
Il WaltherPark apre — ma non a tutti
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Quando un grande progetto apre le sue porte, è naturale che i media locali vengano invitati a documentare, osservare, raccontare. Così accade anche in questi giorni con le (numerose) attività per l’apertura del nuovo centro commerciale WaltherPark a Bolzano, evento atteso da anni e promesso come l’inizio di una nuova era urbana.
Oggi pomeriggio è previsto il pre-opening, una sorta di vernissage riservato alla stampa. Ma SALTO non ci sarà. Non perché non ci interessi – o non interessi ai nostri lettori – ma perché ci è stato fatto capire che la nostra presenza non è gradita. O almeno, non quella di tutti.
Tre giornalisti di SALTO hanno richiesto l’accredito per il pre-opening: due sono stati accettati, uno – Martin Hanni – no. Nella risposta dell’ufficio stampa si legge che, dopo “tutto quello che ha pubblicato negli ultimi anni sul progetto WaltherPark – articoli più che discutibili dal punto di vista giornalistico”, non sarebbe “proprio il caso che richieda accesso al pre-opening”.
Una frase che dice molto più di quanto forse si voleva dire: entra nel merito del lavoro di un giornalista e lo giudica “discutibile”. Sulla base di cosa? Significa che un giornalista che scrive in modo critico viene escluso da un evento dedicato ai media perché non ha raccontato la versione “giusta”.
Significa confondere la comunicazione con il giornalismo. E significa, in fondo, ritenere di poter scegliere non solo chi entra – ricordando, se ce ne fosse bisogno, che questa grande “rigenerazione urbana” di Bolzano è del tutto privata – ma anche come si deve scrivere.Il giornalismo non serve a far piacere a chi costruisce, inaugura o promuove. Serve a fare domande, a verificare, a criticare quando lo si ritiene necessario. È proprio quando qualcuno vorrebbe decidere chi è “buon giornalista” e chi no, che diventa necessario ricordare cosa significa esserlo davvero. Per questo abbiamo deciso che oggi non saremo al pre-opening. Non accetteremo che si stabilisca chi può fare informazione in base alla simpatia o alla convenienza del momento.
Il nostro lavoro non dipende da inviti o accrediti, ma dalla libertà di raccontare anche ciò che disturba. E continueremo a farlo — anche restando fuori dalle inaugurazioni patinate. Con la speranza che, per qualcuno, il nostro giornalismo resti sempre “discutibile”.
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