Ambiente | Rifiuti

Cosa succede ai vestiti che buttiamo?

La fine dei cassonetti Caritas cambia tutto: a Bolzano cala lo smaltimento, a Brunico aumentano costi e responsabilità per la gestione annuale dei tessili. Oggi il convegno di OEW “Alte Kleidung? Idee nuove!” per affrontare le nuove sfide in materia tessile.
Altkleidersammlung
Foto: Caritas
  • Nel 2024 sono state buttate via 501,95 tonnellate di vestiti solo nel Comune di Bolzano. Un numero spropositato di rifiuti tessili, circa 5 kg a persona. “Da febbraio a luglio 2025 il Comune ha speso 105.685 mila euro per smaltire 229,75 tonnellate di rifiuti tessili”, spiega Andrea Girinelli, responsabile dell'area ambiente di Seab. Dopo la recente eliminazione dei cassonetti gialli di Caritas, è stato introdotto un nuovo sistema di raccolta, che obbliga i cittadini a conferire direttamente gli indumenti ai centri di riciclaggio, la situazione è cambiata radicalmente. “La raccolta è passata da circa 200 tonnellate all’anno ad appena 18 tonnellate tra agosto e ottobre 2025. La differenza è notevole, così come la spesa, che ora è scesa a 4.038,13 euro”, aggiunge Girinelli. A gestire il servizio nel capoluogo è la Lamafer, azienda altoatesina specializzata in consulenza e gestione dei rifiuti.

    Il nuovo modello ha dunque ridotto sensibilmente i costi di smaltimento, ma ha anche comportato alcuni inconvenienti. “Ora è il cittadino che deve portare i rifiuti tessili al centro di raccolta, e non tutti lo fanno. Alcuni li abbandonano vicino ai cassonetti, rendendo impossibile il recupero, altri ancora li buttano con l’indifferenziato”, sottolinea Girinelli. Una criticità che si inserisce in un contesto europeo problematico: secondo un’indagine di Greenpeace Italia in collaborazione con Report, ogni cittadino europeo acquista in media 19 kg di vestiti all’anno e ne butta circa 16, ma in Italia solo il 19% dei rifiuti tessili urbani viene effettivamente conferito nei cassonetti — meno di 3 kg pro capite. Nell'ambito della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti, l’OEW ha organizzato per questa mattina (14 novembre alle ore 9) il convegno “Alte Kleidung? Idee nuove!”, presso il Centro Pastorale di Bolzano. Durante il convegno saranno affrontati temi legati all’industria tessile, le sfide nella raccolta degli abiti usati e le buone pratiche proposte dall’economia circolare europea. 

  • I container giallo di Caritas. Foto: Caritas
  • La situazione a Brunico

    Anche in un comune piccolo come Brunico, di appena 17 mila abitanti, ogni anno si raccolgono tra le 80 e le 100 tonnellate di vestiti. “Il costo totale di smaltimento si aggira attorno ai 40 euro per tonnellata”, spiega l’assessore Daniel Schönhuber. A Brunico, a differenza che a Bolzano, le campane gialle non vengono più utilizzate da diversi anni e gli indumenti devono essere conferiti direttamente dai cittadini ai centri di riciclaggio, ma era comunque Caritas a farsi carico dello smaltimento. Fino al 2025, l’associazione si occupava del servizio per il Comune di Brunico a costo zero, la raccolta però è stata interrotta quest’anno a causa dei costi eccessivi. Dal 2026 la gestione sarà affidata alla cooperativa Renovas di Bolzano: “Per la prima volta il Comune dovrà coprire interamente i nuovi costi, che inevitabilmente si rifletteranno anche sul bilancio e, in parte, sui cittadini”, conclude Schönhuber.

  • Come è cambiata la raccolta di vestiti?

    Tra gli anni Novanta ed i primi duemila, gli abiti raccolti nelle campane gialle di Caritas venivano selezionati: quelli ancora in buono stato erano destinati ai bisognosi, mentre il resto veniva avviato al riciclaggio o al riutilizzo su altri mercati. Il ricavato copriva i costi della raccolta, che per il Comune era quindi a costo zero. Negli ultimi anni, però, le cose sono cambiate radicalmente. “Con il tempo la materia è stata regolarizzata e sono aumentati gli oneri ed i costi di smaltimento e sanificazione per la rivendita”, spiega Girinelli.  

  • Foto di un mercatino Vintage a Bressanone. Foto: Dmd
  • Inoltre, negli ultimi anni, il fenomeno del fast fashion, ossia la produzione di abbigliamento di bassa qualità a prezzi molto ridotti per lanciare continuamente nuove collezioni, ha rallentato il al mercato dell'abbigliamento usato. “Il mercato del second hand, che aveva un suo valore economico, è crollato anche in Europa. Quello che prima poteva essere rivenduto oggi viene per lo più destinato al riciclo come materiale tessile, come stracci o pezzame, con costi di lavorazione elevati”, spiega il responsabile Seab. 

     

    "Quello che prima poteva essere rivenduto oggi viene per lo più destinato al riciclo come materiale tessile, come stracci o pezzame, con costi di lavorazione elevati"

  • “Ora gli indumenti vengono invece trattati come materiale di riciclo. In sintesi, la filiera attuale prevede che ogni capo raccolto venga gestito come rifiuto: deve quindi essere tracciato, lavorato in un impianto autorizzato e igienizzato secondo le norme prima di poter eventualmente essere rimesso sul mercato”, spiega Girinelli. 

    “Inoltre – spiega il responsabile – siamo in attesa di un decreto che introduca anche per gli indumenti ed i rifiuti tessili il concetto di responsabilità estesa del produttore del bene ovvero, come già in essere per gli imballaggi, le apparecchiature elettroniche ed i pneumatici, l’obbligo da parte di chi produce indumenti e tessili di farsi carico (materialmente ed economicamente) del ritiro degli stessi a fine vita e di avviarli a riciclo/recupero”. Un sistema che dovrebbe portare ad inserire i costi di tali operazioni direttamente nel prezzo di vendita. “Sarebbero quindi i produttori ad avere l’onere di farsi carico di tutta la filiera, eventualmente anche appoggiandosi ai servizi di raccolta pubblici con apposite convenzioni che vadano a stabilire regole ed oneri”, spiega. 

    “A fine settembre è uscita anche la modifica della direttiva europea che introduce a livello comunitario proprio quest’obbligo per cui, al di là delle lentezze del legislatore nazionale, entro aprile 2028 il sistema di responsabilità estesa dovrà essere recepito in ogni caso, anche se noi speriamo che questo avvenga in tempi più celeri”, conclude Girinelli.