Cronaca | Solidarietà

“Il sorriso di chi non si arrende mai”

I migranti e la Fortezza Europa: il viaggio di Bozen solidale sulla rotta balcanica, a ridosso dell’emergenza in Grecia. “Tante lezioni di vita. Torneremo a breve”.
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Foto: Bozen solidale

Più di 3.000 chilometri percorsi in una settimana, scanditi dall’incontro con decine di donne e uomini fra cui molti minori soli. Persone che con le loro storie e provenienze diverse - dall’Afghanistan alla Siria - sono state capaci di regalare a chi li ha conosciuti testimonianze di solidarietà, coraggio, caparbietà. Della volontà di non arrendersi mai alle difficoltà della vita all’aperto, degli accampamenti di fortuna e nemmeno ai respingimenti delle polizie di frontiera, ma di continuare nella speranza di approdare finalmente all’interno della “Fortezza Europa”. È il “bagaglio” che si sono portati a casa i volontari di Bozen solidale che dal capoluogo altoatesino si sono mossi fra Serbia, Bosnia, Slovenia e Croazia, tornando a ridosso del giorno in cui si è aggravata la crisi ancora in corso alla frontiera tra Grecia e Turchia.

 

Lungo la rotta balcanica

 

In mezzo al complesso gioco internazionale tra guerre, interessi geopolitici ed economici, disparità nelle condizioni di vita nelle zone del mondo ci sono tutti coloro che attraversano i continenti cercando una prospettiva migliore di vita. 

Il gruppo di Bozen solidale formato da Gianfranco Maffei, Federica Franchi, Matilde, Angela Disanto, Matteo De Checchi, Mirta Motta, Patrick Saltori, Giulia Pedron, Silvia Verdino ha fatto tante tappe e molti incontri, cercando anche di aiutare i migranti in modo concreto. Ora i volontari che si sono attivati nell’ambito dell’azione #Lesvoscalling, per il progetto Melting pot Europa (dal nome dell’isola hotspot greca, teatro dei tragici respingimenti della polizia greca), sono impegnati nel racconto del loro viaggio. Sia con gli articoli pubblicati su meltingpot.org che con gli eventi pubblici, ad esempio attraverso la serata - da confermare - del 20 marzo al 77 di Bolzano (alle 18).

 

Serbia, Bosnia, Croazia

 

“Siamo partiti la mattina del 22 febbraio e siamo tornati il 29 sera, mentre sentivamo dai media dello scoppio dell’emergenza alla frontiera greca, una situazione destinata sicuramente ad aggravarsi” racconta Federica Franchi. La prima tappa dei volontari è stata Šid, “il collo di bottiglia della Serbia” al confine con la Crozia (qui il primo articolo su meltingpot).

“Lì, in un paesino che ricorda i nostri anni Settanta, dove la vegetazione attorno è stata disboscata per poter meglio vedere i migranti in cammino, una cinquantina di afghani da tre anni provano a passare e trovano riparo in una fabbrica abbandonata. Un’associazione del luogo, No Name Kitchen, prova ad aiutarli, mentre subiscono pure gli attacchi dei nazionalisti serbi”.

I volontari si sono spostati verso la Croazia e hanno incontrato una quarantina di migranti sempre in cammino sulla rotta balcanica. “Abbiamo visto tantissimi siriani, poi iracheni e afghani”. Altra tappa, la bosniaca Tuzla, punto di passaggio strategico per la rotta. Oltre 300 persone vivono in un accampamento improvvisato fatto di tende vicino alla stazione e ci sono anche esperienze positive di accoglienza, come il motel solidale gestito dall’associazione Pomozi.ba. 

Pakistani, indiani, afghani e maghrebini, ci sono tante persone bloccate nel loro viaggio, che vivono aiutandosi l’uno con l’altro, nonostante le difficoltà della loro situazione (Federica Franchi, Bozen solidale)

Tanti gli incontri fatti dal gruppo di Bozen solidale. “Pakistani, indiani, afghani e maghrebini, che vivono aiutandosi l’uno con l’altro, nonostante le difficoltà della loro situazione” spiega Federica. “È una cosa che ci ha stupito: non ci saremmo aspettati tanta solidarietà da chi è in una situazione così precaria. E invece, sono state tante lezioni di vita che ci portiamo con noi”. I volontari hanno acquistato sul posto scarpe, sacchi a pelo e tende per distribuirli ai migranti e hanno portato medicinali dall’Alto Adige. Per le persone in viaggio sulla rotta sono però fondamentali anche gli smartphone e addirittura i social network. “Mentre i cellulari e le sim vengono spesso sequestrati dalle polizie e distrutti, i migranti si tengono aggiornati e in contatto tra loro e i familiari con gli account dei social, che non possono essere compromessi. Per loro in ogni caso i telefonini sono fondamentali” aggiunge la volontaria.

La loro solidarietà reciproca ci ha stupito: non ce l’aspettavamo tra chi vive in modo così precario. E invece, sono state tante lezioni di vita che ci portiamo con noi

 

Tornare fra chi non perde mai il sorriso

 

Nell’esperienza collettiva ci sono anche storie individuali che rimangono impresse. “Un giovane ingegnere elettronico pakistano, laureato, con un inglese impeccabile, si è visto negare il visto dall’Italia avendo già l’hotel a 5 stelle prenotato, 10.000 euro di disponibilità sul proprio conto. Ma non per questo ha perso la speranza e si è messo in viaggio. Ecco, ci sono tantissime persone istruite, dottori, laureati, contabili, da Paesi che vanno dall’Iraq alla Siria, e purtroppo anche tanti minori non accompagnati. Tutti danno prova di perseveranza, non perdono mai il sorriso e sono certi di non arrendersi mai”.

Lezioni da portare a casa. Il gruppo ha già detto di voler tornare lungo la rotta. “Appena possiamo e le finestre tra famiglia e lavoro di tutti ce lo concedono”. Forse a giugno o in estate.