“Torniamo a scuola, finalmente”
E così, dopo un anno scolastico mutilato dalla pandemia di coronavirus e a pochi giorni da una ripartenza corredata da incertezze e polemiche, si ritorna a scuola, luogo del diritto allo studio e alla socialità. In Alto Adige la prima campanella suonerà lunedì 7 settembre, con una settimana d’anticipo sul resto d’Italia. A differenza degli istituti di lingua tedesca che inizieranno adottando un sistema “ibrido” di presenza e didattica a distanza, nelle classi “italiane” si tornerà tutti fisicamente in aula. Ma come stanno vivendo i diretti interessati questo conto alla rovescia? Rispondono alcuni ragazzi e ragazze del liceo Pascoli di Bolzano e il presidente della Consulta provinciale degli studenti in lingua italiana. La presa di coscienza comune è che occorrerà imparare a fare un tipo diverso di scuola, tra banchi monoposto e mascherine da indossare, lasciando la paura ai cancelli d’ingresso.
Gabriele Bernard, 19 anni, presidente della Consulta degli studenti dell’Alto Adige
“L’umore degli studenti è perlopiù positivo rispetto al ritorno a scuola, c’è un clima generale di fiducia verso l’istituzione scolastica, e le rigide misure anti-contagio prefissate tranquillizzano. Del resto i numeri delle infezioni in Alto Adige rispetto ad altre province d’Italia sono finora sotto il livello di guardia. Sarebbe stato ridicolo a mio avviso, oltre che un brutto segnale, non aprire le scuole quando le discoteche, per esempio, sono rimaste invece attive per un certo lasso di tempo e altre attività non sono mai state chiuse. Sarebbe passato il messaggio che l’istituzione scolastica non è considerata a sufficienza.
Siamo abbastanza soddisfatti di come sta lavorando la sovrintendenza in lingua italiana, che ha voluto accelerare sulla riapertura, e anche con la ministra dell’Istruzione Azzolina il dialogo è stato proficuo, va detto però che a pochissimi giorni dall’inizio delle lezioni manca ancora qualche informazione chiave e questo mette un po’ a disagio gli studenti. Penso ad esempio alla questione delle mascherine, alcune scuole stanno dando indicazione agli alunni di portarsele da casa mentre, stando a quanto ci aveva riferito la Ministra, sarebbe stata la scuola o comunque l’ente pubblico a fornirle. Come consulta siamo contenti che gli istituti italiani adottino il modello in presenza. Abbiamo infatti insistito parecchio su questo punto durante gli incontri della task force che è stata istituita dal sovrintendente Gullotta per il ritorno a scuola, e di cui facevamo parte. Abbiamo ripetuto più volte che la didattica mista non può funzionare, ed è complicata da attuare anche da un punto di vista tecnico.
In ultimo ci auguriamo che in questo processo di riapertura non venga dimenticata la rappresentanza studentesca e che le elezioni per i nuovi rappresentanti d’istituto si svolgano regolarmente. Io sono ormai all’università, e c’è bisogno di un ricambio”.
Andrea Dalla Serra, 17 anni, vicepresidente della Consulta, studente di V
“Se devo essere sincero mi rattrista un po’ che non ci sia stata una risposta provinciale omogenea di fronte alla sfida comune di tornare fra i banchi. Da una parte c’è la scuola italiana in presenza e dall’altra quella tedesca con il suo sistema misto. Non voglio parlare di 'divisioni' ma comunque si è scelto di affrontare in modi diversi nei due mondi linguistici questa emergenza. La ragione è che gli studenti tedeschi sono più numerosi di quelli italiani? Beh allora provocatoriamente dico: non sarebbe una buona occasione questa per unire le due scuole in un mix linguistico?
A proposito di sfide c’è poi il tema della didattica digitale integrata: posto che bisognerà capire cosa significherà questo sotto il profilo tecnico, è evidente che la scuola del 2020 debba utilizzare la tecnologia come mezzo per apprendere e far apprendere. Ciò che abbiamo vissuto in questi mesi di didattica a distanza ci servirà, sono convinto, per progettare al meglio questa ripartenza”.
Silvia Pomella, 17 anni, studentessa di IV
“La scuola è una priorità assoluta e sono felice che riapra. Se c’è una cosa che abbiamo imparato durante il lockdown, con l’inevitabilità della didattica a distanza, è l’importanza della presenza fisica in classe. La scuola non è fatta solo di contenuti da apprendere, di verifiche e programmi da seguire, ma anche di relazioni, contatti sociali, di quei piccoli dialoghi quotidiani - incrociandosi nei corridoi - fra studenti, professori, bidelli, segretari, dialoghi che in questi mesi sono stati azzerati. La scuola per i ragazzi è spesso un posto sicuro, una sorta di rifugio, perciò per molti azzarderei a dire che è stato quasi devastante dover stare forzatamente a casa. A pochi giorni dal suono della prima campanella posso affermare di essere piuttosto tranquilla, perché ci è stato garantito un ritorno a scuola in sicurezza, ci sono arrivate circolari con il nuovo regolamento, le precauzioni che dovremo seguire, come ad esempio gli orari di entrata e uscita scaglionati o l’obbligo di portare la mascherina nei corridoi e via dicendo.
Il fatto è che abbiamo sempre vissuto la scuola come qualcosa di immobile, che non cambiava mai, mentre ora i mutamenti sono radicali. Sono sicura che se ognuno di noi farà la sua piccola parte, dopo un primo periodo di assestamento, sapremo adattarci alle novità”.
Martina De Zorzi, 18 anni, studentessa di V
“Ho voglia di rivedere i miei compagni nel contesto scolastico. Tornare in classe significa anche tornare alla normalità, anche se bisognerà vedere che forma avrà questa nuova normalità. Sicuramente non mi manca lo stress che la scuola porta con sé per definizione, ma la routine dà un certo ritmo alle nostre giornate. Non so immaginare in concreto come sarà questo rientro. Tra una lezione e l’altra di solito ci si alza dal posto e ci si raccoglie in gruppo per scambiare qualche parola e questo non sarà possibile, anche durante la ricreazione sarà dura interagire dovendo mantenere la distanza, per non parlare della difficoltà a entrare in contatto con le altre classi. Devo dire comunque che già ritornare tutti fisicamente a scuola è un fattore positivo, molte mie amiche di madrelingua tedesche non sono contente del modello misto fra presenza e didattica a distanza, con la divisione degli studenti in base all’ordine alfabetico magari si può capitare insieme alla metà della classe con cui non si va d’accordo. Ed è un po’ penalizzante”.
Claudia Pentore, 18 anni, studentessa di V
“Quest’anno, oltre che con lo scenario scolastico modificato a causa della pandemia, avrò a che fare anche con un’altra novità: mi ritroverò con compagni e insegnanti nuovi, perciò la sfida sarà in un certo senso doppia per me. Questo perché saranno accorpate due quinte in un’unica classe composta da 25 studenti, a causa della mancanza di professori. Mi chiedo: ma non saremo troppi in aula tenendo conto della distanza fisica da rispettare? Ci hanno assicurato la massima sicurezza, vedremo una volta entrati in aula come questa sarà stata organizzata. Certo il modello in presenza potrebbe essere un rischio, ma non sono spaventata. Anche perché i contagi sono contenuti in Alto Adige. Ora per esempio mi trovo in Sicilia e devo dire che tra i miei coetanei l’ansia che si percepisce è di gran lunga maggiore rispetto alla nostra.
Dal punto di vista sociale tornare a scuola e a interagire dal vivo con gli insegnanti, dopo i pesanti mesi di quarantena, farà una differenza per noi sostanziale. Una delle cose più sconfortanti, però, sarà non avere più seduta accanto a me, viste le nuove disposizioni, la mia compagna di banco, con cui ho molto legato in questi anni. Mi mancherà quella condivisione, quella complicità quotidiana”.