Io non sono "buonista"
Ogni tanto, discutendo in internet, arriva sempre il momento in cui a qualcuno viene dato del “buonista”. “Ma questo è buonismo”! “Tu sei un buonista”! “Basta con questo buonismo”! Ogni tanto qualcuno dà del “buonista” persino a me, e siccome l'aggettivo sembra caricarsi di una valenza negativa, la cosa mi mette a disagio. Io “buonista”? Neppure per idea.
Ma cosa vuol dire “buonista”, chi sarebbero i “buonisti”? La prima definizione che trovo in rete mi parla di un “atteggiamento di chi, attraverso parole o azioni, vuole essere (o apparire) buono sempre e comunque, cioè più preoccupato ad ottenere una buona valutazione dagli altri”. Siccome l'aggettivo, come detto, ha ormai assunto una connotazione negativa, è probabile che nella definizione ci sia qualcosa che non quadra; o che il campo semantico della parola, come si suol dire, sia più ampio di quello sul quale è fiorita la definizione stessa. Fino a raggiungere l'effetto contrario: magari si tratta di un atteggiamento che potrà anche essere assunto per ottenere una buona valutazione dagli altri, eppure spesso la valutazione risulta alquanto mediocre.
Per saperne di più occorre ovviamente esaminare il contesto prevalente in cui questo aggettivo è usato. In genere si dà del “buonista” a chi, in relazione a fenomeni specifici come per esempio quello dell'immigrazione, tende ad opporsi ad una posizione di chiusura intransigente. Se non dici “gli stranieri tendono in maggioranza a delinquere”, “gli stranieri ci portano via il lavoro”, “gli stranieri ottengono abitazioni e altri svariati benefici senza neppure lavorare” (le due affermazioni precedenti sono in evidente contraddizione, ma se lo fai notare rischi di passare per “buonista”) e, insomma, se non dici che “gli stranieri dovrebbero starsene o comunque tornarsene al più presto possibile al loro Paese”, allora diventi automaticamente un “buonista”, cioè uno che farebbe passare la frontiera a chiunque, persino senza controlli, che tollera ogni genere di delinquenza e che, quando il “buonismo” è spinto agli eccessi, sarebbe persino disposto a lasciare che il proprio Paese venisse invaso e distrutto da orde di stranieri più o meno visti come cavallette bibliche. In buona sostanza: i “buonisti” sarebbero dei masochisti imbecilli.
Io, francamente, non mi sento “buonista” (anche per evitare di darmi del “masochista imbecille”), eppure non posso condividere le opinioni di chi si oppone in modo sciatto ai presunti “buonisti”. Quindi rivendico di non essere considerato un “buonista” non approvando neppure quegli assunti che, se non almeno in parte contraddetti, mi farebbero passare dalla parte degli “anti-buonisti” (non raramente altrettanto masochisti e imbecilli dei “buonisti”, anche se non se ne accorgono). Io penso che non tutti gli stranieri tendano in maggioranza a delinquere (penso però che chiunque, straniero o autoctono che sia, se messo nelle condizioni di delinquere potrebbe farlo); penso che non ci portino via il lavoro (sono convinto che gli stranieri facciano i lavori che vengono loro offerti); penso che non ottengano abitazioni e altri svariati benefici senza lavorare (a quanto ne so usufruiscono dei servizi previsti sulla base dei dispositivi di legge vigenti; leggi che – sempre per quanto mi risulta – non sono state scritte apposta per favorire in particolare gli stranieri). Penso inoltre che nessun essere umano possa essere obbligato a restare dove si trova (ognuno dovrebbe essere in grado di lasciare il proprio Paese, se là non ha le possibilità di condurre una vita soddisfacente), anche se ovviamente non ignoro i problemi rappresentati da un cospicuo spostamento di individui da territorio a territorio o da continente a continente. Enormi problemi: sia per chi compie questi spostamenti, sia per la popolazione che si trova a recitare la parte di ospitante. Sono argomentazioni “buoniste”, queste? Non direi. Mi sembrano argomentazioni dettate dal semplice buon senso: non chiudono gli occhi di fronte alla complessità spesso dolorosa di certi fenomeni e, semmai, invitano a cercare soluzioni all'altezza di tale complessità.
Ma chiediamoci: perché qui da noi, sul punto in questione, il dibattito pubblico deve sempre incepparsi, attardandosi e perfino esaurendosi in contrapposizioni sterili, destinate a non produrre alcun passo in avanti? Quasi nessuno, neppure il più buono dei “buonisti”, se ci riflettesse bene, sarebbe dell'avviso che gli stranieri siano un “bene in sé”, da accogliere e favorire senza porre alcuna limitazione o precise regole; ma spero anche che pochissimi, sempre presupponendo un pensiero o una riflessione degni di questo nome, siano convinti che i numerosi problemi derivanti dall'immigrazione si possano affrontare semplicemente gridando “fuori tutti”, “ributtiamoli in mare” o “qui non c'è spazio per nessun altro”. Quando la discussione tocca questo infimo livello, vale a dire il livello di una contrapposizione priva di sbocchi, il risultato non può che deludere. Adottare risposte semplici di fronte a problemi complessi è sempre stata una strategia fallimentare, ancorché purtroppo praticata in modo diffuso. A meno che non confessiamo apertamente che non esiste nessuna predisposizione a sciogliere i nostri irrigidimenti ideologici e l'unica cosa che ci interessa, in fondo, è manifestare il nostro disprezzo per chi non è come noi e non la pensa come noi.
anch'io vengo sovente
anch'io vengo sovente ingabbiato nella definizione di buonista, con sfumatura di idealista, un po' imbecille e masochista (permettemi la rima), guardato con un misto di disprezzo, commiserazione e sospetto dai non-buonisti.
Condivido il tuo contributo, Gabriele. Nell'ultima frase riassumi gran parte delle difficoltà di comunicazione e scambio, da tutte le parti: buonisti e non-buonisti, Dableiber e Migranten-Optanten in/da ogni direzione.
Il disprezzo del pensiero dell'"altro" lo motiverei con la paura di perdere le proprie caratteristiche, poiché più o meno consciamente, sentiamo che non siamo in grado di fondarle e difenderle. Allora diamo la "colpa" agli invasori delle nostre debolezze morali e culturali, molto prima che politiche ed economiche.
In Sudtirolo, sul grande maso
In Sudtirolo, sul grande maso, non siamo abituati ad entrare in un dibattito senza sapere già a priori come deve finire: con il trionfo della propria posizione. Se questo non è garantito o c'è adirittura il rischio di perdere, ci si salva coi luoghi comuni e con le etichettature gratuite. Te lo dice uno che si definisce un bekennender Gutmensch. E resto tale, perchè non voglio essere un Bösmensch...
In risposta a In Sudtirolo, sul grande maso di Markus Lobis
Svizzeri, Svedesi ed Inglesi
Svizzeri, Svedesi ed Inglesi sono allora, in media, tutti Bösmenschen?
In risposta a Svizzeri, Svedesi ed Inglesi di Oskar Egger
Ich komme mit deiner Äußerung
Ich komme mit deiner Äußerung nicht mit. Was ist mit Svizzeri, Svedesi ed Inglesi? Das demokratische Bewusstsein und die Aufnahmekultur sind in der Schweiz und in Schweden nicht vergleichbar mit unseren. Auch in England, obwohl voller Widersprüche ist.
In risposta a Ich komme mit deiner Äußerung di Antonio Russo
Si, ma c'é anche una cultura
Si, ma c'é anche una cultura del rispetto delle regole, della trasparenza, della lealtá e della tutela dello stato di diritto nell' interesse di tutti. Qui ci vogliamo tutti bene e affondiamo assieme, ognuno nel disprezzo dell' interesse comune.
In risposta a Si, ma c'é anche una cultura di Oskar Egger
Oh, ci voleva un bel commento
Oh, ci voleva un bel commento come questo di Oskar Egger! Che però, forse, ha sbagliato articolo: infatti le sue parole mi sembrano riferirsi più, chessò, a quanto sta emergendo di illegale nella recente gestione del potere comunale di Roma; non tanto al destino di morte di tanti disperati. Per i quali l'"affondare" di cui parla il commentatore non è metaforico, come il nostro; no, è reale. Affondano, gli si riempiono i polmoni di acqua, poi muoiono. Donne, bambini, uomini. Esseri umani. Il prossimo. Quello che uno che si professa cristiano dovrebbe ricordarsi essere l'oggetto dell'invito "ama il prossimo tuo come te stesso".
In risposta a Oh, ci voleva un bel commento di Gianluca Trotta
La nuova divisa è: teniamo a
La nuova divisa è: teniamo a distanza il prossimo.
In risposta a La nuova divisa è: teniamo a di Gabriele Di Luca
Oppure le cose stanno così:
Oppure le cose stanno così: odiano talmente tanto sé stessi (e fanno bene: sono persone orribili, alla fine dei conti; quelle che, ad esempio, accusando di "buonismo ottuso" augurano a qualcuno di subire violenza...), dicevo, odiano tanto sé stessi, e a ragione, che sono davvero coerenti con il dettato evangelico: loro il prossimo lo odiano come odiano sé stessi. In questo caso, non c'è proprio nulla da fare...
In risposta a Oh, ci voleva un bel commento di Gianluca Trotta
Parole sagge. E allora, come
Parole sagge. E allora, come facciamo noi, professi cristiani, ad amarlo questo prossimo? Quello di tutti i giorni, quel vicino di casa, quel collega di lavoro, quell' avversario, politico o quel che sia? Come facciamo ad amarlo, se non riusciamo nemmeno a portargli rispetto? Se, dietro le mura domestiche non riusciamo ad amare nemmeno la/il coniuge? È abbastanza facile mostrarsi cristiani con chi é lontano, soffre sorti, di cui apprendiamo dai giornali, che io non mi permetto nemmeno un attimo di aver compreso. Chi ci permette di salire sul piedistallo e di riempire l' aria di bugie, facendo credere che qui, noi, viviamo il meglio, il buono, il vivibile. Chi incassa i 15.000 € (cosí si sente) per un viaggio dell' orrore verso un futuro di umiliazioni? È amore questo? Per me il senso profondo del cristianesimo é ben altro di quello che stiamo teatrando noi. E invito a tornare piú indietro dell' anno 0 a.C. e a ricordarsi un principio fondamentale dei nostri antichi "Conosci Te stesso", il ché ti permette, forse, di amarti (ed é cosa ardua) ed in seguito potrai, forse, azzardarti di pensare di essere capace di amare.
In risposta a Parole sagge. E allora, come di Oskar Egger
Signor Egger, noto che,
Signor Egger, noto che, probabilmente spinto da ottimi motivi, lei confonde sempre un po' le cose. Non capisco bene la prima richiesta: come facciamo ad amare il prossimo "lontano" se non riusciamo a amare il prossimo vicino? Boh. Per prima cosa, di chi sta parlando? Di lei? Di tutti? E che logica c'è sotto questa domanda (retorica?)? Visto che non amiamo il nostro prossimo più vicino, allora non proviamo nemmeno a amare quello più lontano? Boh. Seconda cosa: lei scrive che "è abbastanza facile mostrarsi cristiani con chi è lontano". Anche qui, a chi si riferisce? Qui stiamo parlando proprio di chi si riempie di odio contro chi cerca di "venire vicino". Allora, mi sembra che lei voglia dire: finché se ne stanno lontani, è facile dire che li vogliamo aiutare; ma quando vengono qui, cominciano a starmi sulle palle. Che, in effetti, fotografa bene la mentalità diffusa. Tranne che poi c'è chi lo odia, questo prossimo "lontano", anche quando è lontano. Perché odia sempre, qualsiasi persona sia diversa. Del tutto fuori luogo è poi assimilare i trafficanti di persone che "guadagnano 15.000€" con chi vuole aiutare i migranti: ma le pare che qualcuno sostenga che quello è amarli cristianamente? Pensa che quelli che i razzisti cretini continuano a bollare come "ottusi buonisti" abbiano mai pensato che i trafficanti di persone vadano tollerati? E che quindi stiano "teatrando", nascondendo le problematiche legate alla migrazione? Mah. Mi sembra una semplificazione indebita, quanto meno.
In risposta a Signor Egger, noto che, di Gianluca Trotta
Caro signor Trotta, mi fa
Caro signor Trotta, mi fa piacere che Lei comunque cerchi il dialogo con me, che, cosí mi par di capire, non sono all' altezza di chi si esprime su questo giornale, o quantomeno dice delle emerite fesserie. Cerco di delucidare questo mio pensiero da persona che tende a "semplificazioni indebite". Per prima cosa, i miei ragionamenti non nascono mai da una politica di partito, dato che nella vita ho costatato che tutti "kochen mit Wasser" o meglio, in media predicano bene e razzolano male. La Roma commissariata, i figli del Re della Lega, la SEL e "l' anticipo sulle pensioni" ne sono solo un piccolo esempio, quindi forse non mi accorgo neanche a priori che su questo giornale ogni tanto ci si fa la guerra tra partiti o colori ed anche non mi interessa. Nella vita quotidiana osservo veramente poco amore, ma Lei mi proverá il contrario. Non ho proprio detto che "finché se ne stanno lontani......poi venendo qui mi stanno sulle palle", anzi, queste sono parole Sue. Io ho detto e pensato che é facile amare ed occuparsi di chi sta lontano (ed é questo che il Cristiano medio fa per togliersi i sensi di colpa), ma é difficile amare chi sta vicino ed infatti ci riesce poco. Ma per avventurarmi un attimo in quella che Lei ritiene pura retorica, denigrandola, ma che io definisco riflessione (possibile solo con un interlocutore e per questo Le sono grato), amare nel caso specifico per me significa impegnarsi ad eliminare quelle barriere di cui parla giá la nostra Costituzione, garantire la dignitá e la paritá umana, la sicurezza e la salute di tutti, l' incolumitá e la destinazione sociale del patrimonio, la repulsione della guerra come mezzo di regolare i conflitti (comprenderebbe anche il dievieto di esportare armi da guerra) ecc., proprio come c'é scritto in quella bellissima legge che tutti tentano di modificare, ognuno per i suoi scopi, ma che i nostri padri hanno ben pensato di tutelare per bene, tutela che oggi ce la sogniamo con chi ci rappresenta e riversa sui privati tutti gli oneri spettanti invece agli organi di uno stato di diritto. E quindi non mi si venga a parlare d' amore, perché io, nel mio semplice, esigo soltanto il rispetto delle regole democratiche, ed é giá tanto.
In risposta a Caro signor Trotta, mi fa di Oskar Egger
Gentile sig. Egger, nel suo
Gentile sig. Egger, nel suo molto condivisibile commento qui sopra, alcune cose non le condivido: non vedo, ad esempio,l dove, anche implicitamente, avrei affermato che lei non sia all'altezza di scrivere su questo giornale ecc. Chi sarei io per dare simili giudizi? Me ne guardo e me ne sono sempre guardato bene, soprattutto perché io rappresente al massimo me stesso, quindi non vedo come, e su quali basi, potrei distribuire simili pagelle di eccellenza. Nemmeno le ho attribuito una qualche appartenenza partitica, e quindi non capisco la sua necessità, in risposta a me, di smentirla. Tutto il resto, ripeto, è in gran parte condivisibile. Lo scrive pure il filosofo Slavoj Zizek, da qualche parte, che il precetto cristiano dell'amare il prossimo come sé stessi diventa più difficile quando questo prossimo me lo trovo in casa; non ho fatto altro che ragionare su questo, e non ho mai attribuito a lei, di persona, l'idea che "finché stanno lontani li posso amare, ma se si avvicinano mi stanno sulle balle". Semplicemente, mi sembrava di vedere, come sviluppo del suo precedente ragionamento, come quello potesse essere il presupposto di tante espressioni di intolleranza, che pure sono attribuibili a qualcuno che parte da una autodefinizione di cristiano. Tutto qui, nulla di personale verso di lei; che invece, mi sembra, ha troppo personalizzato il mio ragionamento. Sul rispetto delle regole direi che si possa essere tutti d'accordo. Non capisco invece la tirata finale sul "non mi si venga a parlare d'amore". Io intendevo qualcosa come "empatia", considerazione sull'umanità di chi stiamo vedendo magari solo come un numero o un titolo di giornale. Dimenticando quello che anche la scioccante fotografia di questo articolo che stiamo commentando ci ricorda: quando il titolo è "ennesimo naufragio di clandestini" la realtà che ci sta sotto è fatta di sofferenza, morte, disperazione. Quando si dice: "vengono qui ma non rispettano le nostre regole" si fa, il più delle volte, una indebita semplificazione su base razzistica, o quantomeno xenofoba. Tutto qui. Lei ha ragione: "amore", quello sì, spesso, è un termine vuoto, retorico. Ma io non avevo certo in mente quello. Grazie.
In risposta a Gentile sig. Egger, nel suo di Gianluca Trotta
Gentile Sig. Trotta, grazie
Gentile Sig. Trotta, grazie dei suoi chiarimenti che ridimensionano un pó il tenore del primo commento. Siamo d' accordo sul concetto di empatia che personalmente, per indole, cerco di avere nei confronti di ogni prossimo e che mi sembra piú realistico dell 'amore, anche perché é definibile come atteggiamento di comprensione e ascolto attivo e non vano come l'amore. Per quanto riguarda la tragedia umana in questione, nemmeno dobbiamo discutere: non riesco a cancellare dalla mente questa foto struggente e sappiamo che tutti gli stati europei hanno responsabilitá in merito e che l' Italia ha sbagliato a volersela cavare da sola. Mi viene una rabbia profonda a pensare alle navi di crociera che girano nel mediterraneo, inquinandolo con gli avanzi delle cene di lusso, mentre nello stesso mare c'é chi annega sul canotto. Mi viene anche rabbia nel pensare: dove sono gli americani? E molto probabilmente ha ragione Lei nel fare appello all' animo italiano, che infondo é buono, umano, gentile ed accogliente e che, pur povero, riesce spesso a dare di piú del ricco nord- o mitteleuropeo. Si, penso, concludendo, che abbia ragione e che, come tutti buoni (non buonisti!) alla fine l' Italiano, quello vero, dá anche con il rischio di perdere, per non dire di prenderla in quel posto e forse é uno dei pochi.
Bisognerebbe potere
Bisognerebbe potere rovesciare l'accusa: Beh, allora tu sei cattivista! Ma non funziona, si cadrebbe nella medesima ottusità.
Ho visto in rete commenti a articoli che narravano dell'ennesimo naufragio di un barcone di disperati; e qualcuno, che magari dall'avatar scopri essere una giovane madre che fa ritrarre con in braccio un bel pargolo, si dice felice perché, almeno, non vengono qui a vivere dei nostri sussidi. Qualcuno ribatte: Sì, sugli adulti ti do ragione; però a me dispiace per i bambini morti. E allora la stessa madre di famiglia: No, non devi dispiacerti, sarebbero diventati grandi e poi sarebbero diventati dei parssiti. Eccetera, con frasi che farebbero inorridire chiunque, ma non, evidentemente, il commentatore di un articolo di giornale online.
Che gli vuoi dire, a questi? Che sono cattivisti? Che sono cattivi, al limite? Che sono malvagi? Ma no: sono talmente ottusi e normalmente stupidi che non meritano nemmeno di essere ammantati di un aggettivo che denoti il male. Hanno semplicemente scordato l'umanità. Hanno scordato che si sta parlando di esseri umani, nostri simili, che hanno occhi come noi, e che ci guardano, e che non vogliona fare altro se non quello che, per natura, tutti noi siamo spinti a fare: vivere.
Io non ho l'ardire di dirmi cristiano: sarebbe troppo difficile esserlo, imitare il Cristo (cosa che dovrebbe fare ogni cristiano) è davvero impresa per pochi dotati di forza e coraggio (San Francesco, per dirne uno). Ma in queste occasioni, di fronte a tanti che poi, in momenti diversi, mostrano pubbliche testimonianze di fede, baciano anelli cardinalizi, difendono simboli appesi a pareti, mi sento molto più cristiano di loro.
No, non sono buonista, sono un essere umano, e come tale penso e agisco. Questo, forse, si potrebbe rispondere.
Tranne che la stupidità non ha mai fine: qualcuno salterebbe su a dire: Ah, allora prenditeli tutti tu in casa! A dimostrare che, Gabriele, quello che tu hai, troppo generosamente, definito "dibattito bubblico", non è altro che fiato di borborigmi viscerali.
senza entrare nel merito dell
senza entrare nel merito dell'articolo, peraltro condivisibile, mi pongo una domanda sulla scelta della fotografia. Era davvero necessario sceglierla? Non credo affatto che alla base vi sia l'idea di sbattere sulla faccia la verità, peraltro meglio illustrata altrove, quanto un desiderio di spingersi gratuitamente al di là della decenza. Tutto sottomano, tutto gratis, fine del senso della misura. La trovo una scelta infelice, dovreste rimuoverla o perlomeno motivarne la presenza.
In risposta a senza entrare nel merito dell di Max Carbone
Caro Carbone, le confesso che
Caro Carbone, le confesso che ho pensato anch'io molto all'opportunità di mettere un'immagine "forte" come questa. Ho pensato anche se non era il caso di scrivere due righe a giustificazione, poi ho scelto di non farlo, ma lei mi dà l'occasione di tornare a pensarci. Diciamo che volevo esprimere in primo luogo un contrasto. L'articolo si occupa di "parole", di "etica della comunicazione" in un certo senso. Ma mentre noi parliamo, questo il senso dell'immagine, là fuori c'è gente che soffre davvero e che muore. E il fatto che proviamo "fastidio" nel vedere certe immagini è solo una piccola, piccolissima nota al margine di un orrore che dovrebbe, secondo me, sempre starci davanti agli occhi.
In risposta a Caro Carbone, le confesso che di Gabriele Di Luca
Mmmh: nicht einverstanden mit
Mmmh: nicht einverstanden mit dieser Argumentation. Dann wäre es auch legitim (unschuldige) tote Opfer der Mafia abzubilden, nur um den ethisch ansonsten korrekten Kampf gegen die Mafia bildgewaltig zu präsentieren.
In risposta a Mmmh: nicht einverstanden mit di Martin B.
No. Mi pare che non si possa
No. Mi pare che non si possa stabilire una somiglianza su questa base.