In via del tutto preliminare, prima di addentrarci nella selva dei dati e dei risultati, sgombriamo il campo da un paio di questioni di carattere generale. Visto che, nell’ultimo contributo a Salto, avevo sollevato il problema della partecipazione al voto, mi pare giusto sottolineare che in quasi tutti i centri dall’Alto Adige, e in primo luogo a Bolzano, c’è stata una netta ripresa rispetto alle ultime elezioni comunali. Si è evitato tra l’altro il ricorso al commissariamento nei piccoli comuni dove si era presentata una sola lista. È un dato positivo e va registrato.
È invece una conferma quella sulla totale aleatorietà degli exit poll quando vengono realizzati in una situazione così difficile e particolare come quella altoatesina. I dati usciti dalle urne nella giornata di martedì smentiscono in maniera abbastanza netta le previsioni comunicate lunedì pomeriggio. Era già successo in passato e succederà di nuovo, sino a quando non si capirà che questo metodo statistico male si adatta ad un territorio dove gli scarti di opinione politica sono netti non solo tra centro e periferia ma anche all’interno dei grossi centri urbani.
Ed ora veniamo ai risultati.
Forse stupirò coloro che si sono appassionati, in queste ore, al “testa a testa” tra i due candidati bolzanini, ma secondo me il dato di maggior interesse che esce da questo primo turno delle comunali arriva da Merano. Il fatto che la Südtiroler Volkspartei non sia riuscita, questa volta, neppure a conquistare, con un candidato sindaco nuovo di zecca, l’accesso al ballottaggio è questione di assoluto rilievo. Il partito della stella alpina potrà pure consolarsi con l’aver mantenuto, sia pur per un soffio, lo scettro di prima forza politica della città, ma il dato che esce dalle urne è chiarissimo. Tra 15 giorni a giocarsi la poltrona di primo cittadino saranno l’uscente Paul Rösch e il candidato italiano espresso dalle due liste civiche di centro e centrodestra. Alla Südtiroler Volkspartei non resterà che scegliere quale atteggiamento tenere e prepararsi a contrattare con il vincitore il prezzo della propria partecipazione alla prossima giunta.
È abbastanza chiaro che, nel secondo centro della provincia, c’è una vasta parte di elettorato di lingua tedesca che ha riposto nel cassetto delle memorie l’impegno a sostenere sempre comunque il partito di raccolta. Sono segnali che arrivano anche da altre località non proprio minori come Vipiteno e che andranno analizzati con attenzione per capire se si tratta di questioni ristrette a singole realtà locali o se configurano un cambiamento del quadro politico più generale.
E veniamo a Bolzano.
Terminato lo spoglio delle schede, la situazione di sostanziale parità tra Zanin e Caramaschi, sia nella percentuale di voti raccolti che nel numero dei consiglieri ottenuti dalle rispettive coalizioni, disegna un quadro politico abbastanza netto. Nessuno dei due schieramenti, da solo, ha i numeri per poter governare la città anche nel caso che il suo candidato prevalesse al ballottaggio che si terrà il 4 ottobre. Per durare cinque anni occorrono, come minimo, 23 consiglieri e i quasi certi incidenti di percorso consiglierebbero una maggioranza leggermente più ampia. Mentre queste note vengono scritte i due schieramenti possono contare ciascuno su 16 consiglieri. Fuori dal recinto delle due fazioni contrapposte restano solo i sette consiglieri della Südtiroler Volkspartei (che ne ha perso uno rispetto alle elezioni del 2016) i quattro consiglieri ottenuti dall’attivissimo Angelo Gennaccaro e i due consiglieri del Team K sui quali pesa peraltro l’interdetto della SVP. Molto, quasi tutto, dipenderà dunque dalle scelte che faranno i responsabili del partito di lingua tedesca. Potranno decidere di dare loro appoggio ad uno dei due sfidanti prima del ballottaggio oppure di lasciare i loro elettori libertà di voto, riservandosi di andare alla trattativa politica sulla nuova giunta con il vincitore. Le stesse opzioni si presentano davanti a Gennaccaro la cui posizione è tuttavia diversa da quella della Südtiroler Volkspartei per un particolare. I suoi quattro consiglieri non basterebbero da soli per dare ad una delle due coalizioni la maggioranza necessaria, cosa che invece avviene per i sette consiglieri SVP.
Questo il quadro con cui si parte per una fase politica piuttosto complessa. La SVP, come dimostrano diversi avvenimenti delle ultime settimane, attraversa una fase di tensioni interne piuttosto accentuate che potrebbero condizionare anche le scelte sul futuro politico di Bolzano. È evidente che un nulla di fatto con il successivo commissariamento del Comune e il ritorno alle urne tra qualche mese non piace a nessuno, ma non sono nemmeno da sottovalutare i malumori di una parte del partito per una prosecuzione della collaborazione con i Verdi e, d’altro canto, le forti perplessità ad aderire ad una maggioranza della quale farebbe parte a pieno titolo un partito come Fratelli d’Italia.
Per intanto si può gettare uno sguardo, con qualche elemento di notevole interesse, alla composizione del consiglio comunale bolzanino che si riunirà a suo tempo. Sarà un’assemblea un po’ diversa da quella che si è sciolta qualche settimana fa. Il platonico scettro di primo partito della città va a tre partiti che, divisi nelle urne da una manciata di voti, conquistano ciascuno sette seggi: la SVP, in calo come detto di un seggio rispetto al 2016, il PD che di seggi ne perde due e la Lega che quei due seggi li guadagna ma che, rispetto al risultato delle Provinciali del 2018 cede probabilmente qualcosa alla lista Zanin. Poi ci sono le liste direttamente legate ai due candidati Sindaco. Quella di Zanin conquista cinque seggi, mentre quella di Caramaschi solo quattro. Differenza compensata dal miglior risultato dei Verdi rispetto a quello di Fratelli d’Italia. A completare il quadro delle due armate contrapposte un cenno ai renziani di Italia Viva e alla lista della Sinistra che sostenevano Caramaschi ma che non hanno superato la soglia dell’ingresso in consiglio, mentre nel centrodestra resta fuori Forza Italia.
Tra gli esclusi desta abbastanza sensazione la bocciatura senza attenuanti dei 5Stelle. Nel 2016 erano il terzo partito della città con il 13,33% dei voti e sei consiglieri. Questa volta hanno superato di poco i 3% dei consensi. Pensavano probabilmente di potersi intestare politicamente una quota molto più consistente del voto di coloro che sempre in questa tornata elettorale hanno votato per la riduzione del numero dei parlamentari, battaglia di principio del movimento grillino. È quella che in gergo politico si chiama la “sindrome di Mario Segni” dal nome del politico DC che, nel 1993, fu tra i principali promotori del referendum sul passaggio al sistema proporzionale e che poi, illudendosi di poter contare su quel consenso, passò da una disavventura elettorale all’altra. Nello stesso inganno, questa volta a Bolzano, potrebbe esser caduto anche l’ex consigliere dei 5Stelle Davide Costa, promotore un anno fa del referendum con il quale è stato cancellato il progetto del tram e che aveva deciso di presentarsi come candidato sindaco con una propria lista. Anche lui resterà fuori dal consiglio, così come, e anche questo è un dato interessante, il gruppo di Casapound, il cui successo, nel 2016, 6,69% dei voti e tre consiglieri aveva destato clamore. Sembrava che il raggruppamento della destra estrema avesse deciso di abbandonare le competizioni elettorali, poi, all’ultimo momento la decisione di rientrare in gioco a Bolzano. I 1186 voti ottenuti non sono bastati per superare la soglia di sbarramento.
Questi i nomi e le cifre di Bolzano. Parecchio resterebbe da dire sui vari comuni della provincia, da Laives e Bronzolo dove gli uscenti Bianchi e Mongillo vincono con percentuali bulgare a Vadena che avrà per la prima volta un sindaco di madrelingua tedesca.
Intanto il primo turno passa agli archivi. In attesa dei ballottaggi vengono scrutinati, nel totale disinteresse, i voti per i consigli di circoscrizione. Anche questo è un tema che prima o poi dovrà essere affrontato.