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Non è una Provincia per giovani

I ragazzi faticano a rimanere in Alto Adige e le motivazioni, dalla casa agli stipendi non commisurati al costo della vita, sono molteplici. E anche il futuro, con il taglio delle pensioni, non sembra essere troppo roseo...
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
giovani alto adige
Foto: Liza Summer - Pexels
  • Lo scorso 12 giugno si è tenuto a Laives il workshop strategico dell’IPL, un appuntamento annuale attraverso cui l’Istituto riceve dai propri stakeholder preziose indicazioni sui temi più caldi da affrontare.
     

    Tra questi, nel corso dell’incontro è emerso un problema trasversale, vale a dire quello dei giovani altoatesini, il cui quadro presente e futuro sembra al momento essere poco incoraggiante. I noti problemi del territorio e le prospettive sulle pensioni, infatti, non fanno dormire sogni tranquilli ai ragazzi che oggi si affacciano (o si sono da poco affacciati) al mondo del lavoro.

  • Problemi presenti…

    Le difficoltà dei giovani, spesso, sono le stesse dei “grandi”, ma spesso ingigantite dalla precarietà a cui spesso i ragazzi devono far fronte in un mondo del lavoro ormai frammentato e in cui non sempre è facile avere un impiego in modo continuativo. 

    L’esempio più lampante è la questione alloggi: “uscire di casa” oggi è infatti quasi impossibile per i giovani che vorrebbero spiccare il volo dal “nido” familiare. La carenza di abitazioni e i prezzi degli affitti (inutile anche solo parlare di una prospettiva di acquisto attraverso un mutuo) impongono infatti una permanenza forzata nella casa di famiglia.

    Ciò viene poi accentuato da un altro ostacolo, vale a dire gli stipendi che, soprattutto quando si parla di tirocini et similia, non possono far fronte a un costo della vita sempre più alto e a cui anche i salari “regolari” faticano a stare dietro. In fondo, se già per un adulto che ha un lavoro stabile è un problema trovare un alloggio, figurarsi qualcuno che lavora a singhiozzo, magari sottopagato…

    Come detto, questi sono problemi che riguardano tutti ma che, in virtù della condizione di precarietà dei giovani, diventano quasi insormontabili per gli “under”. Affrontarli con decisione diventa dunque di primaria importanza per limitare la fuga dei cervelli e, magari, provare anche a invertire il trend attirando manodopera qualificata da fuori.

    Durante l’incontro è poi emerso anche un tema che potremmo definire “generazionale": i bisogni dei giovani, spesso definiti come “pigri” e “mammoni” (qualcuno avrebbe detto “choosy”…), vengono spesso ignorati. Dell’argomento si parla, questo è chiaro, ma spesso a discuterne è chi giovane non lo è più (e quindi non vive queste problematiche in prima persona). Quando arriva il momento di concretizzare, poi, si fa poco. 

  • … e problemi futuri

    I problemi, però, non si limitano al presente, ma anche al futuro e in particolare alle pensioni che, tra l’altro, appaiono ogni giorno più distanti. 

    Come quindi riportato da La Repubblica, il rischio che i futuri pensionati siano sempre più poveri è pressoché certo: il sistema contributivo, in un’epoca in cui il posto fisso è sempre meno sicuro, porta infatti a penalizzazioni che poi peseranno parecchio quando si smetterà di lavorare

    In particolare si parla di un tasso di sostituzione al 50% che, per semplificare, significa che i pensionati percepiranno una cifra pari alla metà dell’ultimo stipendio. Per i redditi già di per sé medio-bassi, il rischio di vivere una vecchiaia in povertà appare dunque elevato.

    Come se non bastasse, in futuro ci si ritroverà ad avere a che fare con un sistema sanitario nazionale in difficoltà: come infatti calcolato dalla Ragioneria generale dello Stato, l’età media in crescita e l’allungamento della prospettiva di vita porteranno la spesa previdenziale a toccare addirittura il 17% del PIL italiano nel 2040. Il tutto a fronte di un minor numero di lavoratori attivi che, come prevedibile, potrebbe portare a ulteriori tagli per un comparto già spesso oggetto di ridimensionamenti.  

    A questo si aggiunge poi un dilemma riguardante in particolare l’Alto Adige, vale a dire l'annunciata riforma del sistema locale di assistenza a lungo termine, ossia dell’assegno di cura: il fatto di non conoscerne ancora tutti i dettagli, infatti, non fa che alimentare i dubbi sul futuro.

  • Foto: Csamhaber - Pixabay
  • L’esodo

    La soluzione, spesso, è solamente una: emigrare. Come infatti emerge da uno studio dell’IRE, due terzi dei giovani altoatesini tra i quattordici e i trent’anni sarebbero disposti a lasciare la provincia per motivi professionali

    Anche i dati resi noti dal Servizio del mercato del lavoro confermano questa tendenza. Negli ultimi vent’anni, in Alto Adige si sono laureati 11.000 ragazzi: 5.000 di questi non sono altoatesini e solo il 10% di questi ultimi è rimasto sul territorio dopo aver terminato gli studi. A loro si aggiungono poi i 643 studenti autoctoni emigrati, in particolare in Paesi germanofoni, dopo aver conseguito la laurea. Il calcolo è piuttosto semplice: poco più della metà dei laureati in Alto Adige rimane a lavorare in provincia, il resto se ne va

    Austria, Svizzera e Germania, in particolare, offrono retribuzioni più alte e (soprattutto) più in linea con il costo della vita, maggiori possibilità di fare carriera e anche forme di welfare che incentivano il trasferimento (come per esempio affitti calmierati o addirittura alloggi gratuiti per i primi periodi, ma anche una formazione garantita dal datore di lavoro o dagli enti pubblici). L’impressione è che ciò dipenda (oltre che, ovviamente, da una maggiore disponibilità economica) anche da una mentalità diversa: i giovani all’estero sembrano davvero essere considerati una risorsa su cui investire, e non un peso da accollarsi.

    Questo autentico “esodo” va ovviamente a discapito del futuro dell’Alto Adige che, ogni giorno di più, vede fuggire il proprio futuro all’estero: giovani laureati e lavoratori qualificati abbandonano infatti il territorio per trasferirsi in altre zone d’Italia (dove, anche magari a fronte di uno stipendio inferiore, vi sono comunque costi molto più bassi) o, appunto, nei Paesi germanofoni confinanti, impoverendo il capitale umano presente e futuro della Provincia.

  • Le possibili soluzioni

    Nel corso del workshop, stakeholder e IPL hanno dunque provato a ipotizzare alcune soluzioni comprendenti, così come i problemi di riferimento, diversi campi d’azione. 

    Prima di risolvere problemi complessi come quello dell’abitare, sarà tuttavia necessario partire da un lavoro preliminare: negli anni sono infatti state parecchie le soluzioni proposte, ma al momento quelle adottate non sembrano sufficienti. Analizzare cosa sia stato portato a termine e perché si sia scelto di fare questo piuttosto di quello appare dunque di primaria importanza, e in tal senso il lavoro di ricerca dell’Istituto potrà risultare molto utile.

    Per quanto riguarda il costo della vita e gli stipendi, la soluzione è tanto banale quanto complessa: serve riconoscere ai giovani (siano essi tirocinanti, apprendisti o semplicemente giovani dipendenti) retribuzioni più alte e che permettano di avere una certa indipendenza. Ciò sarà possibile anche attraverso la ripresa della contrattazione territoriale, argomento che si colloca nel più ampio tema delle politiche salariali anch’esso emerso nel corso della giornata.

    In ottica pensioni, servirà invece puntare in particolare sull’educazione dei giovani, magari a partire dalle scuole, in modo da renderli consapevoli della situazione e sull’ormai imminente necessità di un’assicurazione pensionistica complementare.

    Importante sarà poi un ascolto importante, magari attraverso un consiglio di giovani che possa confrontarsi con i decisori politici, esponendo i veri problemi della categoria.

    Serve in sostanza un cambio di rotta radicale, con una visione a lungo termine. In uno scenario in cui la manodopera qualificata sarà una risorsa sempre più preziosa, trattenere le menti più brillanti nel territorio è infatti di primaria importanza…

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Matthias Wallnöfer Sab, 06/22/2024 - 11:26

> Anche i dati resi noti dal Servizio del mercato del lavoro confermano questa tendenza. Negli ultimi vent’anni, in Alto Adige si sono laureati 11.000 ragazzi: 5.000 di questi non sono altoatesini e solo il 10% è rimasto sul territorio dopo aver terminato gli studi.

Ein weiteres Argument, welches beim möglichen Zuzug von Personen aus dem EU-Ausland in Betracht gezogen werden sollte, besteht in der Pflicht zur Zweisprachigkeit. Obwohl eigentlich nur im öffentlichen Dienst Voraussetzung, kommt man auch in der Privatwirtschaft nicht umhin, eine gewisse Gewandtheit in der zweiten Sprache an den Tag zu legen.

Ich hatte einen Bekannten, der aus familiären Gründen nach Südtirol gezogen war. In seinem Heimatland war er mit mehreren europäischen Sprachen aufgewachsen, darunter auch Deutsch. Aber mit Italienisch hatte er stets große Schwierigkeiten, so dass er am Arbeitsplatz und bei behördlichen Angelegenheiten immer wieder auf größere Barrieren stieß. Er versuchte es auch mit Sprachkursen, aber irgendwann gab er auf und die Familie zog ins Ausland.

Sab, 06/22/2024 - 11:26 Collegamento permanente