Religione a scuola: nessuna alternativa
Sono un insegnante di scuola secondaria di secondo grado, le superiori. Faccio questo lavoro da quasi vent'anni e sono passato attraverso tutta la trafila: supplenze, precariato, abilitazione, ruolo. Lo scrivo per far capire che ho girato molte scuole, conosciuto molte realtà, visto e imparato molte cose. Quando ho iniziato a confrontarmi con la scuola come genitore conoscevo abbastanza nel dettaglio il suo funzionamento e i suoi meccanismi, tanto quelli ufficiali che quelli più pragmatici.
Sono per una scuola inclusiva, che crei appartenenza e miri a costruire una comunità gettando le basi su ciò che ci unisce ed accomuna. Va da sé quindi che sono per una scuola totalmente laica e per questa ragione ho esonerato entrambe le mie figlie dall'insegnamento della religione cattolica (IRC), insegnamento presente nel quadro orario di tutte le scuole, di ogni ordine e grado, dalle elementari alle superiori, nella maggior parte dei casi con un'ora settimanale, in alcuni casi anche di più. Qualcuno mi ha accusato di tenere a riguardo una posizione ideologica, senza sapere di avermi fatto un complimento, ogni tanto bisogna mantenere la posizione.
E' conoscenza comune che tale ora derivi dal Concordato del 1929, accordo raggiunto tra il regime fascista e la Chiesa, che metteva fine ai decennali contrasti tra Stato e Chiesa. Quel concordato, limitandosi a guardare la normativa legata all'IRC, ha subito nel tempo alcune modifiche e alle modifiche si sono aggiunte anche diverse sentenze del TAR in materia. Questo complica un po' la possibilità di seguire con facilità il percorso storico, ma resta comunque chiaro il quadro normativo vigente. Per farla breve, l'ora di IRC non è più obbligatoria dal 1985: è una materia della quale ci si può avvalere o meno. La scelta di non avvalersi va fatta al momento dell'iscrizione (non può essere fatta successivamente, anche se su questo punto ci sono opinioni differenti e ricorsi in ballo) e vale per tutto il corso di studi, anche se è prevista la possibilità di modificare la propria scelta ogni anno all'atto dell'iscrizione; la scuola è obbligata a fornire i moduli per l'esonero unitamente ai moduli di iscrizione. La scuola dovrebbe anche fornire un modulo dove indicare quale attività sostitutiva scelgono per il loro figlio, ma questo in Alto Adige o per lo meno nella maggior parte delle scuole, non avviene.
In Alto Adige, secondo i dati forniti dalla Diocesi di Bolzano, il 90% degli studenti si avvale dell'IRC, dato che scende all'85% se si prendono in considerazione solo le scuole di lingua italiana. Certamente in termini percentuali sono di gran lunga la maggior parte coloro che si avvalgono di quella che di fatto è una materia facoltativa, ma in termini assoluti, quel 10% di ragazzi che non si avvalgono dell'IRC sono circa 9.000 studenti.
Cosa fanno questi 9.000 studenti mentre si svolge l'ora di IRC? La normativa è piuttosto chiara (Legge 121 del 25/03/1985 art. 9 punto 2, C.M. 316 del 28/10/1987): la scuola è obbligata a organizzare attività alternative, obbligo rimarcato anche da diverse sentenze del TAR. L'intendenza scolastica di Bolzano e le scuole in lingua italiana della nostra provincia non prevedono nulla del genere e l'organizzazione delle attività alternative, che dovrebbe essere deliberata dai collegi docenti delle singole scuole, anche di fronte a un'unica richiesta di esonero,e finanziata coi fondi della scuola, non trova alcuna applicazione. Quindi nessuna attività alternativa organizzata. Dove vanno questi 9.000 studenti tra i 6 e i 19 anni durante quell'ora? Le cose risultano molto diverse a seconda del grado di studi di chi non si avvale. Iniziamo con ordine e partiamo dalla primaria di primo grado, le elementari. Alle elementari ci sono maggiori problematiche, per la giovane età di chi non si avvale. Fino alla terza poi non è possibile l'uscita autonoma da scuola e la sorveglianza è sicuramente più strettamente necessaria, oltre che prevista dalla normativa. Tutto questo genera maggiori difficoltà per i genitori. Si può avere fortuna, ogni tanto capita: ora di religione alla prima o ultima ora del giorno, si ritarda l'ingresso o si va a prendere prima il proprio figlio, facile, se si gode di una certa elasticità al lavoro (altrimenti va chiesto un permesso). E quando l'ora di IRC non è né la prima né l'ultima?
Per anni siamo andati a scuola, a turno con altri genitori, a prendere tutti gli esonerati della classe e abbiamo organizzato noi, grazie a un permesso preso al lavoro, quelle attività alternative che la scuola a quanto pare non è in grado di fornire anche se sarebbe tenuta a farlo.
Per esperienza, la prima cosa che faranno le scuole, sarà quella di infilare il ragazzo/a in un'altra classe. Quelli di 3A che non si avvalgono vanno in 3B. Soluzione a costo zero, facile facile, molto comune nella scuola di 30 anni fa, ma inammissibile nella scuola di oggi, tanto da un punto di vista umano e pedagogico quanto da un punto di vista normativo. La scuola ci prova, perché è la cosa più semplice ed economica, che garantisce pure la necessaria sorveglianza, se la famiglia non dice nulla, ecco la soluzione. Ma se la famiglia è come la mia? Per anni siamo andati a scuola, a turno con altri genitori, a prendere tutti gli esonerati della classe e abbiamo organizzato noi, grazie a un permesso preso al lavoro, quelle attività alternative che la scuola a quanto pare non è in grado di fornire anche se sarebbe tenuta a farlo. Nel frattempo le mie figlie hanno smesso di essere molto piccole. Andando a udienza emergeva che erano brave, mature, responsabili (parole delle insegnanti). Abbiamo quindi colto la palla al balzo: sono così brave e responsabili, lasciatele andare in biblioteca durante l'ora di religione. Approfondiranno i loro interessi, svilupperanno maggiori autonomia e responsabilità. Ma resta il nodo sorveglianza: nella scuola che vuole promuovere competenze trasversali quali autonomia e indipendenza, bisogna comunque vigilare sempre su tutto. Con mia grande sorpresa, dopo un fitto scambio di mail e un confronto piuttosto serrato, il dirigente del polo scolastico frequentato dalle mie figlie ci ha chiesto se fossimo disposti a incontrarlo per parlare con lui della cosa. Poveraccio, doveva essere stremato dalla nostra continua richiesta di vedere rispettati i diritti nostri e delle nostre figlie. Ancora maggiore la sorpresa quando all'incontro, oltre al dirigente di una dei principali poli scolastici bolzanini, era presente anche l'ispettore degli insegnanti di religione dell'intendenza scolastica di lingua italiana, ovviamente con trascorsi da insegnante di religione. L'incontro però non era incentrato sul riconoscimento di diritti sanciti, ma sulle motivazioni della nostra scelta: perché fare una scelta così scomoda e impopolare quando ormai è chiaro a tutti che l'insegnamento della religione a scuola non è più assimilabile alla catechesi? Ormai l'insegnante di IRC è cittadino del mondo, è cosmopolita e liberale, promuove la convivenza, presenta addirittura altre religioni, insegna valori universali. Questo più o meno il tenore dell'incontro. Ecco che allora mi sono trovato costretto a spiegare all'ispettore cose che sapeva benissimo e che gli ho ripetuto per pura educazione, invece di rispondere semplicemente che tale scelta non era affar suo. Nella scuola pubblica italiana, l'insegnante di religione è nominato dalla diocesi. Per ottenere il posto in ruolo bisogna avere una laurea (Baccalaureato e licenza in teologia nelle sue varie specializzazioni, Laurea Magistrale in Scienze dell’Educazione con specializzazione in “Pedagogia e didattica della Religione”, Attestato di compimento del Corso di Teologia in un seminario maggiore oppure laurea magistrale in Scienze Religiose), ma possono bastare anche titoli inferiori (Licenza in Scienze Bibliche o sacra Scrittura, Licenza in Scienze dell’Educazione con specializzazione in “Educazione e Religione”, e in “Catechetica e Pastorale giovanile”, Licenza in Missiologia). Tutti studi fortemente caratterizzanti. Oltre a ciò, le indicazioni contenute nello Statuto degli insegnanti di religione della curia di Bolzano-Bressanone sono abbastanza chiare, come facilmente intuibile dai 4 commi all'articolo 3 qui riportati:
3.4 L’insegnante di Religione cattolica orienta e svolge il proprio insegnamento, in ordine ai suoi contenuti e alle sue finalità, in conformità alla dottrina della Chiesa.
3.5 L’insegnante di Religione cattolica si riconosce nel magistero della Chiesa e nella fede da essa professata, impegnandosi di orientarne la propria vita.
3.6 L’insegnante di Religione cattolica si impegna a rendere testimonianza con la propria condotta e con il proprio esempio ai principi e allo spirito del messaggio evangelico, sia nei confronti dei propri alunni che negli altri contesti nei quali si trova ad operare.
3.7 L’insegnante di Religione cattolica mantiene i contatti con le istituzioni ecclesiastiche del territorio di competenza della scuola in cui svolge il proprio insegnamento e si rende disponibile, nei limiti delle proprie possibilità, alla collaborazione in ambito pastorale.
Non bastasse un percorso di studi come quelli sopra elencati, resta comunque molto facile smentire la posizione di chi vuole proporre un insegnante di religione liberale e laico: l'avvento del registro elettronico non lascia più i genitori davanti alle sole laconiche osservazioni dei propri figli, ma si può vedere il programma delle lezioni svolte in classe. Mi permetto di riportare alcuni esempi di lezioni proposte in una primaria:
- Lettura e spiegazione: la missione dei dodici
- Viaggi missionari : da Gerusalemme a Roma
- Inizio delle prime comunità / la chiesa dalle origini
- La chiesa nel primo secolo : Domus Ecclesiae
- La salvaguardia del creato
Alla base c'è una gigantesca ipocrisia di fondo: l'ora di religione non è obbligatoria, ma non ti concedo alternative, l'insegnante è laico, ma di formazione religiosa.
Alla base c'è una gigantesca ipocrisia di fondo: l'ora di religione non è obbligatoria, ma non ti concedo alternative, l'insegnante è laico, ma di formazione religiosa. E nominato dalla curia. In Italia sono circa 26.000, equamente divisi tra precari e di ruolo, tra essi sopravvive una piccola percentuale (intorno al 10%) di ecclesiastici, sacerdoti, suore o altri religiosi non sacerdoti. In Alto Adige sono 458. Questi insegnanti, nominati dalla Curia e pagati dallo Stato, ottengono inizialmente un permesso temporaneo di insegnamento per i primi tre anni, una sorta di periodo di prova, in cui però, il tutoraggio, la valutazione e l'affiancamento sono interamente delegate alla curia o ad altri insegnanti di religione. Dopo questi tre anni, gli insegnanti religione potranno presentare domanda di idoneità permanente, per cui uno dei requisiti è “inserimento nella realtà della chiesa locale: tale inserimento è costituito da due livelli: un livello personale (testimonianza di vita) e un livello territoriale (rapporto con le istituzioni ecclesiastiche del territorio di competenza della scuola in cui si insegna)”. All'inizio dell'anno per i nuovi docenti in ruolo viene celebrata una messa per la celebrazione del mandato.
Mi pare evidente che tutto ciò sia quanto più lontano da un approccio laico alle religioni e una contraddizione all'idea di scuola laica. La vera preoccupazione dei fautori dell'IRC è che lo svolgersi di attività alternative attiri sempre più ragazzi. E' drammaticamente chiaro anche alla CEI, quando sbandiera che il 78% degli italiani è di religione cattolica, che il cattolicesimo degli italiani nella maggior parte dei casi si riduce ai sacramenti avuti da bambino e alla messa di Natale. Davanti a un'opzione didattica nuova, al passo con il terzo millennio e ben programmata ci sarebbe forse un discreto incremento di quel 15% di ragazzi delle scuole italiane che non si avvale dell'IRC. C'è tra gli insegnanti di religione una grande attenzione al fatto che gli esonerati non godano di favori, attenzioni o sostegno riguardo all'attività didattica svolta in altre materie.
A mia figlia è stato impedito di portarsi qualcosa da leggere, perché avrebbe distratto gli altri
Come se le cose non fossero abbastanza complicate e i diritti di chi non si avvale non fossero abbastanza ignorati, sono intervenuti due nuovi problemi ad aggravare la situazione. Il primo è ovviamente il Covid: mentre si era in didattica a distanza nessun problema, bastava non collegarsi durante l'ora di religione. Ma la didattica a distanza non era davvero scuola e tutti, insegnanti, genitori e studenti credo si siano rallegrati nel tornare in presenza, pur con le numerose e necessarie limitazioni, che però hanno costretto in classe i ragazzi che non si avvalevano dell'IRC anche in quell'ora. A mia figlia è stato impedito di portarsi qualcosa da leggere, perché avrebbe distratto gli altri. L'altra questione destinata ad esplodere in breve è quella dell'educazione civica. Introdotta dalla legge 92/2019 e attiva dall'anno scolastico 2020/21, con la solita riforma a costo zero e come panacea a tutti i mali della nostra società, è stata imposta un'ora di educazione civica a settimana. Come inserirla in piano orari ormai congestionati, con bambini e ragazzi che stanno a scuola un numero di ore esagerato e contrario a ogni principio pedagogico (cosa comunque funzionale ai genitori)? L'ora di educazione civica è svolta attraverso moduli proposti dai singoli insegnanti su temi quanto mai variegati e imprevedibili, che vanno dal rispetto dell'ambiente alla costituzione, passando per tutta una gamma di argomenti più o meno collegati. Alla fine basta che si svolga un numero di ore pari alle settimane di scuola ed ecco una nuova materia, una nuova ora, senza toccare il piano orario e senza sborsare un centesimo. Ma come la mettiamo se un insegnante di religione cattolica dice che la sua ora è di educazione civica e non di religione? Quelli che non si avvalgono possono uscire o dovranno restare in classe? Ovviamente Curia e insegnanti dicono che devono restare in classe, ma la legge che la introduce dice che l'ora va svolta all'interno del monte orario obbligatorio e l'ora di religione non rientra in questo. E questa sarà l'ennesimo scontro che dovrò sostenere riguardo all'insegnamento della religione cattolica nel percorso scolastico delle mie figlie.
Però questo 15% aumenta
Però questo 15% aumenta sempre di più. Le cose stanno cambiando lentamente, ma nella direzione giusta.
Art. 7
Art. 7
Lo Stato é indipendente e sovrano in confronto alle confessioni religiosi e non partecipa nella loro divulgazione.
Art. 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
In risposta a Art. 7 di gorgias
In ganz Italien muss man sich
In ganz Italien muss man sich zum katholischen Religionsunterricht anmelden, nur in Südtirol ist das umgekehrt. Als man über myCivis die eigenen Kinder in die Schule einschreiben konnte, gab es die Möglichkeit über einen Flag, das eigene Kind vom Religionsunterricht abzumelden. Unser braver Landeshauptmann Kompatscher (der sich unter anderem auch einsetzt, dass der Hornochsenseppltag zu einem PROVINZIELLEN Feiertag wird und dafür der Pfingstmontag aufgegeben werden soll) hatte natürlich die Gefahr erkannt, dass sich da jemand ungewollt seine Kinder abmeldet (oder es einfach tut weil es eine niedrigschwellige Möglichkeit wäre) und dafür ist es nun notwendig ein eigenes Formular im Sekretariat in der Schule zu holen. Vorher war auch die Regel, dass die Abmeldung für die ganze Schulzeit galt. Nun muss man dies jedes Jahr wiederholen. - So hält man die Zahlen der Schüler im Religionsunterricht hoch.
Peinlich ist auch unser Bildungsgesetz in dem von "christlichen Wurzeln" gesprochen wird. ( https://hpd.de/node/5037 ) Was davon Nicht-Christen unter den Eltern, Lehrern und Schülern halten sollen weiss ich nicht. Die Aufgabe der Schule soll es sein, tüchtige und verantwortungsvolle Menschen heranzuziehen, die bereit sind Ihren Beitrag für die Gesellschaft zu leisten und mit anderen Menschen die anderen Weltanschauungen haben, aber diese pragmatische Grundeinstellung teilen zusammenleben wollen.
Aber das ganze Grundübel liegt in Italien schon in der Verfassung, die eben die römisch-katholische Kirche auch noch namentlich nennt und ihr damit eine unverdiente Anerkennung gebietet. Somit möchte ich nahelegen die Verfassung an entsprechender Stelle abzuändern. (das Original zum Vergleich befindet irgendwo im Netz)
Art. 7
Lo Stato é indipendente e sovrano in confronto alle confessioni religiosi e non partecipa nella loro divulgazione.
Art. 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
In Österreich hat es
In Österreich hat es Ethikunterricht. In Niedersachsen z.B. heißt der Unterricht Werte und Normen. Es ist ordentliches Lehrfach an den öffentlichen Schulen und den Schulen in freier Trägerschaft, den die Schule vom 5. Schuljahrgang an einzurichten hat, wenn mindestens zwölf Schülerinnen oder Schüler nicht am Religionsunterricht teilnehmen.
Wieso das it. Erziehungsministerium (MIUR) hingegen alternativ noch immer kein Lehrfach anbietet, ist eigentlich unverständlich und nicht nachvollziehbar.