"MiniBz è come un grande cortile"
Minibz, il gigantesco gioco di ruolo organizzato dal VKE e rivolto ai ragazzi dai 7 ai 14 anni, riprende vita e giunge alla ventesima edizione. La città in miniatura, ospitata per il secondo anno consecutivo alla Fiera di Bolzano, conterà circa 600 “cittadini”. I partecipanti, da domani (lunedì 19) si troveranno riprodotte e inscenate le più importanti strutture di una città moderna: dalla banca, che stampa la moneta della città - gli Eurog(h)elli - al Municipio, sede della Giunta Comunale, dal teatro fino alle sedi dei mezzi di comunicazione (tv, giornale, radio). Non mancano neppure i servizi di trasporto come il taxi e il treno, un proprio ospedale e una pizzeria. Novità di quest'anno: l'utilizzo del bancomat. Ogni anno la Città dei Ragazzi offre oltre 40 attività diverse dove i bambini possono conoscere e sperimentare attraverso il gioco. Fin dalla creazione della mini-città, avvenuta nel 1990, gli organizzatori si sono impegnati affinché non venissero mai “snaturate le dinamiche del gioco adottate nell’infanzia”. Roberto Pompermaier, tra i fondatori di Minibz e colonna portante del VKE, di cui è stato direttore dal 2004 al 2020, racconta la nascita del progetto.
Salto.bz: Mini Bolzano è forse l’unica Città dei Ragazzi in Italia, sicuramente la più grande e più strutturata della penisola. A quali altri progetti vi siete ispirati per renderla possibile nel capoluogo altoatesino?
Roberto Pompermaier: Tutto cominciò ormai più di 40 anni fa a Monaco di Baviera. Nel 1979, in occasione dell'Anno Internazionale del Bambino, proclamato dalle Nazioni Unite, la Città di Monaco decise di finanziare dei progetti particolari, tra questi: MiniMonaco, che divenne la prima Città dei Ragazzi al mondo. L’iniziativa ottenne fin da subito un successo clamoroso, destinato però a svanire nel nulla, in quanto non era previsto alcun finanziamento per l’anno successivo. Venendo a sapere che la Città di Monaco non aveva intenzione di riproporre il progetto, i partecipanti più grandi iniziarono a protestare, così si arrivò a un compromesso: MiniMonaco sarebbe stata organizzata ogni due anni. Quando io iniziai a lavorare al VKE, nell’89, venni a conoscenza del progetto, che nel frattempo si stava estendendo sempre di più, specie in Germania. Allora chiesi subito di partecipare al gioco per un giorno nelle vesti di partecipante. Arrivato nella mini-città cominciai a girare per i diversi settori come fossi un ragazzino, e mi successe una cosa che ancora ricordo con il sorriso.
L’avevano scambiata per uno dello staff?
No, esattamente il contrario. Lavorai per qualche ora al ristorante della mini-città, “la scrofa grassa”, ed essendo italiano proposi ai ragazzi di preparare un sugo al pomodoro. Il bambino responsabile del ristorante mi guardò e mi disse: “Lo abbiamo già preparato la scorsa settimana, se vuoi puoi andare a lavare i piatti”. Insomma, mi ritrovai di fronte a una pila di piatti da lavare addirittura più alta dei due bambini “lavapiatti”. Posso dire che quell’episodio mi aiutò a capire velocemente il funzionamento del gioco.
Avere la libertà di scegliere come spendere il proprio tempo dà la possibilità ai bambini di scoprire cosa li appassiona di più.
E come riuscì a portare il gioco in Alto Adige?
Prima di avviare Minibz, ci fu un primo tentativo a Bari, a cui diedi un contributo in prima persona, ma l'iniziativa poi fallì. Nel 1990, con il team dello Spielbus del Vke, arrivammo ad allestire il gioco in un padiglione della vecchia Fiera di Bolzano. Già il terzo giorno della settimana ci ritrovammo una marea di ragazzini che volevano partecipare. Nella piazza davanti alla Fiera ci fu una coda sterminata di bambini, quindi decidemmo di fare gli accessi dividendo i partecipanti in due gruppi e facendoli giocare a giorni alterni. L’anno successivo ricevemmo degli spazi più grandi, ma ci rendemmo presto conto che organizzare Minibz ogni anno era troppo impegnativo, così scegliemmo di farlo ogni due anni, proprio come MiniMonaco. Ora Minibz è tornata a essere proposta ogni anno e appena termina un'edizione si inizia già a lavorare alla successiva.
Negli anni, però, avete cambiato anche location...
Esatto. Nel 2001 iniziarono i lavori nella vecchia Fiera, quindi saltò un’edizione. La successiva, quella del 2003, la organizzammo vicino a una nostra sede, a Parco Mignone, fu integralmente all’aperto. Poi, per molto tempo, la casa di Minibz fu il Palasport e il Parco Europa. Riuscimmo a creare una mini-città davvero completa: con spazi sia al chiuso che all’aperto. Grazie al verde allestimmo la fattoria: i contadini delle valli portarono molti animali, dai pony alle galline. Per un “ragazzo di città” quella era sicuramente un'esperienza anomala e unica.
Si potrebbe dire che fare esperienze “anomale” è una caratteristica propria dell’intero progetto. Ci sono altri esempi o episodi che ricorda?
È vero, i bambini si muovono liberamente per Minibz e inevitabilmente cercano di andare nei luoghi che più li attraggono e li affascinano. Credo sia come un grande cortile, dove ognuno può scegliere le attività da fare, magari pure inventandole. Gli anni nei quali abbiamo avuto numeri altissimi, alcuni partecipanti aprivano la propria attività commerciale: abbiamo avuto dal venditore di ghiaccioli “fatti in casa”, ai truccatori, fino agli studi di avvocati. Ricordo che un anno si aggiunse al team una ceramista, che insegnò ai giovani lavoratori a modellare la ceramica con il tornio. La cosa più sorprendente, ci disse la professionista, era vedere che alcuni bambini riuscivano a tirare su un vaso dritto senza averci mai provato prima. E di esempi così è piena la storia di Minibz. Avere la libertà di scegliere come spendere il proprio tempo dà la possibilità ai bambini di scoprire cosa li appassiona di più. Alcuni anni Minibz era aperta anche alle classi scolastiche; ricordo perfettamente come gli studenti considerati meno bravi, quelli che più si distraevano e facevano confusione in aula, si spendevano per i propri settori ed erano soddisfatti di come investivano le proprie energie… alle volte andavano persino all’Università di Minibz (che, tra l’altro, nelle ultime edizioni non siamo più riusciti a organizzare).
Perché niente più Uni(mini)bz? Troppo pochi studenti?
Da una parte, proporre corsi in stile universitario è impegnativo e richiede tante energie, dall’altra il progetto inizia proprio la prima settimana di vacanza estiva, quindi i ragazzi hanno appena finito la scuola e non sono proprio propensi a seguire altre lezioni.
A Minibz ogni lavoratore percepisce lo stesso salario.
Dopo tutte queste edizioni, come immagina la Città dei Ragazzi del futuro?
Quando partecipo agli incontri internazionali sulle Città dei Ragazzi c’è sempre qualcuno che afferma che l’utilizzo del denaro sia sbagliato, proponendo come alternativa il baratto o la banca del tempo. Io credo che questo significherebbe imporre una propria visione del mondo, dicendo ai bambini che il “sistema” è sbagliato. E, oltretutto, si andrebbe a creare una realtà parallela con una scala di valori ribaltata. Che nel mondo reale il denaro sia considerato una priorità è un fatto. Però c’è da sottolineare una cosa fondamentale.
Prego.
A Minibz ogni lavoratore percepisce lo stesso salario: 7 Eurog(h)elli all’ora, di cui 2 di tasse. Dal Sindaco all’operatore ecologico, dal banchiere al pizzaiolo. I cittadini però hanno il diritto di cambiare le regole del gioco, stabilendo salari differenti a seconda del lavoro, eppure, nonostante numerose discussioni, si sono sempre opposti. Così come, attraverso un referendum, si sono opposti alla costruzione di un carcere. Quando si sollevano queste questioni, come Staff non rispondiamo mai con un “sì” o un “no”, ma sempre con una domanda: “Come possiamo fare?”. E da qui partono i ragionamenti e le assemblee dei cittadini. I ragazzi vengono stimolati e non viene calata nessuna decisione dall'alto.
In conclusione, siete giunti alla ventesima edizione. Qual è secondo Lei la forza di questo progetto?
Come dicevo prima, Minibz è un grande cortile. Un’iniziativa che dimostra che chi l’ha inventata è stato capace di osservare le dinamiche del gioco dei bambini e inserirle in un unico grande contenitore. La forza è quella di non snaturare mai le dinamiche del gioco adottate nell’infanzia, non imponendo nulla e lasciando liberi i partecipanti di decidere democraticamente sulle sorti della loro città.