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L'UE "bastona" Google e Airbnb

Una multa miliardaria per pratiche illegali al gigante del web, mentre la società degli affitti brevi s'è vista recapitare una richiesta di trasparenza sui prezzi.
Google
Foto: Pixabay

La Commissione europea ha inflitto a Google un'ammenda di 4,34 miliardi di euro, per aver violato le norme antitrust dell'UE. Dal 2011, infatti, Google impone ai produttori di dispositivi Android e agli operatori di reti mobili restrizioni illegali il cui obiettivo è consolidare la propria posizione dominante nel comparto delle ricerche generiche su Internet (nella maggior parte dei Paesi europei, ad oggi, detiene quote superiori al 90%).

La strategia di Google, ricostruita nell'inchiesta della Commissione europea (resa pubblica il 18 luglio), s'è realizzata attraverso tre mosse. L'azienda - spiega un comunicato - "ha imposto ai produttori di preinstallare l'applicazione Google Search e la sua applicazione di browsing (Chrome) come condizione per la concessione della licenza relativa al portale di vendita di applicazioni di Google (Play Store)"; "ha pagato alcuni grandi produttori e operatori di reti mobili affinché preinstallassero a titolo esclusivo l'applicazione Google Search sui loro dispositivi"; "ha impedito ai produttori che desideravano preinstallare le applicazioni Google di vendere anche un solo dispositivo mobile intelligente funzionante con versioni alternative di Android non approvate da Google".

Agendo in tal modo, Google ha utilizzato Android come strumento per consolidare la posizione dominante del proprio motore di ricerca.

L'entità dell'ammenda tiene conto della durata e della gravità dell'infrazione. Conformemente agli orientamenti della Commissione per il calcolo delle ammende del 2006 l'ammenda è stata calcolata sulla base del valore delle entrate di Google provenienti dai servizi di pubblicità sui motori di ricerca realizzate su dispositivi Android nel SEE. La decisione della Commissione impone a Google anche di porre un termine effettivo alla condotta illegale entro 90 giorni dalla data della decisione.

"L'Internet mobile, che costituisce oggi più della metà del traffico Internet globale, ha cambiato la vita di milioni di europei. Il caso in oggetto riguarda tre tipi di restrizioni che Google ha imposto ai produttori di dispositivi mobili che utilizzano Android e agli operatori di rete per fare in modo che il traffico che transita su tali dispositivi venga indirizzato verso il motore di ricerca di Google - ha spiegato Margrethe Vestager, Commissaria UE responsabile per la Concorrenza -. Agendo in tal modo, Google ha utilizzato Android come strumento per consolidare la posizione dominante del proprio motore di ricerca. Tali pratiche hanno negato ai concorrenti la possibilità di innovare e di competere in base ai propri meriti ed hanno negato ai consumatori europei i vantaggi di una concorrenza effettiva nell'importante comparto dei dispositivi mobili. Ai sensi delle norme antitrust dell'UE, si tratta di una condotta illegale".

 

Sotto la lente anche Airbnb

Il web è anche il terreno in cui opera Airbnb, il cui giro d'affari è cresciuto nel 2017 fino a 2,6 miliardi di dollari. Alla società che offre la possibilità di affitti brevi in case "private", la Commissione europea ha indirizzato il 16 luglio una lettera, imponendo entro fine agosto una serie di modifiche per tutelare il consumatore. Ad oggi, infatti, la presentazioni dei prezzi di Airbnb, come pure la distinzione tra attività di accoglienza privata e professionale non soddisfa i requisiti del diritto dell'Unione, in particolare la direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Due gli interventi che Airbnb dovrà realizzare con urgenza: "modificare il modo in cui presenta le informazioni sui prezzi a seguito di una ricerca iniziale sul proprio sito web, al fine di garantire che, quando è offerto un immobile al consumatore sia fornito il prezzo totale, comprese tutte le tasse e le tariffe obbligatorie applicabili, come servizio e pulizia, o, quando non è possibile calcolare il prezzo finale in anticipo, sia comunicato in modo chiaro al consumatore che potrebbero applicarsi altri oneri addizionali"; "indicare chiaramente se l'offerta è fatta da un privato o un professionista, poiché cambiano le norme relative alla protezione dei consumatori".

La popolarità non può essere una scusa per non conformarsi alle norme UE di tutela dei consumatori.

"Sono sempre più numerosi i consumatori che prenotano online i loro alloggi per le vacanze e tale settore ha offerto molte nuove opportunità ai turisti. La popolarità tuttavia non può essere una scusa per non conformarsi alle norme UE di tutela dei consumatori - spiega Věra Jourová, Commissaria UE per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere -. I consumatori devono capire facilmente quanto e per che cosa devono pagare quando acquistano servizi e nei loro confronti vanno applicate regole eque, ad esempio sull'annullamento dell'alloggio da parte del proprietario. Mi aspetto che Airbnb possa presentare rapidamente soluzioni adeguate".