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Quei voti perduti

Viaggio controcorrente nei flussi elettorali altoatesini degli ultimi tre decenni.

Se voi foste il titolare di un'azienda che negli ultimi trent'anni ha visto diminuire di due terzi delle vendite del vostro prodotto, vi porreste, almeno in linea ipotetica, una semplice domanda: ho sbagliato qualcosa nella mia attività?

Anche la politica, se vogliamo, è un'azienda come le altre con i partiti che, periodicamente, cercano di vendere, con maggiore o minor fortuna, il loro prodotto alla platea degli elettori. Ebbene, nel caso che andiamo a esaminare abbiamo un'azienda politica, quella del centro sinistra altoatesino di lingua italiana, che negli ultimi trent'anni ha visto diminuire in maniera vertiginosa il proprio fatturato in termini di voti conseguiti e quindi di seggi occupati nelle assemblee elettive ed ancora, ovviamente, in termini di posizioni di responsabilità e di gestione del potere. Solo che in un mondo dalla memoria cortissima come quello della politica il ritornare indietro nel tempo di molti anni è un esercizio che nessuno ama fare. Semmai, all'indomani di un risultato elettorale poco gradevole, si cerca nel recente passato qualche paragone meno negativo degli altri per poter sminuire i termini della sconfitta. Un'analisi un po' più accurata può invece essere utile per capire come si sono orientati nel tempo i flussi elettorali e dove sono andati a finire quei voti che un tempo riempivano le urne di determinati partiti e che oggi sembrano volatilizzati nel nulla.

Cominciamo a interrogare le cifre partendo dall'organo più importante: il consiglio provinciale.

Alle elezioni dell'autunno 1983 i partiti la cui eredità è stata raccolta, in tempi recenti, dal PD, e cioè il Partito Comunista, la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista ottennero, tutti assieme, la bellezza di 54.627 voti, pari al 19,07% dei consensi e ottennero in totale sei seggi, di cui tre per la Dc, due per il Pci è uno per il PSI. Tanto per dare subito un termine di paragone, alle ultime elezioni provinciali del 2013, il Partito Democratico ha ottenuto 19.210 voti, pari al 6,7% ed ha ottenuto, come noto, solo due seggi.

In tre decenni questo blocco politico ha perso i due terzi dei seggi e una quota poco minore, ma non di molto, in termini di voti.

Bisogna certamente tener conto che la situazione politica di allora era sostanzialmente diversa da quella di oggi con i comunisti all'opposizione e gli altri due partiti nelle giunte di governo, ma l'elemento non cambia di molto la valutazione dei risultati, anche perché si è evitato di inserire nel blocco nel 1983 i partiti laici che pure, sia pur con diverse sfumature e in modo meno continuo, facevano parte delle maggioranze di governo provinciali di quei tempi.

Ci sono dunque venticinquemila voti che negli ultimi tre decenni hanno cambiato casa oppure l'hanno perduta del tutto. Capire dove sono finiti potrebbe essere un esercizio interessante anche per intuire quali sono gli sviluppi futuri del fragile assetto politico del gruppo di lingua italiana in provincia di Bolzano. Prima di affrontare il viaggio tra i numeri elettorali di questi tre decenni, sarà bene comunque completare il confronto tra le due tornate elettorali anche per quel che riguarda le altre forze politiche.

Partiamo ovviamente con la Suedtiroler Volkspartei. Nel 1983, ancora nel pieno dell'era Magnago, la stella alpina ottenne 170.125 voti, pari al 59,44% e fece bottino di ben 22 seggi sui 45 in palio. Trent'anni dopo il logoramento del lungo potere esercitato si fa sentire anche per il partito di raccolta: nel 2013 i voti raccolti sono 131.255, con una percentuale del 45,7% e i seggi ottenuti sono scesi a 17. Il calo c'è stato,e sappiamo che si è manifestato soprattutto negli ultimi anni, ma non è neppure lontanamente paragonabile per dimensioni a quello del centro-sinistra italiano. Qui c'è poi un piccolo - grande mistero. È indubbio che i voti sfuggiti alla rete della Suedtiroler Volkspartei siano finiti tra le maglie di quelle dei partiti di opposizione della destra sudtirolese, ma questo non basta a spiegare il loro clamoroso successo. Torniamo alle cifre e al paragone con le elezioni del 1983. Allora si presentarono tre partiti che possiamo definire di opposizione di sola lingua tedesca: lo Heimatbund di Eva Klotz, il PDU e lo SPS. Tutti assieme ottennero 18.097 voti pari al 6,3% e due seggi dato che i socialisti di lingua tedesca rimasero fuori dal consiglio. Alle ultime elezioni le tre formazioni della destra sudtirolese, e cioè i Freiheitlichen , La Suedtiroler Freiheit di Eva Klotz e Sven Knoll e La Buergerunion di Andreas Poeder hanno totalizzato complessivamente 78.318 voti pari al 27,2% conquistando, grazie anche al gioco dei resti, ben 10 seggi. La differenza di voti, rispetto trent'anni fa, è di oltre 60.000 consensi, quando la Suedtiroler Volkspartei, nello stesso periodo ne ha persi meno di 40.000. Ci sono quindi almeno 20.000 voti che oggi cadono sui partiti che, con maggiore o minore intensità, propugnano l'autodeterminazione e il distacco dell'Alto Adige dall'Italia e che, apparentemente, non sono arrivati da ex elettori della stella alpina.

Non sono arrivati, questo è altrettanto certo, dal fronte dell'opposizione di sinistra (escluso ovviamente il PCI) e da quello alternativo/ecologista. Nel 1983 la Lista Alternativa presentata cinque anni prima da Alex Langer ottiene 12.942 voti pari al 4,52% e conferma i due consiglieri della legislatura precedente. Alle elezioni è presente anche la lista di Democrazia Proletaria che incassa 1.248 voti, pari allo 0,46% e non ottiene nemmeno un seggio. Alle ultime provinciali i Verdi contengono la bellezza di 25.070 voti, pari all'8,7% e raggiungono i tre seggi. Si presentano anche Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani, i cui voti sommati sono 1764, pari allo 0,7%. Nessun seggio. Come si vede in trent'anni l'area complessiva che vede assieme i partiti della sinistra oltre il PCI e gli alternativi/ecologisti è cresciuta complessivamente di ben 10.000 voti.

Per completare il quadro non resta che esaminare il centrodestra italiano. Prima di andare alle cifre occorre fare una premessa: il 1983 è una data che precede il grande boom elettorale della destra italiana in Alto Adige. Le cifre sono ancora abbastanza simili a quelle che hanno segnato la presenza di questo settore politico nei decenni precedenti. Degli sviluppi successivi ci occuperemo più oltre.

Alle provinciali del 1983 il Movimento Sociale Italiano ottiene dunque 16.829 voti, pari al 5,88% e conquista due seggi. Alle ultime elezioni provinciali la destra si presenta divisa in quattro formazioni e ottiene un risultato migliore: 19.668 voti, pari al 6,9%, ma, proprio a causa del frazionamento ottiene sempre solo due seggi. Le liste presenti, tanto per essere precisi, sono quelle di Alto Adige nel cuore, quella che raggruppa assieme Forza Italia, Lega Nord e Team Autonomie di Elena Artioli, La Destra di Minniti e Unitalia.

Un cenno per completare aritmeticamente il quadro del confronto va fatto, per quel che riguarda le elezioni del 1983, al terzetto dei cosiddetti "partiti laici", ovverossia PRI, PLI, PSDI, il cui posizionamento politico, con molte sfumature diverse, e in parte riconducibile nel corso del tempo all'area di governo del centro-sinistra e in parte all'opposizione di centro-destra. Le tre formazioni politiche ottennero, in quella consultazione la bellezza di 11.711 voti pari all'incirca al 4% dell'elettorato. Per quel che riguarda invece le più recenti provinciali vanno ricordati i risultati del Movimento 5Stelle, che, con 7100 voti e 2,5% dei consensi ha conquistato un seggio in consiglio provinciale e della lista Scelta Civica che, invece, con i suoi 4525 voti, pari all'1,6% dei consensi ha mancato l'obiettivo.

Abbiamo così fissato la linea di partenza della linea di arrivo del nostro viaggio attraverso il voto in Alto Adige negli ultimi tre decenni. Abbiamo constatato come in questo lasso di tempo, il centro-sinistra italiano abbia smarrito per strada i due terzi dei suoi voti e dei suoi seggi, come la crescita impetuosa dei partiti della destra sudtirolese sia andata ben oltre la perdita di consensi, che pure c'è stata, da parte della Suedtiroler Volkspartei, come il centrodestra italiano sia finito a disperdere in mille rivoli l'eredità missina.

Per meglio capire come sono cambiati gli orientamenti elettorali occorre però seguirli in quest'arco di tempo elezione per elezione. È quel che faremo nel prossimo articolo di questa serie. (1 - segue)

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Alberto Stenico Lun, 08/10/2015 - 08:40

Grazie, Maurizio, per l'ottimo lavoro di approfondimento che ci metti a disposizione! Il "problema" della speciale democrazia altoatesina è però quello che i partiti che hanno perso i due terzi dei voti possono continuare a rappresentare gli italiani in forma monopolistica nel governo provinciale e naturalmente anche ad occupare le stesse quote di potere economico ed istituzionale nelle infinite strutture pubbliche o similpubbliche, come le società strumentali. Quindi la tua domanda iniziale ha una risposta: il potere politico italiano in Alto Adige è una variabile indipendente dai voti degli elettori; si governa con la proporzionale, coi rapporti con Roma e molto meno con i voti dei propri elettori.

Lun, 08/10/2015 - 08:40 Collegamento permanente
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Francesco Palermo Lun, 08/10/2015 - 15:25

Ottimo commento come sempre, grazie davvero! Mi pare che andrebbe considerata anche la variabile del "voto etnico". Stando ai censimenti (anche se sappiamo quanto valgono) il gruppo italiano è passato dal 28,70 del 1981 al 26,06 del 2011. Forse anche questo, insieme al fatto che, fortunatamente il fenomeno del voto etnico va attenuandosi (ma non è sparito), è un elemento che può avere una sua incidenza nei flussi.

Lun, 08/10/2015 - 15:25 Collegamento permanente