Politica | La sentenza

Zeller vince ancora

La Corte di Cassazione dà ragione all’ex senatore diffamato da Le Iene. Il programma Mediaset ha diffuso consapevolmente notizie false sullo stipendio della segretaria.

“Hanno voluto andare avanti a tutti i costi ma, tra una cosa e l’altra, questo scherzetto è costato a Le Iene oltre centomila euro. Per me la vicenda è chiusa”. Commenta così l’ex senatore SVP Karl Zeller la sentenza della Corte di Cassazione pubblicata l’11 luglio che conferma, per la terza volta, la diffamazione aggravata nei suoi confronti dopo la messa in onda sette anni fa del servizio firmato dall’inviato Filippo Roma, “Chi paga la segretaria dell’avvocato/senatore?”.

La vicenda aveva provocato un grande eco mediatico anche perché collegata al licenziamento anticipato della responsabile dell’ufficio stampa del Psi in Senato, all’interno del Gruppo parlamentare per le Autonomie-Psi-Maie, di cui Zeller era presidente, per effetto dell’entrata in vigore del Jobs Act.

Il 17 marzo 2016, il noto programma Mediaset in onda su Italia 1 denunciava, partendo dalla vicenda della collaboratrice, che l’ex senatore avrebbe pagato la segretaria del suo studio legale a Merano con i fondi del gruppo parlamentare.

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Il servizio de Le Iene: La Corte di Cassazione ha confermato la diffamazione aggravata a danno dell'ex Senatore

 

Il servizio, visto da milioni di persone, era stato trasmesso nonostante due mesi prima Zeller avesse diffidato l’emittente dal mandarlo in onda, fornendo le buste paga della lavoratrice e ulteriori documenti in grado di attestare la regolarità della sua posizione, confermata in tutti i gradi di giudizio.

La segretaria aveva lavorato, per un periodo limitato, sia come dipendente dello studio legale a tempo indeterminato, sia per il Gruppo per le Autonomie del Senato con un contratto co.co.co, percependo la somma mensile di  877 euro lordi.

Il programma, tuttavia, non ha semplicemente sottolineato la coesistenza dei due rapporti di lavoro, ma ha trasmesso consapevolmente la notizia falsa che la segretaria dello studio legale, mai presente a Roma, fosse illecitamente remunerata a spese della collettività.

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Filippo Roma ed Eva Klotz: L'inviato delle Iene ha realizzato pochi mesi dopo un altro servizio sui politici sudtirolesi, questa volta prendendo di mira l'indipendentista coinvolta nello scandalo vitalizi

 

“Il tutto - si legge nella sentenza - grazie un montaggio e ritaglio ad arte delle interviste realizzate dagli autori presso il personale del Senato, la Santer e l’interessato, aggravato dai commenti e dalle sottolineature travisanti degli autori, che dolosamente avevano trascurato sia la prova della diversa realtà dei fatti tempestivamente comunicata dal sen. Zeller, sia la puntuale verifica dei medesimi, con il risultato che la notizia fornita al pubblico, in forma assertiva e non di pura ipotesi, era quella falsa della retribuzione pagata alla predetta con denaro pubblico”.

La Cassazione conferma il danno richiesto dalla sentenza di primo grado di 60 mila euro, in aggiunta alle spese processuali, considerando “i commenti feroci pubblicati dai cittadini sui vari siti online, gli articoli di stampa che ne erano seguiti, ed alla luce di contro del curriculum vitae del danneggiato, del suo ruolo politico dell’epoca, nonché dell’attribuzione di un fatto determinato, astrattamente integrante il reato di cui all’art. 316-bis c.p., con lesione delle sua immagine politica, sociale e professionale, e della particolare gravità altresì dell’elemento psicologico dell’illecito, posto che essi hanno tagliato ed adattato il filmato, intenzionalmente ignorando le prove in contrario già fornite dall’offeso, ed anzi espressamente interpellando al riguardo lo stesso presidente del Senato dell’epoca Pietro Grasso, dunque alla stregua di tutti i parametri enunciati da Cass. n. 21855/2019”.

Il Tribunale ha riconosciuto che la diffamazione è stata grave a tal punto da stabilire che Reti Televisive Italiane avrebbe dovuto corrispondere il pagamento di un danno superiore al massimale di 50 mila euro previsti dalle tabelle di Milano, rendendolo di fatto uno dei più alti risarcimenti riconosciuti a un politico. La sentenza di primo grado dovrà inoltre essere pubblicata a spese dell'emittente su cinque quotidiani nazionali.

Le Iene sono state un chiaro esempio di quello che un giornalista non dovrebbe fare

“Quello che mi preme sottolineare è che questa sentenza ha fissato importanti paletti per l’attività giornalistica – spiega Zeller –. Le Iene hanno fatto irruzione nel mio studio, mi hanno aggredito mentre facevo la spesa facendomi queste accuse. Il giorno dopo ho fatto mandare tutti i documenti per dimostrare che non era vero che la mia segretaria la stesse pagando il Senato. Le Iene hanno fatto un lavoro inutile. Hanno imboccato una strada, per scoprire che la storia non era vera. Succede. Ci hanno riflettuto per due mesi e hanno deciso di mandare in onda il servizio comunque, probabilmente perchè hanno speso molti soldi per le riprese tra Roma e Merano, ma questo non è un buon motivo per diffamare una persona. All'inizio avevo chiesto la conciliazione, mi sarebbero bastate le scuse pubbliche. Ma loro hanno rifiutato per principio, anche dopo la sentenza di primo e secondo grado. Le Iene sono state un chiaro esempio di quello che un giornalista non dovrebbe fare. Caso vuole – conclude Zeller – che io sia un avvocato e, pertanto, ho saputo come difendermi. Quella pec inviata il giorno dopo le riprese è stata determinante”.
 

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Andreas Berger Ven, 07/21/2023 - 21:11

Bitte genau lesen Herr Raffeiner, die Angestellte hat gleichzeitig für die Senatsfraktion und für die Kanzlei Zeller gearbeitet. die 877 Euro brutto beziehen sich also, so steht's im Artikel, nur auf die Teilzeitbeschäftigung für die Senatsfraktion.

Ven, 07/21/2023 - 21:11 Collegamento permanente