Politica | senza dimora

“Tutto sulle spalle di noi volontari”

Da magazzino deposito a parcheggio di essere umani. La politica di non-gestione del centro diurno per senza dimora dell’ex Alimarket: “Costretti a comprare l’essenziale”.
Centro Diurno
Foto: Salto.bz

Qualche notte fa il fiume Isarco ha iniziato a ingrossarsi a causa delle forti piogge. La maggior parte della città probabilmente non se ne è accorta, dormendo, a quell’ora, sonni più o meno tranquilli. Ad accorgersi sono stati invece quelli costretti a trovare rifugio tra le sue sponde, sempre più nascosti dall’occhio vigile della macchina amministrativa che tra il repertorio di risposte per la gestione dei senza dimora preferisce spesso e volentieri quella degli sgomberi coatti dei giacigli di fortuna. Chi dormiva lontano da occhi indiscreti è stato svegliato bruscamente dalle onde del fiume che prepotentemente hanno cominciato a inghiottire democraticamente e senza distinzione tutto quello che si trovava lungo il percorso. Qualcuno è stato salvato in extremis dai Vigili del Fuoco, altri sono riusciti miracolosamente ad uscire dalle tende e scappare lungo la strada, perdendo tutto ma salvando almeno la vita.

 

Ingordo l’Isarco. Qualche mese fa, ad aprile, si è preso le tende e gli effetti personali di oltre venti persone accampate lungo le sue rive. Il clima questa volta non c’entra. Durante l’ultimo sgombero in zona Piani di Bolzano sarebbe stata la Polizia Municipale a gettare il tutto nel fiume. Negano le istituzioni, parlando di errori di comunicazione, lo confermarono a suo tempo le associazioni e i diretti interessati.
In quei giorni era partito il conto alla rovescia per la chiusura della Fiera, adibita durante le fasi più acute dell’emergenza Covid-19 a ricovero per senza dimora, dopo le numerosi sollecitazioni messe in campo dalla società civile. Che ne sarebbe stato di quelle 80 persone che da lì a poco si sarebbero ritrovate per l’ennesima volta ancora per strada? A destare preoccupazione c’era anche la repentina chiusura del centro di Via Comini durante le ore del giorno. Poco dopo, il 16 aprile, il quotidiano Alto Adige intitolava: “Senzatetto, trovata la soluzione”, regalando ampio spazio all’assessore alle politiche sociali Juri Andriollo che, definendo a suo parere proficui gli incontri con le associazioni che si occupavano di senza dimora, ha annunciato la riapertura del centro diurno all’ex Alimarket di Via Gobetti, già sede di un Centro di Accoglienza Straordinaria, e gestito ufficialmente dalla Croce Rossa, responsabile della struttura, con il supporto informale delle reti di volontariato. A distanza di mesi la situazione è però precipitata. Il volontariato informale è diventato non solo il responsabile de-facto del progetto ma è costretto da mesi e a proprie spese a reperire autonomamente tutto il necessario per il funzionamento della struttura. 


“Qualcuno può comprare il detersivo?”, “È finito il sapone!” , “Attenzione, mancano i bicchieri”, "È rimasto qualcosa da mangiare?". Comunicazioni di questo tipo sono diventate sin da subito all’ordine del giorno tra i volontari che da mesi sopperiscono alle carenze gestionali e alla mancata regia istituzionale del Centro diurno, facendosi inoltre carico, con i propri mezzi e le proprie reti dal basso, di attività di orientamento, accompagnamento, nonché supporto sindacale e legale.

 

Non è una questione economica

Per chi non ha familiarità del luogo, via Gobetti è una strada nascosta e non semplice da trovare. Per raggiungerla a piedi, dal centro di Bolzano ci si impiega quasi un’ora. Dopo essersi lasciati alle spalle la città vetrina, ci si incammina verso la località produttiva, quella popolata da fabbriche, inquinamento e magazzini, fino ad arrivare all’ultimo edificio ai piedi della montagna, in cui si concentra quella parte di umanità che si vuole a tutti i costi nascondere, quella che non produce assieme a quella che quando lo fa, deve convivere in uno stato di precarietà permanente, con lavori saltuari, spesso mal pagati a beneficio di chi l’accesso esclusivo alla città vetrina si dà per scontato. L’indigenza diventa quindi una colpa che devi pagare. Chi non è produttivo si sa, diventa una minaccia all’ordine pubblico, il parente che ci fa vergognare alle serate importanti, che chiede l'elemosina, disturba le persone perbene e molesta i turisti del salotto buono, sporca di vino in cartone le bianche scalinate dei monumenti e ne rovina i selfie di chi è lì per spendere. Chi invece diventa agognata forza-lavoro deve fare i conti con un mercato immobiliare blindato, su base economica ma che si fonda anche su pregiudizi tarati esclusivamente sulla clausola della mera appartenenza etnica.

Non abbiamo nessuna intenzione di essere la stampella di un sistema di welfare pubblico che declassa le politiche sociali a banale volontariato


La mission fondamentale diventa dunque nasconderli, questi che si ostinano a non essere produttivi o poco graziosi da vedere e comunque mai abbastanza degni di aver diritto al salotto buono. Ed è talmente importante che la città di Bolzano - attraverso la Provincia - onnipresente tra le vette delle migliori classifiche del benessere cittadino è disposta a spendere 35 mila euro al mese per affittare tutta la struttura dell’ex Alimarket, in cui, anche da anni, sono parcheggiati diversi richiedenti asilo e rifugiati, lontani dagli occhi e dal cuore della Bolzano perbene, nonché, seppur momentaneamente, dall’agenda politica di chi l’amministra.

 

La parte di struttura dell’ex Alimarket adibita da mesi a centro diurno (una struttura che da anni viene invocata dalle associazioni) per diverso tempo ha avuto la funzione di magazzino deposito e da allora è cambiato ben poco. Qualche tavolo, diverse sedie, di cui molte rotte, una bobina da cantiere per ricaricare i cellulari. Una lavatrice casalinga, l’unica funzionante per decine di fruitori e recuperata dagli stessi volontari. Vicino qualche brandina, dove le persone stremate dalla notte passata in strada o nei rifugi emergenziali può riposare per qualche ora. Non c’è un vero piano di gestione del posto, c’è semplicemente. Fuori ci sono anche alcune docce, ma i volontari raccontano che c’è voluto più di un mese di solleciti per farle funzionare e portare l’acqua calda.

 

 

 

 

 

 

 

 

La stessa gestione, formalmente in mano alla Croce Rossa, dipende in gran parte dalla disponibilità dei volontari stessi. L’organizzazione responsabile ha ammesso di garantire con la propria rete alcuni giorni a settimana, il resto è lasciato, sulle spalle dei singoli che, ufficialmente, spiegano di non avere alcun titolo nè mandato di responsabilità e di non essersi mai interfacciati con l’amministrazione comunale: “L’unico motivo per cui abbiamo accettato di prestare il nostro tempo libero a servizio del centro diurno è stato esclusivamente per coloro che sono costretti ad attraversarlo perché privi di alternative - specificano alcuni volontari -, ma non abbiamo nessuna intenzione di essere la stampella di un sistema di welfare pubblico che declassa le politiche sociali a banale volontariato, spende migliaia di euro per tenerli segregati lontano dalla città e si approfitta dell’impegno e della buona volontà di chi crede che i diritti sociali e di cittadinanza non debbano essere un privilegio”.

 

Tutto regolare

“Il volontariato si prenda le proprie responsabilità - è il mantra ripetuto a salto.bz dall’assessore alle politiche sociali Juri Andriollo -. Nessuno obbliga nessuno, ma se qualcuno si offre per gestire una situazione noi diamo scontato che lo faccia. Se poi non si è in grado di farlo è un altro paio di maniche, come si regolano al loro interno non è compito mio ma mi accerterò comunque perchè a questo punto mi interessa”.
La gestione, ribadisce l’assessore, è in mano alla Croce Rossa ma presuppone l’apporto dei volontari quindi, afferma, tutto regolare per quel che concerne la gestione spontaneistica da parte di quella società civile attiva. Le politiche sociali, dunque, diventano questione di mera beneficenza e su chi risponde in caso di insorgenza di problemi sarà una questione “che riguarderà chi entra nella struttura e dà per scontato professionalità che professionalità non sono”.


Per quel che concerne le spese, Andriollo sostiene che il Comune di Bolzano ha già stanziato alcuni contributi ma di aver comunque appreso che i volontari sono costretti a comprare loro stessi i prodotti necessari (con costi che ormai hanno rasentato il migliaio di euro) da una mail inviata la settimana scorsa dai volontari stessi che ne lamentano la situazione: “Rimborseremo e verificheremo” promette.
Anche salto.bz ha voluto verificare, contattando direttamente Andrea Tremolada, responsabile della sezione locale della Croce Rossa.

 

“6000 euro al mese e pagamenti puntuali”

Stando a quanto detto dal coordinatore di sezione, sebbene sia la Croce Rossa referente della struttura e del progetto non si prende alcuna responsabilità per quei giorni in cui non sono presenti in prima persona con il loro personale. Quello che succede alla struttura e alle persone del centro durante i rimanenti tre giorni a settimana è responsabilità dei singoli volontari delle associazioni che, informalmente, hanno accettato di aiutare nella gestione, chiunque essi siano.
Su questo, sostiene Tremolada, c’è sempre stata chiarezza: “Questo è solo un progetto di volontariato, lo abbiamo proposto al Comune, che ha chiesto e ottenuto la concessione dalla Provincia, dicendo sin da subito che non riuscivamo a coprire tutti i turni e per questo abbiamo chiesto aiuto alle associazioni che operano sul territorio, ma non rispondiamo di quello che succede quando ci sono loro, che devono gestire il centro autonomamente. C’è sempre un margine di miglioramento, ma noi siamo soddisfatti. Se decine di persone arrivano tutti i giorni vuol dire che il Centro diurno è utile e alla fine non così lontano, considerando che vicino ci sono altre strutture in cui vengono ospitati richiedenti asilo”.

 

L’accordo con il Comune di Bolzano, spiega sempre Tremolada, prevede che a Croce Rossa vengano rimborsate le spese di gestione del posto, che comprendono anche l’acquisto di materiali, la pulizie e generi di prima necessità: “Noi abbiamo presentato un preventivo di spesa, sono circa seimila euro al mese” sostiene il responsabile, affermando che i pagamenti da parte dell'amministrazione sono sempre stati puntuali e che al centro diurno non è mai mancato nulla se non il detersivo la settimana scorsa e solo per qualche giorno a causa di un problema relativo all’ordine, poi risolto. Entro due settimane, sostiene ancora, dopo quattro mesi dalla seconda riapertura del Centro diurno, la Croce Rossa farà arrivare altre due lavatrici, da aggiungersi all'unica funzionante presente e utilizzata quoridianamente da decine di persone.
Su quello che succederà dopo novembre, data prevista per la chiusura del centro diurno e che spalanca le porte all’inverno, ancora non è dato a sapere. Per Andriollo ci sarebbe una trattativa in corso con la Provincia, per la Croce Rossa non si esclude che le stesse associazioni di volontariato - che secondo l’assessore alle politiche sociali “si devono emancipare” - possano farsi carico della gestione volontaria del centro diurno in toto, anche con il supporto del Comune, qualora fosse necessario.

 

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Max Benedikter Sab, 08/07/2021 - 19:32

La gestione sociale e politica del territorio nei riguardi delle persone povere costrette a vivere in strada ed emarginate è sempre lo stesso:
"Dobbiamo trattarli male, perché altrimenti vengono tutti da noi."
Con questa impostazione da 20 anni viene governato il fenomeno.
Mi vergogno di essere Bolzanino e di essere governato da giunte di centrosinistra.

Sab, 08/07/2021 - 19:32 Collegamento permanente