Se vogliamo ricordare la valle del Biois
-
80 anni fa. La strage della valle del Biois
È stato 80 anni fa.
L' eccidio della valle del Biois.I Comuni della Valle del Biois (Falcade, Canale d’Agordo e Vallada Agordina) invitano i cittadini a commemorare, nella giornata di martedì 20 agosto 2024, l’80° anniversario dell’eccidio della Valle del Biois. Infatti il 20 agosto 1944, a seguito di alcune azioni delle brigate partigiane, scatenarono la terribile rappresaglia nazista: gli uomini di una divisione della SS-Gebirgs-Kampfschule, di stanza a Predazzo, insieme a un battaglione del Polizeiregiment “Bozen”, composto quasi esclusivamente da sudtirolesi comandati dal maggiore Alois Schintlholzer, trucidarono in valle del Biois – fra civili e partigiani – quarantaquattro persone e incendiarono diversi villaggi, lasciando senza tetto oltre seicento persone.
Fra le molte vittime e gli ostaggi deportati successivamente nei campi di concentramento, ricordiamone almeno uno: De Biasio Marino, nato a Falcade (Belluno) il 9/11/1926, ucciso il 20/8 mentre pascolava le mucche. Aveva 18 anni.Descrizione sintetica del fatto:
all’alba del 20 agosto truppe tedesche e altoatesine giungono nella valle dal Trentino. Una colonna,
guidata da Erwin Fritz, dall’altopiano delle Pale verso Canale d’Agordo; un’altra, condotta da Alois
Schintlholzer (ferito poi durante le operazioni), dai passi Valles e San Pellegrino verso Falcade, con l’intento
di congiungersi a Caviola (Falcade). Il primo abitato ad essere saccheggiato e incendiato è Gares (Canale
d’Agordo), i partigiani decidono di non intervenire, ma ciò non evita le prima vittime. Posti alcuni ostaggi
davanti (nel tragitto ne moriranno due), la colonna si dirige a Fregona (Canale d’Agordo) per congiungersi
all’altra che intanto ha dato fuoco a Tabiadon (Falcade). Il gruppo è oggetto di una raffica di mitra che
causa l’uccisione di Maria Carli e Secondina Serafini. La seconda colonna fatica a raggiungere Caviola per la resistenza opposta dai partigiani al ponte sul Biois. Alla fine le due colonne si ritrovano a Falcade con circa 200 ostaggi, rinchiusi nell’autorimessa della ditta “Buzzatti”, dalla quale vengono prelevati per gli interrogatori all’albergo “Focobon”.
La mattina dopo il rastrellamento continua con gli incendi di Caviola (Falcade), Feder e Fregona (Canale
d’Agordo). Alle 10,30 otto ostaggi vengono prelevati dal garage e fucilati sul greto del Biois, altri vengono uccisi negli incendi da raffiche di mitra o dal fuoco. Nel pomeriggio del 21 agosto i tedeschi iniziano a ritirarsi, portando con sé gli ostaggi, destinati ai campi di concentramento, e uccidendo altre persone lungo la strada.Modalità dell’episodio:
Uccisione con arma da fuoco/fucilazione/incendio.
Violenze connesse all’episodio:
Saccheggio e incendio degli abitati di Gares, Feder, Fregona, Tegosa, Forno (comune di Forno di Canale),
Caviola, Tabiadon, Sappade (comune di Falcade), oltre a abitazioni, stalle e fienili isolati; sequestro, tortura
e deportazione di abitanti della zona.Tipologia:
Rastrellamento.
Esposizione di cadaveri
Occultamento/distruzione cadaveri
Il 16 agosto 1977 il giudice istruttore presso il tribunale di Bologna, Sergio Castaldo, emise dei mandati di cattura contro il comandante della SS-Gebirgs-Kampfschule, il maggiore delle SS (SS-Sturmbannführer) Alois Schintlholzer (65 anni, di Innsbruck), e il maresciallo di polizia (Zugwachtmeister der Schutzpolizei) Erwin Fritz (65 anni, di Berlino, residente nella Germania Ovest a Gottinga, commissario di polizia a riposo). Tra gli imputati vi erano anche Emil Wendt (70 anni, nato a Stettino, residente a Castelrotto, parrucchiere), Domenico Mussner (65 anni, di Selva di Val Gardena, scultore in legno), Matthias Hildebrand (65 anni, di Parcines, residente a San Pancrazio, contadino), Ludwig Pattis (65 anni, di Tires, trasferitosi in Germania), Giovanni Zentgraf ed Hermand Holland (deceduti prima dell'inizio del processo) e Hans Holland (del quale si conosceva solo il nome).
Il processo iniziò nel 1979. Processati in contumacia poiché Austria e Germania Ovest non concessero l'estradizione e nemmeno la possibilità di un interrogatorio, Schintlholzer e Fritz furono difesi dall'avvocato Roland Riz, vicepresidente della Südtiroler Volkspartei (SVP) e deputato, il quale chiese per i suoi assistiti l'assoluzione con formula piena. Sei testimoni a discarico tedeschi e austriaci non si presentarono temendo di essere a loro volta incriminati. I militari sudtirolesi furono assolti per mancanza di prove e, chiamati a testimoniare, accusarono i loro ex comandanti per il comportamento tenuto nel corso dell'operazione, fornendo elementi decisivi per la determinazione dei capi d'accusa.
Infine, con verdetto del 7 luglio 1979 i due comandanti furono gli unici condannati all'ergastolo, non scontando mai la pena. Tuttavia, il 6 maggio dell'anno successivo la Corte d'assise d'appello rilevò il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e assegnò la competenza al procuratore militare di Verona. Il nuovo iter processuale fu lungo e complesso soprattutto per questioni formali, concludendosi con sentenza del 15 novembre 1988 in una nuova condanna all'ergastolo per Schintlholzer, sempre in contumacia, mentre Fritz, a differenza di quanto era stato deciso dalla magistratura ordinaria, venne assolto per insufficienza di prove. La sentenza fu poi confermata dal Tribunale supremo militare. Schintlholzer rimase libero in Austria fino alla morte, avvenuta a Bielefeld nel giugno del 1989.