TÁR
È in questi giorni al cinema, anche in versione originale sottotitolata, TÁR, che il regista Todd Field ha dichiarato di aver scritto per Cate Blanchett, evidentemente per esaltarne le doti attoriali. E infatti la star australiana domina lo schermo e i nostri cuori.
Cos’è
Presentato in concorso alla 79° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (dove Blanchett si è aggiudicata la Coppa Volpi per la sua interpretazione e nel frattempo ha vinto pure il Golden Globe) e candidato a 6 premi Oscar, il film racconta la storia di Lydia Tàr, direttrice d’orchestra di fama mondiale all’apice della sua carriera, impegnata nel lancio del suo libro “Tár on Tár” e in procinto di condurre un’attesissima esibizione della Quinta Sinfonia di Gustav Mahler. Cadrà in disgrazia in seguito a una serie di situazioni problematiche, di natura sessuale, con alcune sue orchestrali.
Com’è
L’austero character study di Field non è un capolavoro, come invece si sta celebrando da più parti, ma sarebbe un peccato perderselo.
Sul piano tecnico TÁR è un film solido, metodico e meticolosamente realizzato - la scena in un’unica ripresa della lezione agli studenti della Juilliard ne è un esempio lampante, così come i vari segmenti musicali. L’abbagliante Cate Blanchett - che per il progetto ha dovuto riprendere confidenza con il pianoforte, ha imparato a parlare tedesco e a dirigere realmente un’orchestra - è impeccabile nella profusione di stati d’animo che le viene richiesta. Ha l’Oscar in tasca, ma non vogliamo tirargliela.
Nina Hoss che interpreta Sharon Goodnow, primo violino della Berliner Philharmoniker e moglie della protagonista con cui vive nella capitale tedesca insieme alla loro figlia adottiva Petra (Mila Bogojevic); e Noémie Merlant nel ruolo della fedele assistente personale Francesca Lentini completano l’eccellente ensemble.
Field lascia troppi punti di trama in sospeso, restando intenzionalmente ambiguo, e porta a casa un’opera astratta sulla dicotomia tra genio e corruzione del potere senza creare un’unità e un impatto veramente drammatici
Il mondo della musica classica ai massimi livelli è brutalmente competitivo e Lydia Tàr è la prima donna della storia a dirigere un’importante orchestra tedesca, ha già raggiunto lo status di EGOT (ha vinto cioè un Emmy, un Grammy, un Oscar e un Tony), è stata la protégé del grande Leonard Bernstein. Ma arrivata al vertice finisce per impantanarsi nei tipici meccanismi del potere di stampo patriarcale, introiettando gli stessi codici violenti. La riflessione tematica non va però molto più a fondo di così e l’intrigo iniziale cede gradualmente il passo al racconto di una direttrice d’orchestra lesbica che cade in preda alle tentazioni. Il ritmo cala, la scrittura si perde. Field lascia troppi punti di trama in sospeso, restando intenzionalmente ambiguo, e porta a casa un’opera astratta sulla dicotomia tra genio e corruzione del potere senza creare un’unità e un impatto veramente drammatici. Sarebbe potuto essere un film superbo, e invece mannaggia.