La vita qui dentro

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***1/2
Eccola qui la sorpresa di questa estate cinematografica: Heldin (distribuito in italiano con il titolo L’ultimo turno), scritto e diretto da Petra Volpe in programmazione al Filmclub di Bolzano a partire dal prossimo 21 agosto. Il film è stato presentato al 75esimo Festival di Berlino e racconta la routine quotidiana nel reparto di chirurgia di un ospedale svizzero che si ritrova sotto organico. Il cast mescola attori professionisti, esordienti e veri operatori sanitari.
Cos’è
La storia ruota intorno a Floria Lind (interpretata con straordinaria naturalezza da Leonie Benesch, che già si era fatta notare nel dramma scolastico Das Lehrerzimmer), un’infermiera devota schiacciata da un carico di lavoro particolarmente gravoso durante un turno notturno – massacrante anche nei giorni migliori ma questa volta letteralmente ingestibile. Il reparto chirurgico è infatti al completo e il personale infermieristico ridotto al minimo.
Floria si prende cura di tutti i suoi pazienti con abnegazione nonostante le circostanze sfavorevoli. “Es tut mir leid, wir sind heute nur zu zweit…” ripete ai pazienti e ai famigliari che si lamentano per l’attesa mentre si adopera rapidamente per assolvere i compiti richiesti. Ogni suo gesto trasuda determinazione: il rituale con cui si igienizza le mani più volte al giorno, la destrezza con cui maneggia gli strumenti del mestiere, il passo deciso e vigoroso fra i corridoi del reparto. Ci sono momenti singolari, come il litigio tra Floria e un paziente privato arrogante e pretenzioso (Jürg Plüss), e attimi di intimità toccante come quello che coinvolge una giovane madre (Lale Yavas) con un cancro, in dubbio se continuare o meno la terapia.
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(c) Berlinale
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Com’è
L’approccio narrativo mette al centro l’elemento umano. Heldin è un film empatico (ma che evita quasi sempre il sentimentalismo), equilibrato e senza fronzoli, ben scritto e con personaggi attentamente costruiti. Non si perde in chiacchiere, non edulcora e non spreca nulla restituendo perfettamente, con il suo ritmo incalzante, il lavoro frenetico e cruciale di un ospedale. Tanto che sembra quasi di sentirne l’odore. Il film non lascia respiro, è un’esperienza snervante e non c’è un momento in cui non si percepisca la paura che qualcosa possa andare storto.
Non c’è melodramma, solo verità e sta tutta qui la potenza del film che, nonostante la messa in scena asciutta, riesce a mantenere sempre alta la tensione con una coreografia tra attori e macchina da presa impressionante coordinata da una regia sicura e misurata. Ogni suo aspetto risulta plausibile e attuale nel mostrare l’enorme pressione a cui sono sottoposti i professionisti della sanità a causa della grande carenza di manodopera qualificata nel settore, questione sociale capitale ed estremamente urgente che viene sottolineata anche nei cartelli finali prima dei titoli di coda.
Heldin è un tributo alla classe lavoratrice e a una professione spesso sottovalutata, un film crudo, onesto e con i piedi per terra che si chiude con una scena autenticamente commovente che non può lasciare indifferenti. Quasi un dovere andarlo a vedere.
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Da 21 agosto
Filmclub -
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Non è un film perfetto, ma rimane un film da vedere. Certamente è un’opera che invita a una riflessione sul lavoro di cura che può includere assistenza fisica, supporto emotivo e gestione della quotidianità. Questo tipo di lavoro comporta un carico notevole per chi lo assume, sia a livello fisico che emotivo. Lo abbiamo visto lo scorso inverno tra colleghi in quanto riteniamo che anche un film può fungere da specchio delle dinamiche aziendali, delle relazioni interpersonali e delle sfide che si presentano sul posto di lavoro. Sicuramente ci ha offerto nuovi spunti di riflessione per chi è già inserito in un contesto simile e per chi si affaccia per la prima volta in un ambito assistenziale sanitario.
Stefano Boragine
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