"Indifendibile l'azione della Goethe"
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Abbiamo ascoltato con sollievo la notizia che la classe speciale per alunne ed alunni che non parlano o parlano poco il tedesco non sarà istituita. Per chi fa ricerca nel nostro ambito, questo è un sollievo che non viene da convinzioni politiche e ideologiche, ma dal vedere che il sapere prodotto dal dibattito pedagogico più attuale possa orientare le pratiche della scuola reale. Perché, infatti, dal punto di vista della pedagogia dell’inclusione, l’istituzione di classi speciali non è difendibile.
Sul piano etico, se la scuola è palestra di democrazia, un luogo, cioè, dove ciascuno impara ciò di cui ha bisogno per realizzarsi personalmente e, contemporaneamente, sente che in questo percorso è parte di una comunità di riferimento collaborativa e solidale, le classi speciali che separano e isolano non possono essere considerate una strategia valida.
Molta letteratura racconta come sia vissuta negativamente sul piano dello sviluppo personale e sociale l’esperienza di marginalizzazione e segregazione.
Sul piano dell’efficacia, non vi è evidenza che in gruppi più omogenei alunne ed alunni abbiano risultati di apprendimento migliori. Molta letteratura, invece, racconta come sia vissuta negativamente sul piano dello sviluppo personale e sociale l’esperienza di marginalizzazione e segregazione. Quali sono gli effetti a lungo termine di alunne ed alunni che accumulano frustrazione, bassa autostima e crescono in una scuola che proietta su di loro basse aspettative? Che cittadini di domani saranno? Cosa restituiranno alla comunità?
Sul piano della scuola come sistema, poi, la scelta delle classi speciali rappresenta una risposta conservatrice rispetto al tema dell’eterogeneità. Separare alimenta la speranza (in realtà illusione) che, con classi più omogenee, i modi di organizzare la scuola e progettare apprendimento ed insegnamento realizzati fino a qui possano ancora funzionare. L’eterogeneità che mette in evidenza i limiti del modo attuale di fare scuola spinge, invece, verso soluzioni coraggiose, verso un ripensamento profondo di strutture e pratiche.
Un paio di esempi potrebbero essere i seguenti.
1) Superare l’idea che la classe sia l’unico modo di organizzare i gruppi di apprendimento a scuola: se si alternassero momenti di lavoro in classe, a momenti in classi aperte e gruppi ricreati sulla base di interesse o bisogni comuni, sarebbe per esempio possibile offrire momenti di supporto mirato limitando i processi di isolamento e stigmatizzazione.
2) Potenziare il tempo dedicato alla progettazione didattica: la complessità delle classi chiede una progettazione accurata delle attività e delle forme di partecipazione e differenziazione per alunne ed alunni diversi (tempi diversi, modalità di lavoro diverse,…) che si può affrontare molto meglio in team e che quindi guadagnerebbe qualità nell’essere svolta a scuola invece che a casa.
Ma soprattutto è fondamentale supportare un atteggiamento riflessivo di ricerca nelle comunità scolastiche. Questo mette al riparo da soluzioni semplicistiche e promuove lo sviluppo di pratiche che tengono conto contemporaneamente delle caratteristiche del contesto specifico e delle attuali conoscenze scientifiche sull’educazione. Un ottimo esempio in questo senso si trova proprio nelle scuole di lingua tedesca della Provincia: il percorso “Wege in die Bildung 2030 - guter Unterricht in der inklusiven Schule” sostiene processi di sviluppo -diversi in scuole diverse- che migliorano la qualità dell’offerta formativa nell’ottica di renderla significativa per tutte e tutti.
Certo, questo modo di lavorare chiede investimento costante nella formazione iniziale e formazione in servizio nelle scuole. Docenti non formati, senza accompagnamento e supporto, faticano ad assumere questo tipo di postura e a contribuire attivamente alla ricerca di soluzioni democratiche e trasformative in una scuola aperta alle differenze.
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Chi sono
La professoressa Simone Seitz è direttrice del Centro e Heidrun Demo è la vicedirettrice del Centro di Competenza per l’Inclusione Scolastica della Libera Università di Bozen-Bolzano
Linksgrünes Gewoke bringt in…
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In risposta a Linksgrünes Gewoke bringt in… di nobody
Sie haben Ihre Expertise zum…
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Frau Seitz und Frau Demo,…
Frau Seitz und Frau Demo, sehr schön ausformuliert und theoretisch durchaus nachvollziehbar, aber was hat das mit der deutschen Schule in Südtirol und im Besonderen mit der Situation an der Goetheschule in Bozen zu tun?
"...... ma dal vedere che il…
"...... ma dal vedere che il sapere prodotto dal dibattito pedagogico più attuale possa orientare le pratiche della scuola reale. Perché, infatti, dal punto di vista della pedagogia dell’inclusione, l’istituzione di classi speciali non è difendibile."
Jetzt frage ich mich halt, ob in anderen Ländern mit ähnlicher Problematik die Verantwortlichen mit der Einführung von Willkommensklassen, mit Verweis auf Inklusions-Pädagogik, vielleicht einen grossen Fehler gemacht haben? Oder meinen wir in Südtirol wieder mal das Rad neu erfinden zu müssen?
In risposta a "...... ma dal vedere che il… di Manfred Gasser
Die Studien, auf die sich…
Die Studien, auf die sich die beiden berufen, basieren auf Erfahrungswerten aus anderen Ländern mit ähnlicher Problematik. Das dürfte Ihre Frage eigentlich beantworten.
In risposta a Die Studien, auf die sich… di Manfred Klotz
Das beantwortet nicht meine…
Das beantwortet nicht meine Frage, warum es in anderen Ländern diese Willkommensklassen als Einführung in den Schulbetrieb schon länger gibt, und das anscheinend ohne die negativen Auswirkungen dieser Studien. Übrigens, könnten Sie diese Studien hier verlinken, ich finde im Bericht leider keinen Hinweis darauf, danke.
In risposta a Das beantwortet nicht meine… di Manfred Gasser
Natürlich beantwortet das…
Natürlich beantwortet das Ihre Frage. Woher glauben Sie hat die Forschung die Erkenntnis, dass Trennung nicht funktioniert, wenn nicht aus Beobachtung und Analyse solcher Versuche. Um den Link zu den Studien, müssen Sie in der Redaktion nachfragen oder bei den beiden Forscherinnen, ich beziehe mich nur auf die Methodik.
Man lese sich den Lebenslauf…
Man lese sich den Lebenslauf der beiden Forscherinnen durch: Eine der beiden hat keine schulische Unterrichtserfahrung - die andere 6 Jahre und diese Erfahrungen wurden im vorletzten Jahrzehnt gemacht.
In risposta a Man lese sich den Lebenslauf… di Elisabeth Garber
Welche Erfahrung in der…
Welche Erfahrung in der Forschungsarbeit haben Sie, um die Aussagen der beiden anzuzweifeln? Seitz und Demo sprechen von Studien unter realen Bedingungen, dazu braucht es nicht Eigenerfahrung im Unterricht. Das wäre das gleiche, wenn Sie einem Architekten die Komptenz absprechen würden, weil er selbst keine Mauer errichten kann.
In risposta a Welche Erfahrung in der… di Manfred Klotz
Bin keine Forscherin, aber…
Bin keine Forscherin, aber bevorzuge öfters empirische Denk- und Vorgehensweisen, um eventuell zu überzeugenderen Ergebnissen zu kommen.
In risposta a Welche Erfahrung in der… di Manfred Klotz
Einem Architekten, der nicht…
Einem Architekten, der nicht einmal weiß, wie man eine Mauer errichtet, würde ich niemals den Bau eines Hauses übertragen.
Ringrazio per questo…
Ringrazio per questo contributo. I principi enunciati li mettiamo in pratica da circa 10 anni. Non risolvono TUTTI i problemi, ma ci aiutano a lavorare bene nell'ottica di una scuola che deve essere equa per tutt* e che rimuova gli ostacoli nel percorso della migliore realizzazione di ogni persona.
Sarebbe da capire come mai i…
Sarebbe da capire come mai i corsi di formazione per insegnanti tenuti anche dall'università sono divisi in base ai tre gruppi linguistici e non pensiamo di fare corsi di abilitazione e formazione in cui gli insegnanti possono stare insieme: finché non risolviamo il problema della divisione "a monte" - non esiste equità già nel trattamento base dei docenti - e le diversità anche contrattuali niente cambierà. Poi, la semplice pratica già dice che non solo le lingue si imparano stando insieme, ma soprattutto conta la reciproca conoscenza e il confronto.
In risposta a Sarebbe da capire come mai i… di Simonetta Lucchi
Forse la diversità deriva…
Forse la diversità deriva dal fatto che le scuole dei tre gruppi linguistici devono svolgere compiti leggermente diversi nel contesto dello stato nazionale italiano. Ma forse in un futuro vicino ciò che lei auspica avverrà lo stesso perchè sembra che la SVP su queste cose abbia perso la bussola.
...e su quali basi proviate …
...e su quali basi proviate un "sollevamento" al riguardo , forse e possibilmente nel presupposto che siete influenzato ingiustificamente? State faccendo ricerche in questa tematica, e quindi non avvendo risultati definitivi,-che da punto di vista mia , non sarranno mai disponibili in questo " settore", ma nel parere di essere sicuro che nel " imparere in tutta la vita " andate sicuramente daccordo, siete cosi presunti a rendersi visibili del commento per impressionare. Nei contenuti riconosco atteggiamenti basilari e appresi negativi per fino anche in un senso perfidi, sia nei confronti della " democrazia, sia nei confronti dei compiti della scuola. Chiunque parli di "speciale,isolante o addirittura separante", probabilmente sono tutti atteggiamenti ad mentali ristretti che sembrano molto " avvelenati". Non voglio commentare i " soluzioni coraggiose verso un ripensamento profondo di strutture e pratiche ", perche si adattano perfettamente ai vostri commenti di cui sopra. Vorrei infine rendere leggibile il seguente pensiero - concetto: generalmente da apprendere l'istruzione ha successo quando tutti i soggetti coinvolti hanno una buona conoscenza della lingua di insegnamento, questo sia in senso divertente che di apprendimento. Nonostante tutto sorgono divergenze visioni sulla vita (culture) e le influenze familiari. Alla fine dovremmo anche chiederci se abbiamo il diritto di abusare le persone in questo modo nel settore educativo.