Politica | Convenzione

Il mantra del grande cervo

L'ex governatore Luis Durnwalder e i suoi sforzi di egemonizzare la Convenzione per la riforma dell'autonomia forzandola oltre i suoi limiti.

Per parlare dell'ultima seduta dei trentatré [qui il video], andata in scena il 9 settembre, si potrebbe adottare una allusiva divagazione etologica. Il pezzo forte, il motivo di maggiore interesse, era infatti costituito dal comportamento dell'ex governatore Luis Durnwalder, vero e proprio Platzhirsch della politica sudtirolese degli ultimi trent'anni, evidentemente non intenzionato a svolgere il modesto ruolo del “nobile padre” in vena di distaccati commenti, quanto piuttosto quello del “padre padrone” a tutti gli effetti ancora in carica, seppur dalla posizione un po' defilata di rappresentante aggiunto ai consiglieri provinciali in quota Svp presenti nel grigio consesso.

Platzhirsch, ci informa Wikipedia, significa: “Ein männlicher Hirsch, der seinen Einstand (im weiteren Sinne sein Revier) gegen Artgenossen verteidigt. Hirsche zeigen dieses Verhalten überwiegend in der Brunftzeit, also der Paarungszeit”. Il cervo dominante, dunque, è l'esemplare della mandria che – secondo ricerche non so bene quanto attendibili – sarebbe responsabile della perpetuazione di una linea riproduttiva eminentemente maschile. Tradotto nei nostri termini: l'esemplare politico messo lì per controllare che dai “lavori” della Convenzione non escano fuori progetti troppo deboli o labili rispetto alle finalità che lo stesso cervo dominante ha più volte indicato come prioritarie: difendere l'autonomia dagli attacchi di Roma ed estenderne il raggio d'azione. Sempre la solita solfa, insomma, salutata con favore anche dalla maggioranza dei partecipanti alle sedute preliminari d'insediamento della Convenzione ristretta (quella dei cento e poi quella dei trentatré), afferenti al côté patriottico del Land.

Nei giorni scorsi, tra i piccoli artiodattili della Convenzione, aveva creato un certo subbuglio l'agnizione dell'esistenza di un disegno di legge presentato in gennaio, quindi dopo il varo della Convenzione, con il quale i parlamentari sudtirolesi e trentini intendevano arare il terreno in vista dell'eventuale ridistribuzione delle competenze in seguito ai cambiamenti che avverranno, o dovrebbero avvenire, sulla base della riforma costituzionale. Sorpresa abbastanza posticcia, in realtà, visto che non pochi personaggi seduti lì nella sala dell'Eurac (dove si svolgono le riunioni della Convenzione) erano e sono al corrente di quanto accade in Parlamento. Destato dal suo torpore dogmatico, anche il grande cervo Durnwalder aveva gridato allo scandalo. Il tentativo di agire a più livelli che, questa la sua interpretazione, rendeva praticamente inutile non solo la “sua” presenza nella Convenzione, ma poneva anche in radicale discussione il suo stesso senso complessivo. Così non va, cosa ci stiamo a fare, se non abbiamo garanzie che i nostri sforzi servano a qualcosa perché tanto c'è chi a Roma usa corsie preferenziali – ecco il succo dell'intemerata – allora tanto vale abbandonare la “barca alla deriva” (la metafora però ha il copyright di Riccardo Dello Sbarba: qui si può leggere anche il suo resoconto) e dire che è tutto uno scherzo.

Proprio per ridurre subito al minimo sindacale il malessere del grande cervo e dell'assemblea scossa dai suoi bramiti, sono così comparsi davanti al “tribunale della Convenzione” i senatori Hans Berger e Francesco Palermo. I due – quasi all'unisono, ma con lingue diverse – hanno cercato di tranquillizzare gli astanti dicendo in sostanza che l'iniziativa non era certo volta a delegittimare la Convenzione, quanto piuttosto a cercare di creare quei binari di “consenso romano” utili proprio a un più spedito e sicuro viaggio verso la riforma dell'autonomia. Nessuno pensa che il nostro disegno di legge verrà approvato – ha detto a un certo punto Palermo – ma è opportuno muovere tutti quei passi per ridurre il coefficiente di ostilità e diffidenza che si è già sviluppato (e potrebbe ancora svilupparsi) in rapporto alle nostre specialissime ambizioni.

Poco soddisfatto dalle parole dei senatori, Durnwalder ha allora fatto la voce grossa per ribadire la sua linea, ovvero il suo mantra: qualsiasi iniziativa che non metta in discussione l'esistenza della Regione Trentino-Alto Adige va contro il volere della Convenzione poiché non punta a fare del Südtirol una regione completamente autonoma, in grado cioè di assorbire e sviluppare ogni possibile competenza. “La regione – così l'ex governatore – non l'abbiamo voluta noi, ma se noi continuiamo a darne per scontato l'esistenza significa che stavolta siamo proprio noi a desiderare che esista. Ma se ce la dobbiamo tenere allora io qui posso augurare a tutti buon lavoro, non ho però più intenzione di perdere il mio tempo a sostenere un progetto in cui non mi riconosco”. Che poi l'abolizione della regione sia davvero l'obiettivo verso il quale tenda tutta questa architettura di piani sovrapposti, e soprattutto l'orizzonte “comune” (vale a dire “scisso”) sia della provincia di Bolzano che quella di Trento, non solo è un teorema tutto da dimostrare, ma in questo momento corrisponde al massimo a uno dei sogni un po' autoreferianziali di chi abita nella bolla sudtirolese.

Come andrà a finire la partita? L'impressione è che la Convenzione sia un organismo ancora alla ricerca di se stesso, molto preoccupato di risultare una palestra d'impotenza e quindi in balia di chi, sfruttando la propria esperienza e la vecchia attitudine al comando, è in grado di far aleggiare nell'aria progetti comunque inattingibili nell'immediato. L'incontro con i senatori sarà servito a far capire che l'esistenza di limiti esterni (la Convenzione non si muove in vuoto pneumatico, la sua vocazione resta consultiva) e la necessità di attraversare una complessa procedura fatta di mediazioni costituiscono il recinto all'interno del quale deve muoversi anche il cervo dominante, quello che finora non ha fatto altro che sbattere le corna contro lo steccato, non si capisce bene se per allargarlo o per farlo a pezzi?

 

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Max Carbone Dom, 09/11/2016 - 10:46

per quel che vale, eccellente contributo Gabriele. Chiaro e solido. Il passaggio è: nella Convenzione i più avveduti - ed onesti - sanno perfettamente cosa succede a Roma, compreso il grande cervo. Qui c'è trippa politica per andare molto oltre a approfondire la tematica, ma siamo in un recinto più pieno di uccelli domestici che di mammiferi artiodattili.

Dom, 09/11/2016 - 10:46 Collegamento permanente