Politica | Referendum

“A sinistra la cittadinanza è divisiva”

In Alto Adige vince il no sulla riduzione dei tempi di richiesta. Zeqo (Consulta provinciale per l’integrazione): “Determinanti disinformazione e criminalizzazione del fenomeno migratorio”.
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Foto: Seehauserfoto
  • In Alto Adige, il referendum sulla riduzione dei tempi per la cittadinanza italiana da 10 a 5 anni ha avuto un esito particolare: a fronte della bassa affluenza – ferma al 15,9% – la provincia di Bolzano è stata l'unica in Italia dove i "no" hanno prevalso sui "sì", con il 52% contrari contro il 48% dei favorevoli. Dato in controtendenza con quello nazionale, in cui il referendum sulla cittadinanza vede i sì al 65,5% e i no al 34,5%. Se gli elettori di centro destra non sono andati a votare, spinti dagli stessi esponenti del governo centrale, è evidente che una parte degli elettori di centro-sinistra, che hanno votato a favore dei quesiti referendari sul lavoro, si sono detti contrari alla riduzione dei tempi di attesa per richiedere la cittadinanza italiana. 

    “È un tema divisivo anche a sinistra”, dichiara Erjon Zeqo, vicepresidente della Consulta provinciale per l’integrazione. “La disinformazione dell'elettore medio fa sì che molte persone non abbiano chiaro né l'iter né la durata del processo che affronta chi chiede di ricevere la cittadinanza italiana”. Secondo Zeqo infatti, è importante chiarire che l'ottenimento della cittadinanza rimane un provvedimento di natura discrezionale dell'amministrazione statale. “Dopo 10 anni di residenza ininterrotta non si ottiene automaticamente la cittadinanza, ma si acquisisce la possibilità di presentare richiesta, che può essere respinta senza nemmeno dover motivare il diniego. Non solo, all'interno della normativa esistono motivi ostativi, come ad esempio aver commesso reati, e non c'è garanzia di successo nemmeno dopo aver completato i 10 anni di residenza e aver presentato la domanda”, spiega Zeqo, che nel ’98 presentò a sua volta la richiesta per la cittadinanza e la ottenne ufficialmente solo nel 2010.

  • Erjon Zeqo: “La criminalizzazione del fenomeno migratorio ha sicuramente avuto un impatto sul ‘no’” Foto: Seehauserfoto
  • Secondo Zeqo il motivo per cui l’Alto Adige si è schierato contro la riduzione dei tempi per la cittadinanza ha diversi fattori. “La criminalizzazione del fenomeno migratorio ha sicuramente avuto un impatto, amplificato da episodi di cronaca recenti – come il caso delle scimitarre per le vie del centro. Questi eventi hanno fornito argomenti facili a chi sosteneva il "no". La strategia è stata quella di far credere che abbassando il requisito della cittadinanza a cinque anni, persone coinvolte in episodi di violenza sarebbero diventate cittadine più facilmente, ma ovviamente non è così. Anche qui torniamo al problema della disinformazione dell'elettore medio”. 

     

    “Il referendum non è lo strumento adatto”

     

    A pesare sul risultato potrebbero essere state anche le indicazioni di voto dei principali partiti sudtirolesi. Sia SVP che Team K hanno dato libertà di voto sui quesiti, mentre il partito della destra tedesca Süd-Tiroler Freiheit aveva suggerito ai suoi elettori di votare 5 no ed i Freiheitlichen si erano dichiarati contrari al quesito sulla cittadinanza. “Le forze di destra hanno dato indicazione di astensione o contrarietà proprio sul quesito della cittadinanza, e questo potrebbe aver influenzato l'orientamento dell'elettore che ha votato allineandosi a una politica più centralista”, aggiunge Zeqo.

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  • “Fin dall'inizio ho pensato che il referendum abrogativo non fosse lo strumento appropriato per modificare questa norma”, spiega Zeqo, che non si dice stupito del mancato raggiungimento del quorum e della bassissima affluenza in Sudtirolo. “Una questione così delicata difficilmente trova visioni univoche”. Sul punto esistono infatti posizioni molto diversificate: c’è chi è favorevole ai cinque anni, chi preferisce un periodo leggermente più lungo (7-8 anni), chi accetta i cinque anni ma vorrebbe aggiungere altre condizioni (conoscenza della lingua, elementi storico-culturali, esami), chi propone di legare la cittadinanza alla frequenza di un ciclo scolastico completo. “Queste posizioni frammentate, anche all'interno della sinistra, non permettono una visione unitaria per la riforma della legge”.

     

    “Così creiamo cittadini di serie A e di serie B”

     

    In Italia mediamente, dunque queste domande - anche se correttamente compilate e con tutti i requisiti formali - richiedono minimo 14-15 anni prima che una persona riceva l'accoglienza della richiesta e, prosegue Zeqo, questi tempi lunghi creano problemi significativi. “Se una persona dopo 15 anni ha deciso di rimanere, significa che ha costruito una famiglia, cresciuto dei figli, creato legami culturali effettivi e si è adattata alle norme e ai valori comuni del paese. Non concedere la cittadinanza equivale a creare una suddivisione tra cittadini di Serie A e cittadini di Serie B. Nel momento in cui si accetta una persona che lavora e contribuisce, ma non le si dà la possibilità di esprimersi politicamente - che è l'unica cosa in più che concede la cittadinanza - si crea una situazione discriminatoria”.

    Non solo, questo senso di non appartenenza può creare anche frustrazione in chi, pur essendo nato e cresciuto in Italia, non è formalmente riconosciuto come italiano. “Questa condizione di esclusione può trasformarsi in disagio sociale, come vediamo nei problemi delle periferie e nelle baby gang. Altri paesi, penso a Francia e Gran Bretagna, hanno affrontato questi problemi prima di noi; invece di evitare queste difficoltà, continuiamo a rimarcare il solco, facendo capire a questi ragazzi che non sono ancora pienamente accettati”.

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Massimo Mollica Mar, 06/10/2025 - 18:14

Ho già manifestato il mio disappunto su questa vicenda e non intendo confrontarmi con alcuno! Dentro di noi c'è sempre quel retrogusto di razzista che ti porta a identificare noi (a volte io) e gli altri. E questo nasce sempre e solo dall'ignoranza, nel non conoscere gli altri. Che spesso è voluta! E intendiamoci: gli altri siamo ANCHE noi. Quelli che vengono giudicati da fuori, senza che si conosca la realtà. Di fatto siamo tutti stranieri per qualcuno!
E vai tu ad argomentare che l'integrazione è l'unica strada percorribile. Vai tu a spiegare che la nostra storia è la dimostrazione più lampante che è proprio così. Perché l'alternativa è l'odio e la povertà a vita.
Ma credo che sia del tutto inutile. La Ragione non può nulla rispetto al pregiudizio. Ecco perchè poi è più facile fare politica contro lo straniero. Anche se questo la sera pulisce il tuo ufficio, spazza la tua strada e fa tutti quei lavori che nessun locale si sogna più di fare!
Riassumendo "Dio è morto", come recita una canzone di Guccini. Nel benestante e ricchissimo Südtirol/Alto Adige, "Dio è morto"!

p.s. e se esiste un Dio, spero che NON abbia pietà di noi

Mar, 06/10/2025 - 18:14 Collegamento permanente
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Alessandro Stenico Mar, 06/10/2025 - 18:38

“Se Elly Schlein si attribuisce tutti i votanti, deve tener conto che un terzo di loro ha bocciato il quesito sulla cittadinanza, il che significherebbe che una parte tutt’altro che trascurabile del suo elettorato non condivide la linea di favorire l’immigrazione anche illegale. Si fa presto a parlare di “guerra tra i poveri”, ma bisogna capirne le ragioni. E per farlo sarebbe utile fare una passeggiata nelle periferie delle città industriali, invece di accontentarsi delle più confortevoli zone a traffico limitato in cui il Pd ha le sue roccaforti.
L’integrazione degli immigrati è un tema complesso in tutte le società occidentali, che innesca tensioni e conflitti ben più gravi in paesi come la Francia o gli Stati Uniti rispetto all’Italia. Mettere in campo proposte equilibrate, che trovino il consenso anche delle fasce popolari, per un’integrazione che sia vantaggiosa per tutti, non è affatto semplice. E l’idea di ridurla a un quesito referendario si è dimostrata doppiamente fallimentare.
Ora, smaltita la sbornia, ci sarebbe il tempo per imparare la lezione e avviare un ragionamento costruttivo a sinistra. Ma c’è poco da sperarci.“
Sergio Soave su „Il Foglio“

Mar, 06/10/2025 - 18:38 Collegamento permanente
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pérvasion Mer, 06/11/2025 - 11:01

Welchen Sinn hat es, aus dem Ergebnis eine Abstimmung, an der sich knapp 16 Prozent der Berechtigten beteiligt haben, allgemeingültige Schlüsse ziehen zu wollen? Ich halte das für Kaffeesudleserei.

Mer, 06/11/2025 - 11:01 Collegamento permanente