Società | LGBTQIA+

“Il Pride è un atto politico”

L’Alto Adige non ha ancora avuto un suo Pride, ma un nuovo team ci sta lavorando con passione, tra sostegno e qualche pregiudizio. Ne abbiamo parlato con Andreas Unterkircher (presidente), Adele Zambaldi (vice presidente) e Kae Sordi (consiglierə).
Pride
Foto: Alto Adige Pride
  • SALTO: L'Alto Adige Pride, oltre ad essere un evento, è anche un’associazione, giusto?

    Andreas Unterkircher: L’associazione è stata creata apposta per fare l’evento e per differenziare i vari servizi del territorio. Noi, come Pride Alto Adige, ci occupiamo prettamente dell’organizzazione dell’evento di giugno 2025 e di altri momenti culturali che lo anticipano.

    Kae Sordi: È importante dire che all’associazione Pride Alto Adige può associarsi chiunque in quanto persona privata, ma anche in quanto associazione o cooperativa, per poter sostenere al meglio questa realtà e il suo obiettivo.

    Adele Zambaldi: Aggiungo che, oltre a questo, se non si ha la possibilità di associarsi, o per vari motivi si preferisce non farlo, si può comunque sostenere la realtà di Pride Alto Adige partecipando come volontariə. Ci sono delle assemblee pubbliche all’interno delle quali ci si confronta sulla realtà dell’associazione e sui progetti da portare avanti. 

    La tematica della sessualità è vissuta ancora come un tabù secondo voi?

    Unterkircher: So che nelle scuole italiane c’è paura di affrontare l’argomento, anche a causa di pressioni politiche o derivanti dalla dirigenza che spingono chi vorrebbe farlo a lasciar perdere. Le scuole tedesche, invece, mi sembrano meno spaventate.

    Sordi: È importante chiedere alle varie realtà di non togliere il sostegno alla comunità LGBTQIA+ perché abbiamo bisogno di un sostegno politico per portare avanti la battaglia per i diritti e per affrontare le tante discriminazioni in atto in questo momento sul nostro territorio. Ci sono persone trans senza sostegni o sportelli, ma anche genitori in cerca di informazioni. Sia con Centaurus che con Alto Adige Pride si vuole fare rete, anche per supportare le persone che nella propria realtà si vedono spinte alla censura. Sempre più spesso, infatti, entriamo in contatto con realtà all’interno delle quali è stato detto di non affrontare tematiche LGBTQIA+ per non rischiare lamentele. Questo è un problema serio ed è importante non sottostare a queste dinamiche. Creare una rete e supportarsi è importante affinché tutte queste persone non si sentano sole a combattere queste ingiustizie.

    Zambaldi: Si fa fatica a parlarne a scuola anche perché si crea l’equazione errata secondo la quale l’informazione a proposito della sessualità e dell’identità di genere sia in realtà un indottrinamento. Informare significa arricchire la consapevolezza che una persona ha di sé, migliorare la sua serenità e di conseguenza anche quella dell’intera comunità. Invece c’è la paura che noi andiamo a mettere in testa alle studentesse e agli studenti solamente delle idee bizzarre.

    Negli ultimi anni il Pride è diventata una manifestazione sempre più trasversale, in cui si partecipa a prescindere dal proprio orientamento sessuale. Come mai secondo voi?

    Unterkircher: È molto semplice, i diritti sono di tutti, che tu sia etero o omosessuale arrivi comunque a beneficiarne. Anche come associazione, è importante dire che siamo intersezionali. Non ci limitiamo quindi alle discriminazioni omotransfobiche ma vogliamo pensare a tutte le minoranze. Mi viene in mente anche la categoria delle sex workers, o dei migranti. Deve essere chiaro quindi che lottiamo contro ogni tipo di discriminazione.

    Zambaldi: Già nel primo “Road to Pride 2025”, che faremo al Pippofoodchillstage domani, venerdì 13 settembre dalle 17:00 alle 01:00, abbiamo coinvolto realtà come Mediterranea, Anpi, Aied, che a prima vista possono sembrare estranee al nostro contesto, ma che in verità condividono con noi molti principi etici e che danno un senso di completezza al percorso di lotta alle ingiustizie sociali a cui assistiamo ogni giorno. 

    Sordi: Aggiungo che, anche per quanto riguarda il tema dell’identità, è importante che venga portato avanti da tutte le persone, non solamente da quelle che hanno una questiona aperta che le riguarda direttamente. Ci sono persone eterosessuali che non subiscono discriminazioni, ma che comunque hanno voglia di sostenerci e di portare le loro energie per una lotta politica che porta un miglioramento per l’intera collettività. 

    Nella storia dell’Alto Adige abbiamo mai avuto un Pride ufficiale? 

    Sordi: No, c’è stata però una versione particolare chiamata “Priot” che è stato organizzato recentemente.

    Zambaldi: Sì esatto, però un Pride inteso come una parata ufficiale non c’è ancora stato.

    E come mai secondo voi?

    Unterkircher: Io sono stato presidente di Centaurus per dodici anni e ovviamente il Pride è stato un tema discusso nelle nostre riunioni. Direi che il motivo per cui in Alto Adige non c’è mai stato un Pride è che non eravamo ancora pronti come comunità. Deve essere infatti chiara una cosa, il Pride non è solamente una parata, è un atto politico e una tappa di consapevolezza per tutta la comunità LGBTQIA+. È un passo molto importante e in passato non eravamo pronti perché c’erano ancora molti confronti aperti da chiarire. Una cosa importantissima è che per questo Pride vogliamo riuscire a entrare in dialogo anche con le valli, con Merano, Bressanone, Brunico, perché è uno step necessario affinché possa essere una manifestazione rappresentativa di tutto l’Alto Adige. 

    Zambaldi: Io credo anche che il nostro contesto socio-culturale abbia contribuito a rendere l’organizzazione di un Pride per l’Alto Adige molto difficile. Se escludiamo il Trentino, noi siamo gli ultimi in Italia ad organizzare un Pride. È normale invece pensare che a Bologna ci sia da anni. Veniamo da contesti storici differenti.

    Sordi: Esattamente, anche il fatto che la nostra comunità sia linguisticamente frammentata rende la sfida più complessa. Una sfida che noi teniamo sempre ben a mente, perché vogliamo tessere dei legami con ogni comunità, a prescindere dalla lingua.

    Domanda scontata, ma cosa ne pensate di chi dice che il Pride è, cito, “solo un’ostentazione”?

    Unterkircher: Il Pride è un atto politico e quindi non può esistere un Pride, diciamo, sobrio, perché sarebbe una contraddizione. Per fare un atto politico dobbiamo rompere gli schemi e anche quella rigidità che c’è nella società e che, ad esempio, vediamo nei ruoli di genere. Non si tratta di un’ostentazione, si tratta piuttosto di trovare un punto di rottura per poter intravedere una nuova strada da percorrere assieme, che si distanzi dall’immobilità del patriarcato. 

    Come mai secondo voi a scuola vengono insegnate le poesie di Saffo, il Simposio di Platone, in cui l’omosessualità è presente, però poi all’esterno della lezione scolastica questi argomenti diventano tabù?

    Sordi: Mi viene in mente la questione del poliamore, giudicato negativamente da molte persone, le stesse che poi spesso hanno delle relazioni extraconiugali non dichiarate. Siamo in un momento storico in cui la monogamia è in crisi, ma non vogliamo adottare soluzioni alternative, o quanto meno parlarne liberamente. Sottostiamo ad un pensiero binario che ci mostra sempre solamente due soluzioni, eliminando le alternative, per questo poi si creano dei tabù e delle contraddizioni come quella di cui parli. Uno degli obiettivi del Pride è rendere visibili e argomenti di dibattito queste alternative per poter vivere più serenamente e ampliare il concetto di normalità.

    Zambaldi: Secondo me quando ci troviamo di fronte ad un’opera artistica realizzata da una persona appartenente alla comunità LGBTQIA+ ci fa comodo pensare che sia un tema che non ha senso affrontare al di fuori del contesto artistico, così da non dover far emergere questa contraddizione a cui ti riferisci. 

    Credo che tendiamo a sottovalutare il peso delle discriminazioni che la comunità LGBTQIA+ si trova costretta ad affrontare ogni giorno. Che ne pensate?

    Sordi: A questo proposito è importante ricordare che esiste un ufficio a cui si possono riportare questi episodi di discriminazione, si tratta del centro tutela contro le discriminazioni che si trova in via Cavour 23/C. Tendiamo a sottovalutare il peso di questa situazione perché ci mancano anche molti dati. Non tutte le persone che hanno subito discriminazioni denunciano, e quindi la situazione è sicuramente sottostimata. Per questo è importante denunciare. 

    Zambaldi: Il servizio dell’ufficio contro le discriminazioni è molto importante. La loro azione più concreta è quella della risoluzione di conflitti. Ad esempio, se c’è un problema col vicino di casa riguardante una discriminazione, loro fanno da mediatori. Inoltre, grazie alle segnalazioni e testimonianze raccolgono i dati su tutti i tipi di atti di discriminazione, così da poter avere un quadro di riferimento più dettagliato. Se manca questo quadro poi si ha la percezione che gli episodi, anche violenti, di discriminazione accadano solamente altrove e non anche da noi. Questa è una percezione falsata derivante proprio dalla mancanza di dati. Non è che ci sono pochi atti di discriminazione, ci sono pochi dati a testimoniarli. Giusto ieri abbiamo sentito l’esperienza di una ragazza trans che va a scuola e che alcuni compagni hanno cercato di buttare sotto un autobus. Queste persone devono poter essere supportate per poter ottenere gli strumenti per reagire. 

    Cosa ci aspetta domani, venerdì 13 settembre?

    Sordi: Questo venerdì cominceremo il percorso verso il Pride Alto Adige 2025. Sicurezza, accessibilità e consenso sono temi centrali per l’associazione e lo saranno anche per l’evento di venerdì. Abbiamo introdotto uno spazio di decompressione in cui ci si può riposare senza stress per chi soffre la sovrastimolazione sensoriale. Distribuiremo dei tappi per le persone sensibili al volume, ci sarà un’area con accesso per persone con disabilità e, in generale, ci sarà un team molto attivo per garantire la serenità di ciascuna persona partecipante. Anche per quanto riguarda le foto, alle persone che non vogliono essere fotografate distribuiremo dei bollini da attaccarsi sui vestiti, così che chi fotografa sappia chi ha dato il consenso e chi no. Questo perché è importante salvaguardare chi vuole partecipare nel rispetto della sua privacy. A questo proposito mi viene in mente Mariasilvia Spolato, una delle prime donne lesbiche a cui è stata data visibilità senza consenso, che finì in prima pagina su un giornale nazionale. Non sappiamo che effetto possa aver avuto questo episodio sulla sua vita.

    Zambaldi: Ovviamente tutto questo può funzionare solo se c’è una collaborazione generale. Speriamo quindi che i giornalisti rispettino la volontà di chi avrà il bollino. 

  • “Road to Pride” si terrà domani, venerdì 13 settembre al Pippofoodchillstage dalle ore 17:00 alle ore 01:00. 

    Pagina Instagram: https://www.instagram.com/altoadige_pride_sudtirol/

    Il centro di tutela contro le discriminazioni si trova in via Cavour 23/C Bolzano, 
    tel. 0471.946020, e-mail: [email protected]

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gorgias Ven, 09/13/2024 - 04:28

"Sordi: Questo venerdì cominceremo . . ."
Das hört sich wie eine Persiflage aus einer Satirezeitschrift an.

Hoffen wir, dass die Sonne nicht all zu stark scheint und die snowflakes nicht dahinschmelzen.

Ven, 09/13/2024 - 04:28 Collegamento permanente