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“Rischioso aprire anche con Rt sotto 1”

Lo dice uno studio di Iss, Inail e Fbk. “Pericolo nuova ondata con riapertura licei”. L'Ordine dei medici Alto Adige: “Con la situazione attuale inopportuno allentare”.
Corona-Screening
Foto: LRV Weißes Kreuz

Imboccata la “via altoatesina”, con la riapertura ieri (7 gennaio) di numerose attività, negozi, bar e ristoranti e il ritorno in classe degli studenti delle scuole superiori, resta vigile l’occhio sui dati dei contagi da coronavirus che non accennano a diminuire. Anzi. L’indice Rt, che per giorni ha segnato lo 0,75, è salito a 0,91.

Stupore per la decisione della Provincia in merito all’apertura delle attività nel settore del commercio e della ristorazione, “tenuto conto delle cifre di infezione considerevolmente elevate” in Alto Adige, viene espresso dall’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. “Anche nel caso del solo calcolo ottimistico dei numeri, basato sui test PCR positivi, che è diventato di recente una consuetudine, ci troviamo nell'intervallo dell’indice ormai costante di oltre 200 infezioni/settimana/100.000 abitanti - scrivono i medici in una nota -. Con questo valore i nostri vicini (al sud e al nord) hanno imposto per legge un lockdown senza compromessi. Per non parlare dei numeri reali (PCR - e test dell’antigene), che hanno fatto salire ulteriormente l'indice a oltre 500.
In presenza di questi numeri appare assolutamente inopportuno e vivamente sconsigliato, dal punto di vista medico operare un allentamento delle restrizioni in atto”.

Sulla stessa linea i ricercatori di Fondazione Bruno Kessler (FBK), Istituto Superiore di Sanità (ISS) e Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (INAIL) che hanno realizzato uno studio basato sui dati della prima ondata dell’epidemia e pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science of the United States (PNAS). “Allentare le restrizioni quando l’incidenza delle infezioni da Sars-CoV-2 è ancora alta può portare ad un rapido nuovo picco dei casi, e quindi dei ricoveri, anche se l’Rt è inferiore ad 1” è la tesi degli esperti.


Lo studio

 

Alla base della ricerca c’è un modello di trasmissione del virus usato per stimare l’impatto di diverse strategie di mitigazione introducendo anche la stima del rischio nei diversi settori produttivi in maniera innovativa.

In merito alla tempistica con cui vengono riattivati i contatti sociali, la ricerca mostra che un anticipo prematuro delle riaperture può incidere notevolmente sull’andamento dell’epidemia. Ad esempio, anticipare al 20 aprile la fine del lockdown avvenuta il 18 maggio avrebbe potuto generare un incremento di circa il 500% delle ospedalizzazioni cumulative rispetto a quelle osservate da maggio fino a fine settembre.
Secondo gli esperti l’Rt minore di 1 è necessario per permettere margine di azione dopo il rilascio delle restrizioni, mentre la bassa incidenza è necessaria per mantenere il livello dei casi, e quindi di ospedalizzazioni e decessi, approssimativamente costante dopo che Rt ritorna a valori vicini a 1 a seguito delle riaperture.

“L’incidenza dei casi - spiega Stefano Merler, ricercatore FBK - deve essere sufficientemente bassa da poter essere gestita dai sistemi di prevenzione con l’isolamento e la quarantena dei contatti. Basandosi sul periodo in cui i servizi di prevenzione hanno cominciato ad andare in sofferenza a causa dell’aumento di incidenza di casi durante la seconda onda, questa incidenza dovrebbe essere inferiore a circa 50 casi settimanali ogni 100000 abitanti”. E ancora: “La ricerca mostra che il potenziale di trasmissione di Covid-19 è ancora altissimo e suggerisce estrema cautela nella scelta dei contatti sociali che vengono riattivati e nella tempistica di riattivazione degli stessi”.

Gli autori dello studio hanno stimato che la popolazione italiana che si è infettata fino allo scorso 30 settembre era pari a circa il 4,8% del totale, con grandi differenze tra regione e regione (circa l’11% in Lombardia, il 2% in Lazio e l’1% in Campania). Come conseguenza, l’analisi suggerisce che gli effetti delle riaperture possono essere diversi da regione a regione a seguito dei diversi livelli di immunità raggiunta e della diversa prevalenza di infezione. La ricerca suggerisce anche un possibile ruolo della struttura demografica, con un minore impatto di Covid-19 nelle regioni con popolazione più giovane.

 

Il rischio con le scuole

 

Riaprire le scuole di ogni ordine e grado e riattivare quasi completamente i contatti sociali senza severe misure restrittive potrebbe determinare un’onda epidemica non contenibile, sostengono i ricercatori. L’analisi condotta non permette di distinguere tra infezione trasmessa all’interno degli edifici scolastici e infezione trasmessa durante le attività peri-scolastiche (es. trasporti, possibili assembramenti fuori degli edifici scolastici, attività extra-scolastiche), si legge nel report.
La riapertura, dagli asili fino alle scuole medie, chiariscono gli autori, potrebbe avere un impatto limitato sulla trasmissibilità di SARS-COV-2 a causa della minor suscettibilità all’infezione dei bambini e ragazzi fino a circa 14 anni di età.