70 anni fa, Sinigo sotto le bombe
A differenza del capoluogo altoatesino, Merano durante la seconda guerra mondiale fu risparmiata dai bombardamenti aerei alleati. Per un motivo ben preciso: la città, data la grande disponibilità di alberghi, era stata trasformata in centro ospedaliero. Dell’unica eccezione, il bombardamento sulla frazione di Sinigo, ricorre il 70° anniversario. Esso avvenne infatti il 4 aprile del 1945. L’incursione si compì in tre ondate e cominciò poco prima delle 13. Provenienti dalla val d’Ultimo i bimotori sorvolarono l’abitato di Lana e piombarono poi sopra Sinigo. Le prime bombe caddero sulla ferrovia Bolzano-Merano, le ultime colpirono la casetta del custode della diga sul rio Sinigo a monte dello stabilimento della Montecatini. I danni furono ingenti. Sotto le bombe persero la vita sette civili: Attilio Barp, Antonia Fraccaro, Emilio Gaiotto, Terenziano Osti, Mario Paltrinieri, Aldo Saggiorato e Stefano Vallardi, tutti dipendenti della fabbrica.
Cosa produceva lo stabilimento di Sinigo, tanto da indurre ad un bombardamento a tappeto alle porte della città ospedaliera? Il 9 agosto 1945, a tre giorni dallo sgancio delle prima bomba atomica su Hiroshima, un articolo apparso sul “Corriere Lombardo” (“La Germania non arrivò prima perché esperti italiani sabotarono le ricerche”) offre una prima interpretazione legata alla produzione di acqua pesante, sostanza ritenuta necessaria come moderatore nei reattori nucleari. “La fonte principale di acqua pesante – scriveva il ‘Corriere Lombardo’ – era la più grande fabbrica produttrice di ossigeno di Norvegia; questi stabilimenti furono gravemente danneggiati dai partigiani norvegesi... Ed allora i tedeschi si rivolsero all’industria italiana. Nella principale fabbrica di ossigeno italiana, a Merano, si produceva una piccola quantità di acqua pesante. Uno dei migliori tecnici italiani, responsabile del funzionamento di tale stabilimento, l’ing. C. O. di Milano, fu subito invitato in Germania apposta per discutere sui mezzi per aumentare la produzione di acqua pesante nello stabilimento di Merano. Egli ebbe l’impressione che i tedeschi attribuissero una grandissima importanza a tale produzione, ma non riuscì a farsi dire per che cosa dovesse venire impiegata quella sostanza”. Fortunatamente, concludeva l’articolista, “gli stessi tecnici dello stabilimento avevano provveduto a sabotare la produzione di acqua pesante, cosicché la consegna del liquido continuava a venire ritardata, e non fu necessario distruggere l’importante fabbrica italiana”.
Gli interrogativi che questo estemporaneo pezzo giornalistico solleva sono molti. Davvero a Sinigo si produceva acqua pesante? Chi è l’ing. C. O.? E soprattutto: come mai si afferma che non è stato necessario un bombardamento quando invece la fabbrica, il 4 aprile, fu presa di mira dagli aerei alleati?
Per cominciare: non c’è dubbio che la Montecatini rientrasse nel sistema della produzione bellica, sia prima che dopo l’8 settembre 1943. Essa era uno “stabilimento protetto” sottoposto a “speciale tutela”.
D’altra parte non sembra che gli alleati fossero a conoscenza di una produzione di acqua pesante nella fabbrica Montecatini. La stessa era tenuta sotto controllo almeno dalla fine del 1944. In base ai rapporti di alcune ricognizioni aeree gli americani la classificarono come “Merano methanol plant”. Si può ritenere che i B-25 Mitchell della 12° flotta che il 4 aprile 1945 bombardano Sinigo ebbero come obiettivo solo la produzione del metanolo.
Perché dunque a Sinigo si racconta che la fabbrica produceva acqua pesante, cosa che sembra confermata dall’articolo del “Corriere Lombardo”? Tutto, forse, ha inizio nel corso del 1943. Il 16 novembre 155 fortezze volanti scaricano le loro bombe sull’impianto norvegese Norsk-Hydro di Vemork, presso Rjukan, che viene irrimediabilmente distrutto. Proprio sei giorni dopo il bombardamento, il 22 novembre 1943, un rapporto altamente segreto riferisce di una visita di un gruppo di scienziati germanici allo stabilimento di Sinigo e alla centrale di Marlengo per verificare se l’impianto di elettrolisi della Montecatini fosse tecnicamente adatto alla produzione di acqua pesante. Al sopralluogo, come sembra, per la Montecatini fu presente il dottor Bartolomeo Orsoni. Dipese anche dalle sue parole il fatto che delle quattro soluzioni prospettate tre siano state scartate ed una vincolata ad una fase di sperimentazione. Fu lui, ancora, a far rilevare le deficienze delle strutture disponibili. Alla fine, fatte altre valutazioni, il trasferimento degli impianti a Sinigo non fu ritenuto possibile. In ogni caso emerge che effettivamente la fabbrica sinighese fu coinvolta, sia pure incidentalmente, nella produzione della preziosa sostanza. Quasi certamente non si trattava di un’attività di grosse proporzioni, quanto piuttosto di un procedimento sperimentale. È possibile, inoltre, che il fantomatico “ing. C. O.” altri non fosse che l’ing. Bartolomeo Orsoni (in tal caso la C. del nome sarebbe un refuso). Orsoni, milanese classe 1905, infatti era, in quegli anni, proprio a Sinigo, responsabile dei reparti HCM e metanolo. La sua specialità erano le ricerche sul petrolio, ma con il fratello, l’ingegnere Luciano Orsoni, si era occupato anche di acqua pesante. I due, dopo la guerra, sarebbero stati interrogati al proposito dagli americani.
In conclusione sembra di poter dire che la produzione di acqua pesante ed il bombardamento della fabbrica furono due episodi distinti. Se quella dell’acqua pesante non può essere considerata una “leggenda”, ma trova riscontri concreti, le bombe furono sganciate su Sinigo esclusivamente a causa del metanolo.
Articolo originariamente apparso sul quotidiano Alto Adige, 4.4.2005 (60° anniversario)