Economia | Welfare

Europa e Stato Sociale in pericolo

L’Italia è tra i cinque paesi europei in cui si registra un preoccupante arretramento democratico. Il welfare è diventato un peso?
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
welfare crisi
Foto: AI
  • Negli ultimi quarant’anni, il neoliberismo ha dominato il panorama politico ed economico in Italia e in gran parte dell’Occidente, subordinando ogni componente produttiva della società alle logiche del mercato e del profitto. Questo ha portato a un progressivo smantellamento dello Stato sociale, con l’aumento delle disuguaglianze e l’indebolimento delle tutele per i cittadini. Il malcontento generato da queste politiche ha alimentato ideologie di destra, spesso fondate sulla paura e sulla sfiducia nelle istituzioni democratiche, contribuendo così a un attacco diffuso alla democrazia.

    Secondo un recente rapporto della Civil Liberties Union for Europe, l’Italia è tra i cinque paesi europei (insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia) in cui si registra un preoccupante arretramento democratico. Il fenomeno si manifesta con interferenze sulla magistratura, indebolimento delle leggi anticorruzione, attacchi alla stampa e censura sull’informazione pubblica. La contrazione delle libertà democratiche è strettamente connessa all’insicurezza sociale ed economica, frutto di deregolamentazioni e tagli al welfare. Ne è un esempio la sanità pubblica italiana, sempre più sotto pressione, che spesso costringe i cittadini più fragili a rinunciare alle cure o a rivolgersi, se possono, al privato.

    Numerosi studi dimostrano che un welfare solido non è solo un costo, ma un investimento strategico, capace di rafforzare la produttività e la resilienza delle democrazie europee. Questo è particolarmente importante di fronte a sfide globali come l’invecchiamento della popolazione, il cambiamento climatico e l’automazione, che richiedono risposte politiche coordinate e inclusive.

  • Allontanamento dai fasti del dopoguerra

    L’Europa ha storicamente rappresentato la culla del welfare moderno. Nel secondo dopoguerra ha costruito un sistema di protezione sociale fondato su un forte intervento pubblico e su investimenti mirati in sanità, istruzione e formazione. Questo modello ha permesso di raggiungere tassi di occupazione spesso superiori a quelli degli Stati Uniti, dimostrando che il welfare può essere un motore di sviluppo economico. Ha inoltre garantito sicurezza, ridotto le disuguaglianze e rafforzato la coesione sociale.

    Con l’avvento di Trump, gli Stati Uniti hanno avviato un riposizionamento strategico  che oggi si manifesta con un appello all’Europa perché provveda a riarmarsi e anche con la nuova guerra commerciale dei dazi. Questo scenario richiede una risposta unitaria e responsabile. Tuttavia, sebbene la maggior parte dei cittadini europei veda con preoccupazione l’aumento delle spese militari, molti lo considerano necessario per difendere i valori democratici, le libertà individuali e lo Stato di diritto.

  • Investimenti

    Cresce però il timore che l’aumento delle spese per la difesa avvenga a scapito dello Stato sociale. Una scelta simile indebolirebbe la resilienza economica e politica dell’Europa, finendo per avvantaggiare i suoi avversari. Alcuni paesi europei dimostrano che è possibile bilanciare efficacemente welfare e difesa:

    • Paesi nordici (Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia): mantengono alti livelli di protezione sociale, pur aumentando le spese militari in risposta alle tensioni geopolitiche. Svezia e Finlandia, ad esempio, sono entrate nella NATO.
    • Germania: durante la crisi del 2008 ha sostenuto l’occupazione con il programma Kurzarbeit, evitando licenziamenti. Oggi spende il 2% del PIL per la difesa, senza ridurre i servizi sociali.
    • Francia: unisce una delle spese sociali più elevate d’Europa a un significativo investimento in difesa.
  • E in Italia?

    Per l’Italia – uno dei principali produttori di armi in Europa – la vera sfida è rendere sostenibile questo doppio impegno. Con un debito pubblico elevato e una crescita modesta, è essenziale reperire risorse adeguate per sostenere welfare e difesa.

    Come sostiene la CGIL, serve una riforma fiscale strutturale che allarghi la base imponibile, combatta seriamente l’evasione e redistribuisca la ricchezza in modo più equo. È inoltre fondamentale utilizzare con efficacia i fondi europei e pianificare la spesa pubblica in modo strategico, puntando su settori innovativi, sostenibili e ad alta intensità occupazionale. Solo così sarà possibile rilanciare la crescita, aumentare le entrate e tutelare i diritti sociali senza sacrificare le conquiste democratiche.

    Per concludere, l’Europa deve tornare ai suoi ideali fondanti, in particolare alla coesione sociale, che è stata la base del suo modello economico e sociale. Next Generation EU aveva segnato un passo in questa direzione, ma quella visione sembra oggi indebolita da nuovi populismi e nazionalismi. Il piano ReArm Europe, di fatto, appare più come una somma di riarmi nazionali che come un’autentica difesa europea.
    Per costruire una nuova Europa, più forte e autorevole, serve ripartire dai territori più fragili e ridurre le disuguaglianze. Solo così potremo ritrovare il senso di un percorso comune e rafforzare l’identità europea, basata sul suo modello sociale unico.

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