Film | salto weekend

Women Talking

Le donne di una comunità ultrareligiosa alle prese con una realtà brutale. Un film dalle grandi premesse che finisce per non essere radicale come ci si aspetterebbe.
Women Talking
Foto: Screenshot

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Il 14 giugno esce al Filmclub Women Talking, l’ultimo film di Sarah Polley, già regista del notevole e toccante Away from her che affrontava il tema della malattia neurodegenerativa con protagonista una splendida Julie Christie; dell’intensa pellicola indie Take This Waltz e dell’intimo documentario Stories We Tell. Women Talking non ha la stessa “tempra” dei precedenti e purtroppo non riesce a sfuggire completamente a uno strato di artificio.

Cos’è

Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Miriam Toews e vincitore del premio Oscar per la Migliore sceneggiatura non originale a Sarah Polley, è ambientato nel 2010 in una fattoria in Canada e racconta la storia di un gruppo di donne appartenenti a una colonia mennonita isolata che per anni sono state drogate con tranquillanti per mucche e violentate regolarmente durante la notte dagli uomini della loro comunità. I padri stuprano le figlie, i fratelli le sorelle. Alle donne veniva detto che a violarle erano fantasmi, demoni o Satana in persona per punirle a causa dei loro cattivi comportamenti. Una menzogna a cui hanno creduto fino a quando, una notte, due ragazze non hanno visto uno degli stupratori mentre rientrava di corsa attraverso il campo. Alcuni degli uomini vengono arrestati, altri vanno in città per ottenere una cauzione.

Mentre sono lontani le donne - alle quali la colonia ha ordinato di perdonare la controparte pena la dannazione eterna - organizzano una votazione per decidere quale sarà il loro futuro. Hanno davanti tre scelte: non fare nulla, rimanere e battersi per far valere i propri diritti o andarsene. Quando le ultime due opzioni risultano in parità, otto donne vengono delegate per riunirsi e deliberare.
Stellare il cast: da Rooney Mara a Claire Foy, da Jessie Buckley a un pucciosissimo Ben Whishaw che probabilmente piange più di quanto abbia mai visto piangere qualcuno in un film, a Francis McDormand - a cui fra l’altro si deve l’idea del progetto cinematografico.

Women Talking | Official Trailer

 

Com’è

Va da sé: l’argomento attorno al quale ruota il film - che è basato su una vicenda realmente accaduta - è un cazzotto in faccia con il tirapugni, Polley confida quindi nell’orrore implicito della storia per cui le donne sono state violentate dai propri fratelli e padri, non soffermandosi mai più del necessario su questo aspetto. Al contrario la fotografia di Luc Montpellier che ha desaturato fino all’osso le immagini è discreta quanto il clacson di un tir nel suo intento, aggiungendo una fatale pennellata di noia al racconto. C’è un ovvio valore nella riflessione emotiva di Women Talking sul potere patriarcale come struttura, sull’ultraconservatorismo religioso e sull’abuso sessuale ma risulta un filino difficile credere che donne così poco istruite parlino come attiviste della lotta femminista su Tiktok.

L’impostazione del film è teatrale, ci sono lunghe scene di dialogo e le discussioni che portano alla decisione sono intellettualmente ed emotivamente avvincenti, amplificate dalla colonna sonora di Hildur Guðnadóttir (già autrice delle musiche di Joker, Tár e Chernobyl la serie, fra gli altri). Il confronto verbale all’interno dell’assemblea riguarda la violenza e la sua moralità, i soprusi psicologici, la natura del vero perdono, la responsabilità degli uomini della colonia che non figurano tra gli aggressori, la vendetta e la sopravvivenza, il senso di colpa e la vergogna delle donne per la loro complicità con gli abusi degli uomini e la fede cristiana nel cui nome questi abusi sono stati perpetrati. Il punto è che il linguaggio e la scrittura sono radicali, messa in scena e performance (per quanto appassionate) molto meno. È un film che ha bisogno di immersione, ma potrebbe perdervi appena infilate i piedi nell’acqua.