Politica | Autonomia

Appalti, la Consulta boccia un articolo

Sentenza della Corte costituzionale elimina una disposizione della legge provinciale per cui solo il primo classificato in una gara è tenuto a indicare i costi per manodopera e sicurezza. "Anche le autonomie devono rispettare le norme statali e UE".
Corte costituzionale
Foto: Corrispondenza romana
  • Con la sentenza n. 80 del 2025, depositata oggi (19 giugno), la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 22, comma 13, della legge provinciale di Bolzano n. 2 del 16 luglio 2024, che modificava le regole sugli appalti pubblici. La norma prevedeva che solo il primo classificato in una gara d’appalto fosse tenuto a indicare i costi della manodopera e della sicurezza, esonerando tutti gli altri concorrenti. Ma in questi giorni in cui si sente lo stridore delle unghie sui vetri dei vertici Svp per spiegare la probabile nomina dell’ex sindaco di Brunico, Roland Griessmair, a sottosegretario tecnico per la riforma dell’autonomia, a saltare all’occhio sono alcuni passaggi molto perentori a ricordare alla Provincia che "tutte le disposizioni del codice dei contratti pubblici che riguardano la scelta del contraente sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza e costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale, attuative anche di obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea e che da ciò consegue che le regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme". 
    Come emerse da un'analisi comparata dei testi pubblicata su SALTO, conquistare poteri sostanziali nella regolazione degli appalti pubblici locali era uno degli obiettivi principali perseguiti dalla Provincia nel suo progetto iniziale di riforma dell’autonomia, ma già il Governo Meloni, l’ha nettamente eliminato dalla bozza finale. La competenza della Provincia in materia di contratti pubblici rimane cioè relegata in modo inequivocabile negli stretti limiti dei meri poteri organizzativi e procedurali di tipo amministrativo.

    In sostanza, quindi, i principi generali sulla competenza dello Stato in materia di appalti, affermati in maniera chiara e perfino di semplice lettura in questa sentenza, potrebbero permanere anche dopo l’eventuale eliminazione del limite delle riforme economico-sociali con la prevista riforma, perché sono espressione diretta della Costituzione, dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico della Repubblica e degli obblighi internazionali e comunitari. Quella che ora dovrà affrontare la doppia lettura in Parlamento non sembra dunque essere esattamente la “riformona” venduta all'esterno dall'Svp.

  • Cosa dice la sentenza

    Tornando alla sentenza odierna, la norma  della Provincia, secondo i giudici costituzionali, ledeva i principi di trasparenza, parità di trattamento e concorrenza, sanciti dalla Costituzione e dal diritto europeo. “La disposizione impugnata – scrive la Corte – introduce un’irragionevole disparità di trattamento tra i concorrenti, rendendo non comparabili le offerte e ostacolando la verifica della loro attendibilità.”

    Il ricorso era stato presentato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, su impulso dell’Avvocatura dello Stato, che aveva evidenziato come la norma provinciale si ponesse in contrasto con l’art. 117 della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza.

    La Corte ha accolto pienamente questa impostazione, sottolineando che “l’obbligo di indicare i costi della manodopera e della sicurezza non è un mero adempimento formale, ma un elemento essenziale per garantire la correttezza e la trasparenza delle gare.” In altre parole, se solo il primo classificato è tenuto a fornire questi dati,non è possibile effettuare un confronto equo tra le offerte, né valutare correttamente la loro congruità.

    Ma perché la Provincia aveva attuato una misura così apparentemente difficile da comprendere? Palazzo Widmann presentava il tutto come una norma di semplificazione e accelerazione delle procedure di aggiudicazione,  ma la Consulta osserva che “la spettanza allo Stato del potere di definire legislativamente il punto di equilibrio tra la tutela della concorrenza e la tutela di altri interessi pubblici, al fine di garantire uniformità di disciplina su tutto il territorio nazionale, non vale solo per gli interessi sottesi alla tutela dei lavoratori, ma anche con riguardo a eventuali finalità di semplificazione procedimentale, poiché le scelte operate in tale ambito implicano ‘un delicato bilanciamento fra le esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure di gara e quelle, fondamentali, di tutela della concorrenza, della trasparenza e della legalità delle medesime procedure, […] quale garanzia di uniformità della disciplina su tutto il territorio nazionale’» (sentenza n. 39 del 2020, richiamata dalla sentenza n. 23 del 2022).

    Secondo i giudici “la norma provinciale altera il corretto svolgimento della gara, perché consente a tutti i concorrenti, tranne uno, di non esplicitare voci di costo fondamentali”. E ancora: “La trasparenza e la parità di condizioni tra i partecipanti sono condizioni imprescindibili per la legittimità delle procedure di affidamento.”

    In sintesi, per i giudici, “spetta esclusivamente allo Stato, nell’esercizio della sua competenza ex art. 117, secondo comma, lettera e), definire sul piano legislativo il punto di equilibrio tra la tutela della concorrenza e la tutela di altri interessi pubblici con essa interferenti), come quelli sottesi al raggiungimento di “obiettivi di politica sociale [...], di tutela dei lavoratori, di sostegno al reddito e alle imprese”.

    La decisione della Corte avrà come sempre effetti immediati: la norma provinciale non potrà più essere applicata, e la Provincia di Bolzano dovrà adeguare la propria legislazione in materia di appalti. Possibili anche ripercussioni su gare già bandite o in corso, che potrebbero essere oggetto di ricorsi o richieste di annullamento.

  • Il commento di Gennaccaro

    Angelo Gennaccaro (La Civica) esprime forte preoccupazione per gli effetti di questa decisione:

    La sentenza di oggi limita ulteriormente le nostre competenze legislative, evidenziando quanto la modifica dello Statuto di autonomia sia urgente e indifferibile. Ora sarà importante definire gli effetti di questa sentenza sulle gare di appalto in corso, a garanzia della certezza del diritto e della legittimità delle procedure. Spiace constatare che il Governo abbia deciso di impugnare questa legge provinciale e che non sia stato possibile concordare una modifica, che fosse accettabile anche per la Provincia. Ogni sentenza della Corte costituzionale sfavorevole alla Provincia è un duro colpo al cuore della nostra autonomia”.