Uno studio sull’eredità della violenza
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La violenza sessualizzata contro le donne è un fenomeno trasversale nella società contemporanea. Nonostante negli ultimi decenni si siano moltiplicate le iniziative di prevenzione e di supporto alle sopravvissute, si discute ancora poco dell’impatto che questo tipo di violenza può avere oltre la vita delle donne che la subiscono. A studiarne gli effetti sulla popolazione altoatesina è TRACES (TRAnsgenerational ConsEquences of Sexual violence), una ricerca-azione femminista e partecipativa condotta in Val Venosta dal 2023 al 2025.
Lo studio ha coinvolto 31 donne di diverse generazioni che hanno subito violenza sessualizzata, direttamente o indirettamente dalle loro nonne o madri; in particolare è stata analizzata la trasmissione transgenerazionale dei traumi, la riproduzione dei rapporti di potere patriarcali e i meccanismi sociali di silenzio, vergogna e colpa. L’analisi si è concentrata sulla violenza sessualizzata intesa come un fenomeno strutturale e storicamente radicato, strettamente intrecciato con l’ordine sociale patriarcale e con i suoi concetti di maschilità egemonica, controllo della Chiesa, modelli familiari e disuguaglianza economica.
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Alla presentazione del progetto, tenutasi oggi a Meranom erano presenti l'assessora Rosmarie Pamer, Esther Ausserhofer (Fondazione Sparkasse), Monika Hauser (medica mondiale), Christa Ladurner e Ingrid Kapeller(Forum Prävention), Sigrid Prader (Frauenmuseum Meran), Barbara Poggio e Andrea Fleckinger (Università di Bolzano). Foto: TRACES -
Lo studio mostra infatti come sul piano familiare, le relazioni tra nonna, madre e figlia rivelino traumi non elaborati che si trasmettono attraverso vergogna, paura e senso di colpa, influenzando la costruzione dell’identità femminile anche in un’epoca che promuove modelli di autonomia e autodeterminazione.
Accanto a queste continuità si registrano però segnali di trasformazione. La ricerca mostra come le amicizie femminili assumono crescente importanza come spazi di sostegno e resistenza, mentre una maggiore consapevolezza del trauma e un linguaggio sempre più condiviso per nominarlo rappresentano cambiamenti culturali significativi. Anche i servizi di supporto mostrano un’evoluzione: dalle prime forme informali ispirate alla fede religiosa si è passati a strutture sempre più professionalizzate, pur con persistenti criticità e asimmetrie di potere. Le riforme legislative – dalla criminalizzazione dello stupro all’attuazione delle convenzioni internazionali – costituiscono tappe fondamentali, ma ancora insufficienti a interrompere il continuum della violenza. Come ricordano le curatrici del progetto, tra cui Christa Ladurner e Monika Hauser, l’obiettivo è rafforzare la prevenzione e offrire un sostegno più efficace alle persone colpite. In questa direzione si inserisce anche la mostra itinerante “Mia nonna, mia madre e io – Tracce della violenza sessualizzata in Alto Adige”, che mira a rompere tabù e alimentare una consapevolezza collettiva più profonda.
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