Società | Notti fuori / 8

L’isola che non c’era

Una visione utopica diventata realtà: da più di vent’anni la Haus der Solidarität di Bressanone apre le sue porte a persone in condizioni di marginalità e risponde alle sfide della società con modelli di intervento innovativi.
Haus der Solidarität Bx
Foto: Alessio Giordano/SALTO
  • Una mattina di fine gennaio l’assistente sociale Edward Adebiyi è il primo ad arrivare in ufficio. In casa regna il silenzio. “A quest’ora quasi tutti gli inquilini sono già andati al lavoro, mentre chi ha il turno pomeridiano o serale probabilmente sta ancora dormendo”, spiega Adebiyi mentre accende il computer, controlla le mail e il passaggio consegne e prende nota delle cose da fare: pianificare alcuni incontri di rete, fissare i colloqui di ammissione e gli appuntamenti di verifica con un paio di abitanti della casa. L’assistente sociale verifica poi lo stato della pulizia della cucina, dei bagni e delle altre aree comuni: nella sala da pranzo i tavoli e le sedie sono in perfetto ordine, in cucina i piatti e le tazze della colazione sono stati lavati. Una piacevole tranquillità aleggia nei corridoi della Haus der Solidarität (HdS), organizzazione sociale indipendente nata quasi come un’utopia più di vent’anni fa nel quartiere Millan a Bressanone.

  • Vent’anni di solidarietà

    “La HdS viene fondata nel 2002 su impulso di alcuni cittadini come uno spazio comunitario in cui abitare e, al contempo, ospitare persone in difficoltà”. Antonio Russo, membro del direttivo della cooperativa, ricorda così la nascita del progetto. Guardata all’inizio con un po’ di diffidenza dai brissinesi, la visione di un piccolo gruppo di cittadini si concretizza rapidamente e, in quello che un tempo era stato  il convitto studentesco dei missionari comboniani, si crea un vivace melting pot di lingue, esperienze e culture in cui la condivisione della quotidianità e dell’ambiente assume un ruolo fondamentale: dalla preparazione dei pasti, alla gestione e alla pulizia degli spazi. 

  • Gli inquilini della HdS contribuiscono alla preparazione dei pasti. Foto: Alessio Giordano / SALTO
  • “La Casa muove i suoi primi passi guardando soprattutto all’azione del missionario Luis Lintner (a cui è intitolata) fornendo un aiuto rapido a persone che si trovavano in una condizione di precarietà, il cui bisogno più urgente era avere un tetto sopra la testa”, spiega Russo, che sottolinea come “la HdS riuscì a rispondere rapidamente a questa necessità, dando loro la possibilità di poter guardare al futuro con un po’ più di serenità”. La casa, quindi, apre le sue porte a situazioni di vita eterogenee, accogliendo disoccupati, ex detenuti, persone che soffrono di una dipendenza o una psicopatologia e senza dimora, affermandosi come una realtà sociale innovativa per il panorama sudtirolese. La sua parabola è raccontata anche dal documentario “Der sechste Kontinent”, in cui il regista Andreas Pichler ripercorre la storia del progetto dagli inizi al 2016, per la HdS un anno di svolta.

     

    Dal 2002 la HdS ha accolto più di 1.600 persone.

     

    L’edificio in cui sorge la casa, infatti, deve essere demolito e, dopo qualche incertezza iniziale, il sodalizio brissinese trova una nuova sistemazione spostandosi di un centinaio di metri, sempre a Millan, alla Jakob Steiner Haus. “Nella nuova HdS la qualità della vita delle persone ospitate è decisamente migliorata e così i servizi offerti”, afferma Russo. Mantenendo lo spirito indipendente che l’ha sempre contraddistinta, la HdS punta su un’ulteriore professionalizzazione del suo intervento e amplia il team degli assistenti sociali da due a quattro. Allo stesso tempo, col mutare del panorama della grave emarginazione sul territorio, cambia anche il target delle persone che si rivolgono alla casa e i loro bisogni. Accogliendo sempre una quota di persone in condizioni di grave emarginazione, il progetto si confronta soprattutto con la questione “abitare” e le falle del sistema di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in provincia di Bolzano. Sono sempre di più, infatti, le persone che una volta terminato il periodo di accoglienza – ordinaria o straordinaria – non hanno un alloggio e bussano alla porta della HdS

  • Edward Adebiyi, assistente sociale della HdS Foto: Alessio Giordano
  • “Se fino a dieci anni fa con gli inquilini della casa era necessario strutturare un percorso a lungo termine per riuscire nel loro pieno inserimento nel tessuto sociale – precisa Edward Adebiyi –, oggi la maggior parte degli inquilini ha un lavoro stabile ma si scontra con l’estrema difficoltà di trovare un alloggio sul libero mercato”. Attualmente alla HdS vivono 47 persone; di queste più dell’80 percento è impiegato con un contratto a tempo indeterminato in aziende ben radicate sul territorio. Secondo Adebiyi “avrebbero tutti la possibilità di sostenere le spese di un affitto, ma complici la scarsità dell’offerta e il pregiudizio che colpisce chi proviene dai Paesi del Sud globale trovare casa sembra una missione impossibile”. 

     

    “Oggi la maggior parte degli inquilini ha un lavoro stabile ma si scontra con l’estrema difficoltà di trovare un alloggio sul libero mercato.” 

     

    È questa, per esempio, la condizione in cui si trova M., giovane uomo bengalese che si affaccia in ufficio per chiedere ad Adebiyi se ci sono novità circa la data dell’udienza in cui verrà preso in esame il suo ricorso contro il diniego della Commissione Territoriale alla sua richiesta di protezione internazionale. L'assistente sociale scuote il capo. “Ancora niente”, gli dice, poi spiega: “M. è in questo limbo da un paio di anni. In questo arco di tempo ha trovato lavoro e, anche con il suo permesso di soggiorno di richiesta asilo con validità semestrale, avrebbe tutte le carte in regola per vivere in autonomia”. Impiegato da tempo in una ditta di pulizie, M. sta cercando casa, ma finora senza successo. Se la HdS è una tappa quasi obbligatoria per chi non ha ancora ottenuto il riconoscimento di una protezione, la situazione è la medesima anche per chi questo status giuridico lo ha già ottenuto.  Il caso di O., 26enne gambiano, in questo senso è paradigmatico. 

  • Chi cerca non trova

    Quando O. rientra a casa dal lavoro fuori è già buio. “In inverno va così, esco che praticamente è ancora notte e torno quando è di nuovo tutto scuro”, afferma il 26enne, che da due anni vive in Alto Adige, a Bressanone, dove è impiegato in una nota azienda locale. La traiettoria che ha portato il giovane ad attraversare l’Italia da Sud a Nord per giungere infine in Sudtirolo parte nel 2015 da Spoleto, in Umbria, e fa tappa a Borgo Mezzanone, nelle campagne in provincia di Foggia, borgo salito agli onori delle cronache per le condizioni di sfruttamento a cui sono costretti i lavoratori agricoli. Una situazione che l’inquilino della HdS ha conosciuto bene. “Lì non era garantito alcun diritto: non c’erano contratti e venivamo pagati a discrezione dei caporali”, racconta. O. rimane in Puglia alcuni mesi, fino a quando un amico dall’Alto Adige lo convince a trasferirsi, perché “mi diceva che qui avrei avuto migliori possibilità”. 

     

    “Le case in affitto sono poche, ma sono ancora meno i proprietari disposti ad affittarle a noi stranieri.”

     

    Una volta in provincia di Bolzano si muove subito per cercare lavoro e alloggio. Il primo non tarda ad arrivare, ma per la casa trova solo porte chiuse. Viene a sapere dell’esistenza della HdS, così si presenta per un colloquio conoscitivo. Il suo nome viene inserito in lista di attesa e dopo alcuni mesi la sua domanda viene accolta e gli viene assegnato un posto letto in una stanza tripla. “Qui mi sarei voluto fermare poco tempo, anche per dare ad altri la possibilità di accedere – confessa –, ma la ricerca casa continua a non dare frutti”. Con uno stipendio di circa 1.700 euro O. potrebbe permettersi l’affitto di un monolocale, riuscendo a coprire agilmente anche tutte le spese accessorie, ma evidentemente per i locatari di immobili a cui si è rivolto finora queste garanzie non sono sufficienti. “Dobbiamo essere sinceri: le case disponibili sono poche, ma sono ancora meno i locatari disposti ad affittarle a noi stranieri, soprattutto se Neri”. Di esperienze negative in questo senso il 26enne gambiano ne ha collezionate diverse. “Spesso dopo aver risposto a un annuncio e aver parlato al telefono con i proprietari, sembra che l’appartamento sia già mio – racconta –. Poi, però, quando mi presento per visionarlo, all’improvviso l'immobile non è più disponibile”. 

  • “Per la prima volta da quando sono arrivato in Italia alla HdS ho trovato un po’ di stabilità.” Foto: Alessio Giordano / SALTO
  • Tra lavoro e ricerca alloggio, il poco tempo libero che ha a disposizione O. lo dedica alle sue passioni: la corsa e la lettura. A Spoleto si era unito a una squadra di atletica e gareggiava sui 200 e i 400 metri. “Nella prima distanza avevo realizzato un ottimo tempo – 22 secondi –, poi è arrivato il covid, l’attività sportiva ha subito un lungo stop e per lavorare mi sono trasferito in Puglia”. Anche se ha detto addio alla carriera agonistica a Bressanone si allena ancora un paio di sere a settimana insieme a un’amica, mentre a casa, invece, trascorre il tempo leggendo, soprattutto testi filosofici e biografie. “La corsa e la lettura mi permettono di staccare ed evadere per qualche ora dalle difficoltà”, dice. Il pensiero di O. torna sempre alla casa che ancora non c’è. Ogni sera il 26enne monitora gli annunci immobiliari sui giornali e sui diversi portali online, certo che “prima o poi troverò qualcosa. Intanto sono contento di avere un posto alla HdS, dove per la prima volta da quando sono in Italia ho trovato un po’ di stabilità. È un privilegio che non tutti hanno.”

  • Porte aperte sul futuro

    “Da parte nostra credo sia doveroso mettere sul tavolo la credibilità che abbiamo costruito con il lavoro di questi due decenni e proporre visioni nuove, coinvolgendo istituzioni, cittadinanza e imprese, per scardinare le difficoltà che molti incontrano nella ricerca di un’abitazione”, riprende Edward Adebiyi. Da due anni la HdS sta evolvendo proprio in questa direzione, provando a tessere relazioni con soggetti pubblici e privati con l’obiettivo di disporre di alloggi da affittare a un prezzo calmierato alle persone che supporta. “Il modello classico della HdS, seppur necessario per tamponare situazioni di emergenza, per certi versi è superato e per questo abbiamo provato a dare vita a nuove declinazioni dell’‛abitare solidale’”. 

  • Al Fischerhaus di Vanoies la HdS ha realizzato quattro unità abitative indipendenti e le ha affittate a prezzo calmierato a otto dei suoi inquilini. Foto: Alessio Giordano
  • Il primo esperimento è iniziato nel 2023 in Val Pusteria, più precisamente al Fischerhaus di Vandoies, edificio che nello scorso decennio era stato adibito a Centro di accoglienza straordinaria e ha ospitato in due fasi distinte una quarantina di richiedenti asilo, prima uomini singoli, poi famiglie. La realtà sociale di Bressanone ha sottoscritto con il Comune di Vandoies un contratto di concessione della durata di otto anni. “Alla fine del 2023 si sono trasferite al Fischerhaus sette persone e con ciascuna di loro abbiamo stipulato un contratto di subaffitto ‛3+2’ a un canone di 200 euro mensili”, spiega Adebiyi. Rispetto al passato, la casa ha cambiato aspetto e, dopo i necessari lavori, oggi è suddivisa in quattro unità abitative indipendenti: due da due persone, una da tre e un monolocale. “Ogni appartamento è fornito di camere singole, così che ciascuno possa godere della propria privacy dopo anni vissuti in stanze o camerate condivise”, precisa l’assistente sociale. Per decidere chi tra gli abitanti della HdS si sarebbe trasferito, gli assistenti sociali e il direttivo hanno individuato dei criteri precisi: ordine di ingresso in casa, maggiore stabilità lavorativa e distanza dal luogo di lavoro. Gli abitanti del Fischerhaus hanno un impiego stabile in aziende del circondario e il progetto, entrato da poco nel suo terzo anno di vita, secondo Adebiyi, “a oggi sta dando ottimi risultati”.

     

    “Da parte nostra è doveroso proporre visioni che scardinino le difficoltà che molti incontrano nella ricerca di un’abitazione.”

     

    Se la collaborazione con il Comune di Vandoies, dunque, è ormai decollata, inizia a muoversi qualcosa anche nel settore privato. Tra poche settimane, infatti, la HdS inaugurerà il primo “appartamento della solidarietà” a Bressanone. A differenza di quanto accaduto in Val Pusteria, in questo caso è stato un privato cittadino a mettere a disposizione della cooperativa brissinese un immobile di sua proprietà: quattro stanze singole affittate a un prezzo accessibile (300 euro ciascuna le stanze più piccole, 400 euro quella con la metratura più ampia e il balcone) verranno abitate presto da alcuni attuali inquilini della HdS. “Anche questa volta le candidature non sono mancate e in questi giorni stiamo svolgendo i colloqui con le persone interessate”, dice Adebiyi, che spera “in un effetto emulativo tra i cittadini per creare nuove opportunità abitative e dare così a tanti altri la possibilità di vivere in autonomia”. 

  • Ogni anno, di solito l'ultimo weekend di maggio, la HdS organizza il festival Zugluft, da decenni appuntamento fisso per migliaia di sudtirolei. Foto: Haus der Solidarität
  • Per raggiungere questo obiettivo la HdS continua il profondo lavoro di sensibilizzazione: cene interculturali a cadenza mensile aperte alla cittadinanza, visite guidate della casa per classi, gruppi di giovani e aziende e il festival Zugluft, da vent’anni appuntamento fisso per migliaia di sudtirolesi sono alcune delle attività organizzate e portate avanti con successo dal team della casa, con il prezioso aiuto di decine di volontari. “Questi momenti sono fondamentali, perché permettono alla cittadinanza di avvicinarsi a realtà di vita di cui sentono parlare – spesso male – solo sui giornali o alla televisione, ma che viste da vicino non fanno poi così paura e, anzi – conclude Adebiyi, – come dimostra la storia dell’HdS proprio la prossimità e il dialogo hanno il potere di innescare soluzioni innovative per il futuro di chi oggi si trova in difficoltà”. 

  • La Haus der Solidarität “Luis Lintner” può accogliere circa 50 persone e dispone di camere singole, doppie e triple. Il costo per un posto letto va da 233 euro a 387 euro. All’esterno della casa, inoltre, vi è una tiny house, in cui una persona può vivere in piena autonomia. L’affitto mensile di questa unità abitativa indipendente è di 450 euro. A turno ciascun inquilino della casa è tenuto a contribuire alla preparazione del pranzo o della cena e alla pulizia degli spazi comuni. In quanto cooperativa sociale indipendente la HdS non beneficia di contributi pubblici. L’organizzazione finanzia le sue attività grazie a donazioni, all’incasso degli affitti e al ricavato degli eventi che organizza, come per esempio il festival Zugluft, che ogni anno – di solito l’ultimo weekend di maggio – richiama a Bressanone migliaia di persone. Il team della HdS è composto dalla direttrice Elizabeth von Lutz, dalle assistenti sociali Nicola Erler, Edward Adebiyi, Johanna Nicolaides e Lou Varesco, dall’impiegata amministrativa Christina Fischnaller e dal manutentore e Hausmeister Norbert Windisch. Dal 2002 a oggi la HdS ha aperto le sue porte a più di 1.600 persone.