Chronik | Sull'affaire Cancellieri-Ligresti

Conventio ad excludendum (reprise)

Questa storia della ministra guardasigilli che dice ai Ligresti "Per qualsiasi cosa, contate su di me" mi ha gettato, se serviva, definitivamente nel gorgo nero della depressione civile. E in tutto ciò, in uno Stato che sempre più si dimostra una "res paucorum", con una classe dirigente che può permettersi di fare ciò che vuole e nessuno mai mostra il buon gusto di dimettersi (mica gli si chiede di fare seppuku, via!), con un cosiddetto partito di sinistra che difende l'indifendibile pur di tenersi stretta la cadrega alle chiappe (ma quando le telefonate le faceva qualcun altro, apriti cielo!), si aggiunge il silenzio assordante di quello che dovrebbe essere il nostro primo garante; che sente di dovere esprimere il proprio parere sempre su tutto, ma proprio tutto; ora tace, tace, tace. Sono annullato, non mi viene nemmeno un sonetto, tanto per curare le ferite dell'animo. E allora ripropongo qualcosa che avevo già pubblicato, l'estratto da un discorso del nostro più amato Presidente. Uno che, forse, lui sì, avrebbe meritato la rielezione.
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"Io sono orgoglioso di appartenere al popolo italiano. Ripeto: il popolo italiano non si considera superiore ad altri popoli; ma non è nemmeno inferiore agli altri popoli. E bisogna essere degni del popolo italiano.

Non è degno del popolo italiano colui che compie atti di disonestà: i corrotti e i disonesti sono indegni di appartenere al popolo italiano. E devono essere colpiti, senza alcuna considerazione. Guai se qualcuno, per amicizia, per solidarietà di partito, dovesse sostenere questi corrotti e difenderli. In questo caso la solidarietà di amicizia e di partito diventa complicità e omertà.

Deve essere dato, ripeto, il bando a questi disonesti e corrotti. Che offendono il popolo italiano. Offendono i milioni e milioni di italiani che pur di vivere onesti impongono gravi sacrifici a se stessi e alle loro famiglie.

Io credo quindi al popolo italiano, e sono orgoglioso di essere italiano."

[Sandro Pertini, parole dal discorso del 31.12.1980]