Politica | Quirinale

“Moriremo democristiani?”

Ovvero cosa significa l’investitura di Sergio Mattarella a nuovo Presidente della Repubblica.

Alla fine l’ha spuntata lui. Sergio Mattarella, il siciliano placido, l’ex alfiere della Balena Bianca, è il dodicesimo Presidente della Repubblica, eletto al quarto “round” con 665 voti, 122 in più rispetto a quelli che prese il suo predecessore Napolitano. L’impressione che i resti consunti della Dc (e della Prima Repubblica) appartenessero ormai al technicolor naftalinico dei video d’archivio – escludendo i surrogati Dc prolificati durante la Seconda Repubblica, inclusa la sua versione moderna che Alfano stava tentando di mettere su non senza difficoltà – è stata ampiamente smentita.

È solo il fascino del vecchio partito, che l'ex-democristiano incarna, ad aver risvegliato gli animi sopiti catalizzando una preferenza così netta? Sarebbe ingenuo attribuire alla confraternita dei nostalgici inamovibili la vittoria di Mattarella quale nuovo capo dello Stato; ciò che ha prevalso è stato piuttosto il moderatismo, lo spessore istituzionale, l’esperienza politica, qualità spesso snobbate in questa nuova era di democrazia sbilenca, debole, approssimativa. E in un clima politico teso come una corda di contrabbasso, raccogliere così tanti consensi trasversali non era affatto scontato, considerato il disastro di due anni fa.

Il colpo grosso, tutto renziano, promuove indubitabilmente il “guascone” fiorentino da cadetto della politica a professionista arguto, marionettista di un certo talento, fine cesellatore di un partito (oggi più compatto che mai), che – e il nome del nuovo Presidente ne è la prova – sembra aver ormai plasmato a suo piacere. Si tratta di capire ora come il premier capitalizzerà questo scacco al re, se saprà soprattutto vaccinare finalmente il paese contro la contagiosa peste economica.

Il campo d’azione, tuttavia, da oggi è un po’ più complicato: il trionfo di Mattarella ha di fatto messo nell’angolo Berlusconi - rimasto a contemplare le ceneri del fu Patto del Nazareno -; la destra, che abbiamo lasciato alla ricerca dei nuovi moderati; e l’ala laica, radicale, non moderata e socialista del Pd. Una sfida funambolica attende dunque Matteo Renzi, che dal comprovato senso di equilibrio del nuovo Presidente della Repubblica forse molto potrà imparare.