Cronaca | Sull'affaire Cancellieri-Ligresti

Conventio ad excludendum (reprise)

Questa storia della ministra guardasigilli che dice ai Ligresti "Per qualsiasi cosa, contate su di me" mi ha gettato, se serviva, definitivamente nel gorgo nero della depressione civile. E in tutto ciò, in uno Stato che sempre più si dimostra una "res paucorum", con una classe dirigente che può permettersi di fare ciò che vuole e nessuno mai mostra il buon gusto di dimettersi (mica gli si chiede di fare seppuku, via!), con un cosiddetto partito di sinistra che difende l'indifendibile pur di tenersi stretta la cadrega alle chiappe (ma quando le telefonate le faceva qualcun altro, apriti cielo!), si aggiunge il silenzio assordante di quello che dovrebbe essere il nostro primo garante; che sente di dovere esprimere il proprio parere sempre su tutto, ma proprio tutto; ora tace, tace, tace. Sono annullato, non mi viene nemmeno un sonetto, tanto per curare le ferite dell'animo. E allora ripropongo qualcosa che avevo già pubblicato, l'estratto da un discorso del nostro più amato Presidente. Uno che, forse, lui sì, avrebbe meritato la rielezione.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

"Io sono orgoglioso di appartenere al popolo italiano. Ripeto: il popolo italiano non si considera superiore ad altri popoli; ma non è nemmeno inferiore agli altri popoli. E bisogna essere degni del popolo italiano.

Non è degno del popolo italiano colui che compie atti di disonestà: i corrotti e i disonesti sono indegni di appartenere al popolo italiano. E devono essere colpiti, senza alcuna considerazione. Guai se qualcuno, per amicizia, per solidarietà di partito, dovesse sostenere questi corrotti e difenderli. In questo caso la solidarietà di amicizia e di partito diventa complicità e omertà.

Deve essere dato, ripeto, il bando a questi disonesti e corrotti. Che offendono il popolo italiano. Offendono i milioni e milioni di italiani che pur di vivere onesti impongono gravi sacrifici a se stessi e alle loro famiglie.

Io credo quindi al popolo italiano, e sono orgoglioso di essere italiano."

[Sandro Pertini, parole dal discorso del 31.12.1980]

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Gianluca Trotta Dom, 11/03/2013 - 15:15

Luigi Manconi ha scritto cose molto condivisibili sul caso: http://lavoro-ai-fianchi.com.unita.it/politica/2013/11/03/quella-sinist…
È vero, si rischia una sorta di "rancorosa e surrettizia lotta di classe per via giudiziaria", la richiesta di "più carcere per tutti", l'oblio dell'ingiustizia della detenzione preventiva, la banalizzazione della disumanità del carcere, ecc. Tutte cose vere, ha ragione.
Ma, purtroppo, Manconi, spinto da nobilissime ragioni ideali, dimentica di mettere adeguatamente l'accento sui rapporti diretti tra la ministra e una famiglia potentissima ma non immune da fenomeni non del tutto accettabili. L'espressione "qualsiasi cosa possa fare, contate su di me". La personalizzazione di un caso umano che, guarda caso, non riguarda una signora-nessuno ma qualcuno di potentissimo.
Quanti, in Italia, sono incarcerati ingiustamente, soffrono, si lasciano morire di fame, compiono gesti autodistruttivi, si uccidono? Quanti sono detenuti in centri che sono veri e propri campi di concentramento, senza avere fatto nulla che non sia il tentativo di sopravvivere in un posto migliore? Troppi, troppi. L'umanità andrebbe mostrata sempre, per tutti, e non bastano i 110 casi invocati come alibi. Non si può cavalcare la retorica del "gesto umanitario" solo quando è rivolto a chi è abituato a ben altro che la fogna di una cella. Non si può essere ministro di uno Stato che prevede il reato di immigrazione clandestina, i Centri di identificazione, il sovraffollamento delle carceri, e chiedere di avere il diritto di mostrarsi umani solo quando l'essere umano è qualcuno che ci somiglia. E a cui magari, per vie familiari, si è legati a un doppio filo di mutui scambi.

Dom, 11/03/2013 - 15:15 Collegamento permanente
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Stefania Squassoni Dom, 11/03/2013 - 17:48

"Non mi dimetto": quest'affermazione, rilasciata in questo frangente, rappresenta l'ennesimo esempio della reale e deleteria "cultura del posto fisso" che contraddistingue in toto i ministri della nostra Repubblica e, in genere, tutta la casta politica purtroppo indegnamente al potere. Qualsiasi cosa facciano, anche se in maniera evidente contraria al concetto di Res publica, restano lì, al potere, tutti conniventi! Altro che la "cultura del posto fisso" cui si riferiva la Cancellieri, quando affermava, intervenendo in difesa di Monti, che "Il mondo moderno ha grandi esperienze di mobilità, noi viviamo nella cultura del posto fisso»
http://www.corriere.it/politica/12_febbraio_06/cancellieri-posto-fisso_…
E per restare in tema: certo, il figlio della Cancellieri ha, in effetti, avuto importanti esperienze di mobilità. A proposito: a quanti milioni di euro ammonta la buonuscita che il figlio della Cancellieri ha percepito dopo un annetto di lavoro presso una delle società della famiglia Ligresti?

Dom, 11/03/2013 - 17:48 Collegamento permanente