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Femminicidio, la legge non basta

Dopo i recenti fatti di cronaca l’assessora Deeg chiede di rafforzare il piano normativo ma anche la prevenzione. “Regole rigide sui social per chi insulta le donne”.
Violenza donne
Foto: upi

Ha definito i femminicidi una “emergenza nazionale” il Procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Il bilancio delle ultime vittime, del resto, parla da sé: 6 donne uccise in una settimana, fra cui la 28enne incinta trovata senza vita a Versciaco, frazione di San Candido, in Val Pusteria.

Dal recente Rapporto Eures su “Femminicidio e violenza di genere” emerge che quello familiare è l’ambiente dove viene commessa la maggior parte di questi reati. Tra le mura domestiche, o comunque per mano di partner, mariti e fidanzati, vengono compiuti oltre l’85% dei delitti con vittime femminili. “È scioccante sentire quante donne siano vittime della violenza domestica. Se esse non possono più sentirsi al sicuro tra le pareti di casa e nel loro ambiente di vita dobbiamo constatare il fallimento della nostra società”, afferma l’assessora alle politiche sociali Waltraud Deeg che, al fine di proteggere dalla violenza il maggior numero possibile di donne e bambini, chiede un rafforzamento delle leggi. “La normativa attualmente in vigore riguardo alle misure contro la violenza famigliare, introdotta nel 2001, aveva già rappresentato un importante passo in avanti per elevare il livello di protezione delle vittime - sottolinea l’assessora Svp - ma purtroppo non si è raggiunto l’obiettivo, come viene testimoniato dal crescente numero di femminicidi commessi negli ultimi mesi ed anni. Deve essere possibile agire prima che la violenza si manifesti concretamente. Se le donne si sentono minacciate deve essere possibile poter contare su di un aiuto concreto”. 

Se le donne non possono più sentirsi al sicuro tra le pareti di casa e nel loro ambiente di vita dobbiamo constatare il fallimento della nostra società

Lo stesso premier Giuseppe Conte, commentando gli ultimi fatti di cronaca in un post pubblicato domenica scorsa su Facebook, aveva scritto: “Abbiamo varato il Codice rosso per offrire alle donne che subiscono episodi di violenza un percorso preferenziale e accelerato di tutela. Ne stiamo monitorando l’attuazione e siamo pronti a renderlo ancora più efficace” ma il piano normativo non è sufficiente, perché “la violenza sulle donne è anche un problema culturale”.

Prima che sia tardi

 

Sull’intervento a monte insiste anche Deeg, la quale, apprezzando la riflessione del primo ministro, rileva la necessità in primis di creare le basi e comunicare l’uguaglianza di ruoli della donna e dell’uomo già dai primi anni di vita dei figli; potenziare un lavoro di prevenzione nel caso venga segnalata la violenza, sia fisica che psichica; utilizzare maggiore severità degli strumenti giuridici, in modo tale che la tutela dalla violenza possa essere rafforzata anche nel caso di un aumento della minaccia. Deeg parla anche di “regole chiare e rigide per commenti aggressivi, ostili alle donne e offensivi nei social media”, oltre che dell’ampliamento delle possibilità di intervento preventivo per le forze dell’ordine e di “un training anti-violenza obbligatorio per gli uomini che evidenziano un elevato potenziale di aggressività”. 

 

 

L’assessora ricorda che in Alto Adige sono operativi a Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico centri di consulenza, alloggi protetti e case delle donne alle quali le donne possono rivolgersi in maniera diretta e non burocratica; “in queste strutture le donne, sotto molti punti di vista, vengono sostenute, accompagnate e preparate ad affrontare nel migliore dei modi una vita autonoma”.
Riassume tutto infine il presidente Arno Kompatscher: “La lotta contro la violenza sulle donne è fondamentale e non solo il 25 novembre o quando succedono casi orribili come l’ultimo omicidio avvenuto in Alto Adige, perché la violenza ha molte facce e sappiamo che quasi sempre viene innescata da chi si trova in una posizione di potere, e cioè i maschi”.

 

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Sepp.Bacher Mer, 02/05/2020 - 09:45

Mich wundert, dass immer noch Fachleute und politisch Verantwortliche solche Meinungen vertreten! Die Frauenbewegung gibt es in Südtirol seit ca. 50 Jahren. Schon die 68-er Generation wollte Änderungen im Umgang von Mann und Frau und in der Kindererziehung erwirken. Seit dieser Zeit versuchen auch Eltern (vornehmlich Mütter) ihre Kinder bewusster zu erziehen. Seit einigen Jahrzehnten gibt es Sensibilisierung- Kampagnen, die sich ausschließlich an Männer wenden und denen die alleinige Verantwortung geben. Ebenso hat man Vergehen mit hohen Strafen geahndet. Es ist also alles eher als ein Erfolg, wenn die Gewalt gegen Frauen zu nimmt. Da müsste man diese Strategie wohl in Frage stellen und nicht noch mehr vom Gleichen verlangen: Sensibilisierung, Erziehung, hohe Strafen!?!
Ich habe mich schon früh mit Morden im Familienkreis beschäftigt. Ich habe auch Büche gelesen, die mir zu einem besseren Verständnis solcher tragischer Ereignisse verholfen haben. Mein Resümee: Es hängt nicht nur an der Gewalt des Mannes, sondern an der Dynamik der Beziehung bzw. an der Familiendynamik. Und entsprechend wird in Beratungen und Therapien auch daran gearbeitet. Antigewalttrainings sind wichtig, können solche Ereignisse aber nicht verhindern. Sehr oft hört man dann: der war doch so ein sanfter einfühlsamer Mann. Oder: dem hätte ich das am wenigsten zu getraut.
Meines Erachtens könnte salto.bz recherchieren, ob es wissenschaftliche Studien über die Dynamiken gibt, die zur Tötung führen. Und die Verantwortlichen sollten recherchieren, wie sich die Kampagnen in den Ländern unterscheiden, in denen die Frauenmordsrate infolge der Präventionsarbeit deutlich abgenommen hat!

Mer, 02/05/2020 - 09:45 Collegamento permanente