L’Ascesa di Skywalker

Nelle sale il nono film della saga leggendaria di Star Wars, diretto da J.J. Abrams, che chiude la terza trilogia e l’intera saga – per ora…
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Foto: Skywalkers

Chiudere una saga iniziata ben 42 anni fa non è facile per nessuno, soprattutto se più menti ci hanno messo le mani, sia per scriverla sia per metterla in scena, o meglio in immagini. Stiamo parlando di Star Wars, il cui nono e ultimo episodio è uscito ufficialmente in tutto il mondo lo scorso 18 dicembre (negli Usa il 20) e sarà nelle sale (anche a Bolzano) per tutto il periodo natalizio: L’ascesa di Skywalker diretto da J.J. Abrams – già regista del settimo che aveva iniziato questo terzo ciclo in cui ci è stata presentata una nuova eroina protagonista, Rey (interpretata da Daisy Ridley), una ragazza qualsiasi che raccoglie cianfrusaglie ma scopre “la forza” dentro di sé.

La forza. È uno degli ingredienti che connotano l’intero universo multiforme e variopinto della saga, raccogliendo per altro le idee junghiane di “ombra” - la quale giace in ognuno di noi - disegnando quindi la forza del bene e la forza del male, la forza chiara e la forza oscura. Sta lì il punto centrale che genera ogni filo di racconto che si snocciola facendo percorrere i singoli personaggi la ruota del “viaggio dell’eroe”, una serie di archetipi mitologici concepiti e sviluppati dallo studioso americano Joseph Campbell. L’aspetto curioso è che soprattutto negli ultimi tre film alcuni dei personaggi la compiono più volte e anche a ritroso… Va detto che seguendo questa struttura narrativa base si insiste su situazioni ed emozioni di vita presenti in tutte le persone ed ecco perché i film che la seguono riscuotono un grande successo presso un largo pubblico.

L’ascesa è caratterizzata dalla determinazione di Rey di voler distruggere l’origine del Male, ossia colui che si era fatto Imperatore della galassia dopo aver “creato” Darth Vader nel prequel e nella trilogia originale (Episodi IV, V e VI): Palpatine.

Allenata da Leila, la principessa che regge le fila della Resistenza, e al contempo madre di Kylo Ren (Adam Driver), Rey che sempre più si crede essere una appartenente a quel gruppo, scopre grazie a una visione di essere la nipote di Palpatine. Fu lui a volerla rapire dai genitori che invece l’avevano abbandonata sul pianeta Jakku, dove l’avevamo conosciuta all’inizio del settimo episodio, Il risveglio della forza (anch’esso firmato dallo stesso J. J. Abrams) ed è sempre lui a volerla con sé per farne la nuova giovane e forte guida del Primo Ordine, per il quale ha scelto come fulcro il remoto pianeta Exegol nelle Regioni Ignote. È qui che ha luogo gran parte di questa ultima parte della saga, con grandi battaglie tra le navicelle spaziali della Resistenza (poche) e i numerosi incrociatori stellari che Palpatine aveva estratto dal ghiaccio e poi regalato al Primo Ordine. Sin dall’inizio veniamo a sapere che è lui l’artefice delle azioni di Kylo Ren, è lui l’autore delle “voci” nella sua mente ed è ancora stato lui ad aver creato il maligno Snoke ucciso nel corso dell’episodio VIII, Il ritorno degli Jedi diretto da Rian Johnson (uscito nel dicembre 2017).

Va eliminato dunque per ricostituire un ordine nello spazio e nell’universo, e Leila lo sa bene. A proposito: Leila è sempre interpretata da Carrie Fisher (morta però nel 2016) e il regista Abrams ha detto sin dai primi giorni che avrebbe usato alcune scene del girato per il VII ai fini della drammaturgia di questo ultimo episodio. Infatti, la si vede poche volte, e lei muore, non invano, visto che riesce a far cambiare rotta al figlio Kylo Ren mandandogli la sua energia “jedi”. Tant’è che c’è la sorpresa di un incontro inaspettato tra Han Solo (un invecchiatissimo Harrison Ford) e il “suo” Ben.

Inoltre la Principessa lascia un’altra eredità importante: una leadership comune, delegata a Poe Dameron (Oscar Isaac), l’ex pilota di X-Wing, assieme a Finn (John Boyega), un ex stormtrooper disertato nel VII, supportati dal mitico Chewbecca e dai druidi (il fedele aiutante BB-8) e dai robot (sempre in azione C-3PO e l’amico storico R2-R2, sebbene qui non parte con loro in missione) e ovviamente condivisa con Rey.

Sin dal principio uno degli ingredienti forti sono le allusioni nemmeno tanto latenti sul piano politico, che anche stavolta si nascondono non tanto in filigrana, anzi.

Rispetto all’VIII, qui torna un po’ di grande cinema, sia nelle storiche carrellate superveloci in canyon e altri paesaggi, i cui topoi potrebbero essere ovunque, sia nelle scene ravvicinate tra i singoli personaggi e nell’enorme stadio totalmente al buio con migliaia di seguaci di Palpatine, il popolo dei Sith. Inoltre, Abrams, per collegare gli accadimenti – tantissimi e non poco diversi tra loro - fa uso di rinvii iconici e audio ad alcuni degli episodi precedenti con tanto di voci degli interpreti originali. C’è anche un nuovo comandante a bordo dell’astronave “commando” del Primo Ordine, dopo che Kylo Ren se n’era andato per inseguire Rey nella speranza di condurla al proprio fianco verso il trono per guidare la galassia intera nel “dopo” Palpatine: il Generale Pryde, l’ex assistente duro dello stesso Kylo Ren e decisamente orientato a divenire fedele seguace della Forza Oscura (è interpretato dal britannico Richard E. Grant, il quale fa somigliare questo personaggio a un comandante del primo film - quello del 1977 -, il Grand Moff Tarkin, comandante della Morte Nera, ruolo che fu di Peter Cushing). Da notare in lui ancora una volta i riferimenti precisi alle SS di Hitler, cui per altro lo stesso George Lucas aveva affermato di essersi ispirato per uniformi e caratterizzazione dei cattivi che agirono “usando la paura come fonte del loro potere”. Ci ricorda nulla nella nostra attualità?

Scrivendo di L’Ascesa ci si rende conto di quanti fili di racconto, di quante singole scene, di quanti personaggi di film precedenti e allusioni ci sono, tanto da farne un puzzle piuttosto che un racconto lineare. Sta qui però anche il suo lato fascinoso, in quanto dà ampio spazio all’immaginario e alla memoria del pubblico per ricostruire nella propria mente l’intera narrazione della saga, e ci fa uscire dalla sala con tanti punti interrogativi. Infatti, viene voglia di rivederseli tutti, uno per uno, i singoli film, inizialmente nati in modo indipendente e un po’ per caso e per passione, poi, una volta inglobata la Lucasfilm dentro la Disney (nel 2012), con più propensione verso il mercato, la serializzazione un po’ forzata e alcuni film spin-off (come Rogue One nel 2016 e Solo nel 2018) che narrano storie “accanto” a quella principale della galassia, suddivisa nelle tre ere “della Repubblica” (trilogia prequel, dove la Repubbica Galattica viene corrotta da Palpatine che istituisce l’Impero Galattico), “della Ribellione” (trilogia originale di Lucas, dove l’Alleanza Ribelle combatte una guerra civile nella galassia per ristabilire una Nuova Repubblica) e infine quella “della Resistenza” (terza e ultima trilogia, dove viene costituito il Primo Ordine, combattuto dalla Resistenza formata da alcuni vecchi protagonisti dell’Alleanza Ribelle assieme a tanti altri nella galassia che cercano valori umani).

Tratto distintivo dell’Ascesa, che tra l’altro ricollega questo nono film ai più “classici” della saga, sono i tanti personaggi umanoidi e strambi – vecchi e nuovi – che appaiono via via nei ranghi della Resistenza e poi verso la fine, una volta distrutta l’intera flotta delle forze del Male. Il titolo si rifà alla rinascita e al rafforzamento, nonché alla vincita della “forza” del Bene rappresentato dalla filosofia Jedi e impersonata dalla stirpe degli Skywalker: non a caso alla fine Rey si appropria – i due fratelli Luke e Leila permettendo, guardandola dall’aldilà – di questo cognome carico di significato davanti a un tramonto fantasticamente galattico con ben due soli sull’orizzonte…