“Ne va della sopravvivenza dell'Ucraina”
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SALTO: Signora Romantzova, potrebbe presentarsi, offrendo una piccola autobiografia della sua storia prima del suo lavoro come attivista per i diritti umani, di come è entrata nell’attivismo e di come le proteste del Maidan cambiarono la sua vita?
Oleksandra Romantzova: Ho iniziato ad essere attiva già a scuola. Durante il periodo scolastico, ho prestato molta attenzione alle autogestioni scolastiche. Mi sono diplomata a 17 anni in una piccola città nel sud dell’Ucraina, Mykolaiv. Poi sono arrivata a Kiev, dove sono andata all’università.
Nel 2004, c’è stata la seconda rivoluzione, la cosiddetta “rivoluzione arancione”. Io ero appena arrivata a Kiev, per me è stata una novità assoluta. In quel momento in cui intorno a noi c'è stata un'enorme discussione, un dibattito su come sarebbe stato meglio sostenere il Maidan o non sostenerlo.
Dopo la mia laurea, ho conseguito il master nel 2008. Era un periodo abbastanza tranquillo. Dopodiché iniziai a fare carriera in banca, sono un economista internazionale di formazione.
Quando è iniziata la Rivoluzione nel 2013, ero una delle poche persone che vedeva cosa succedeva alla nostra economia. Capivo che se non cambiavamo qualcosa, avremmo perso tutto il nostro settore del business privato, la nostra libertà imprenditoriale. Ecco perché sono totalmente a favore della nostra integrazione con l'UE, perché abbiamo bisogno di un mercato pulito: abbiamo bisogno di regole comprensibili e trasparenti per la nostra economia. Quindi, Yanukovych accettò di unirsi all’UE, ma quando si è rifiutato di firmare l'accordo a Vilnius, tutte le persone si riunirono in piazza Maidan a Kiev, per sostenere l'integrazione dell'UE."Sono totalmente a favore della nostra integrazione con l'UE, perché abbiamo bisogno di un mercato pulito"
Sono stati picchiati in modo assolutamente brutale giovani, studenti, ragazze e donne incinte. In quel momento i miei amici erano lì. Decisi di raggiungerli in piazza con una tenda per restare lì la sera successiva.
La mattina dopo mi svegliai grazie ad un gran numero di messaggi provenienti dai miei amici che mi scrissero che si erano rifugiati dalla polizia in una cattedrale e che la polizia stava cercando di far irruzione in chiesa per arrestargli.
Dopo questo episodio migliaia di persone andarono in piazza per protestare. Questo è stato l’inizio dell’Euromaidan. Durante questo periodo scoprii, che era stata avviata una hotline, che si chiamava “Euromaidan Source.” Questa hotline raccoglieva tutti gli appelli delle persone che erano state arrestate o picchiate durante il Maidan dalla polizia. Una volta arrestati, potevano chiamare dal carcere e noi cercavamo di aiutarli trovando avvocati che potevano sostenerli gratuitamente. Io decisi di aggregarmi all’iniziativa e così di giorno lavoravo in banca dalle 9 alle 18, dalle 18 alle 22 venivo in piazza Maidan, dove c'era un gran numero di iniziative di volontariato. Alle 22 andavo all'ufficio di “Euromaidan source”, perché molti giornalisti non riuscivano ad avere informazioni dalle fonti ufficiali e per questo si rivolgevano a noi. A mezzanotte tornavo a casa con la metropolitana. Dormivo circa 4 ore. Alle 4 prendevo il taxi, tornavo nell’ufficio di “Euromaidan Source” e svolgevo il mio lavoro in hotline dalle 4 alle 9. Poi tornavo al mio lavoro in banca e tutto si ripeteva. E questo per tre mesi.Quando ha compreso l'importanza dei diritti umani e quando ha deciso di lavorare attivamente per preservarli?
A volte le notti erano più calme e durante quelle notti leggevo: iniziai a leggere dei libri sui diritti umani e scoprii che tutti i valori della vita a cui avevo sempre dato importanza erano in sintesi diritti umani. Nel maggio del 2014, quando Janukoviç scappò e il Maidan vinse, lasciai il mio lavoro in banca e iniziai a lavorare al Centro per le Libertà Civili. Il mio primo progetto lo svolsi da difensore dei diritti umani, documentando crimini di guerra nel Donbass e in Crimea. Era un lavoro rivoluzionario, perché nessuno prima di noi, nella storia dell’Ucraina documentò crimini di guerra.
La mia prima missione in campo la svolsi in una zona di combattimento attivo, a Slovensk, una piccola città nel Donbass e una delle prime città occupate dai russi nel 2014. Arrivammo lì dopo soli 5 giorni che i russi si erano spostati da Slovensk a Donetsk e iniziammo a parlare con le persone che testimoniarono di persone che erano state rapite, tenute nelle cantine e altri posti dove furono torturati, alcuni furono uccisi. Iniziammo a raccogliere prove e a documentare i danni e le testimonianze."Il mio lavoro non è solamente attivismo, è molto di più, è cruciale per la sopravvivenza del nostro paese".
Eravamo solamente in 8: 2 avvocati, 2 difensori dei diritti umani e 4 giornalisti- la prima squadra che documentò le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra in Ucraina- ma soprattutto eravamo fortunati di non essere stati esposti a combattimenti o mine. Il mio primo confronto con delle fosse comuni lo ebbi dopo l’invasione dei russi nel 2022 a Butscha, quando non arrivai solamente a conoscere il posto dove furono commessi dei crimini, ma fui direttamente confrontata con i corpi di persone innocenti uccise: Il mio lavoro non è solamente attivismo, è molto di più, è cruciale per la sopravvivenza del nostro paese.
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Perché incontriamo così poca resistenza da parte della popolazione russa rispetto alla guerra, ma anche riguardo ai crimini di guerra e alle atrocità commesse in Ucraina?
Immaginati che i tuoi vicini ti attaccano e tu gli chiedi il perché e loro ti rispondo: “ma noi vi aiutiamo, vi stiamo salvando.” Queste persone non sono lì per libera scelta, ma per un sistema. Non solo un sistema dell’esercito russo, ma un sistema che riguarda l’intera società russa, il sistema di Putin. Questo sistema non ebbe inizio nel 2014, ma nei primi anni del 2000, con l’elezione di Putin. Dopo essa non ci furono più libere elezioni in Russia. Questo ci dimostra che Putin ha la possibilità di agire senza ostacoli. In tal modo iniziò a ridurre la libertà d’espressione, di riunione... In pratica ha ridotto pari a zero i diritti umani e creato questo mondo “virtuale” dove viene trasmesso che l’Ucraina debba essere salvata e liberata dai fascisti. La privazione di libertà di scelta e d’espressione in ambito politico e la totale assenza di media critici in combinazione ad una società povera e a dei salari alti nell’esercito insieme a una macchina propagandistica impressionante, portarono ai crimini di guerra."I crimini di guerra per i russi non sono altro che un modo di combattere".
I crimini di guerra furono sistematicamente pianificati e ordinati dall'alto o furono commessi da singoli soldati che agivano in modo indipendente?
I russi non iniziarono a commettere crimini di guerra per semplice crudeltà, ma per la metodologia del loro esercito. Osservando e comparendo le diverse campagne militari russe precedenti in Cecenia o in Siria, si comprende velocemente che i crimini di guerra per i russi non sono altro che un modo di combattere. Quando arrivano in un territorio cercano di creare un sistema di paura e di controllo: le persone vengono rapite, torturate oppure uccise per diversi motivi-anche se in realtà non hanno bisogno di un motivo, hanno il potere di farlo e lo fanno. In più si incontra un livello altissimo di violenze sessuali contro tutti i tipi d’età, sesso e status sociale. E non essendo stati commessi questi crimini solamente una sola volta, si capisce che si tratta di una modalità strategica di combattimento e anche che gli ordini non siano stati dati da singoli ufficiali, ma che vengano dai ranghi più alti.Quale era il ruolo del Centro per le Libertà Civili nella documentazione di crimini di guerra nel 2014?
I russi si affidarono al fatto che spesso le atrocità commesse contro civili in guerra alla fine di essa tendono ad essere dimenticati e che non vengano fatte delle indagini. Per questo decidemmo di documentare i crimini di guerra nel 2014. L’ufficio del procuratore d’Ucraina creò un dipartimento speciale per la documentazione dei crimini di guerra solo nel 2019. Per anni la documentazione di crimini di guerra fu svolta da difensori per i diritti umani e diverse organizzazioni, tra cui la nostra come una delle prime. Oggigiorno cooperiamo con l’ufficio generale del procuratore, con la corte internazionale… adesso il lavoro è più attivo, ma nel 2014 eravamo soli. -
I due appuntamenti
Oleksandra Romanzova, Direttrice Esecutiva del “Centro per le libertà civili di Kyiv – ONG” e Premio Nobel per la Pace 2022 parteciperà a due incontri a Bolzano: oggi (mercoledì 20 novembre) alle ore 20.30 presso la Chiesa di Tre Santi e domani (giovedì 21 novembre) alle ore 10.30 presso l’auditorium delle scuole Marcelline.
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Se consideriamo che al giorno d'oggi è quasi impossibile ritenere responsabili i leader autoritari delle loro azioni criminali e che le leggi internazionali, i diritti umani e gli accordi spesso non vengono rispettati, come pensa che il suo lavoro possa contribuire a rendere giustizia alle vittime dei crimini di guerra?
La giustizia esiste a due livelli: giustizia personale, cioè individui che hanno bisogno di giustizia. La giustizia da una parte consiste nella persecuzione dell’aggressore e dall’altra nel ricostruire i diritti delle vittime.
Per riferirmi alla prima parte è possibile trovare ogni soldato… che ha commesso il crimine? Con grande probabilità questo soldato morirà sul campo di battaglia. Per il secondo punto, è possibile ricostruire i diritti delle vittime, aiutandoli a riabilitarsi a riscattare le loro vite. Cosa molto importante è dare alle vittime la certezza che l’avvenuto non sia la “normalità” in tempi di guerra, ma che si tratta di crimine.
In secondo livello, la giustizia nazionale. La Russia ha a sua disposizione un enorme apparato propagandistico che tramanda un messaggio falso che ci sia la necessità di attaccare l’Ucraina, perché essa si prepara ad attaccare noi. Per dimostrare la nostra innocenza, l’Ucraina deve essere molto attiva nella documentazione di crimini di guerra, nell’usufruire del meccanismo internazionale di giustizia, collaborando con investigatori internazionali per difenderci.Quale ruolo dovrebbero assumere le istituzioni e i meccanismi internazionali per tornare a svolgere un ruolo attivo negli scenari di conflitti intorno al mondo?
I meccanismi internazionali di giustizia sono nati dopo la seconda guerra mondiale, come tentativo di trovare delle alternative ai conflitti armati. Questi meccanismi nel complesso funzionano bene, considerando che da 80 anni non abbiamo conflitti di maggiore estensione in Europa. Questo è eccezionale e richiede un grande lavoro da parte di diplomatici nello stendere accordi o negoziazioni per evitare conflitti armati.
Quindi, è possibile che organismi internazionali a volte non funzionano? Sì.
Significa che ci rassegniamo rispetto a questo fatto? No, perché il loro funzionamento è di massima importanza per tutti noi. Dobbiamo far qualcosa, prendere delle decisioni, stendere nuovi accordi, avviare un meccanismo completamente nuovo contro i crimini di guerra, abbiamo bisogno di nuovi modelli. Questo anche perché la guerra è cambiata: oggigiorno abbiamo le Nazioni Unite o il Consiglio d’Europa che rispondono alle domande di guerra del 20. secolo, ma le guerre nuove, le cosiddette guerre “ibride”, richiedono dei nuovi meccanismi per rispondere a esse.