Società | Salute mentale

Pronti a uscire dalla bolla pandemica?

Riaperture, cosa significa re-interagire col “mondo fuori”, specie per chi soffre di ansia sociale. La psicologa Zucali: “Serve follow up o disturbi si cronicizzeranno”.
Ragazza
Foto: Unsplash

Steven Petrow, columnist del Washington Post, lo ha chiamato “pandemic cocoon”, letteralmente “bozzolo pandemico”. Quella specie di zona franca dove per oltre un anno, dall’inizio cioè dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19, molti hanno trovato rifugio, adattandosi e trovandovi una forma di benessere. Un angolo da cui ora è complicato uscire. Se, del resto, la narrazione dominante appartiene a coloro che non vedono l’ora di riappropriarsi della “vita di prima”, per chi invece già prima della pandemia soffriva di ansia sociale il ritorno alla “normalità”, che simbolicamente porta la data di oggi, 26 aprile, con le riaperture graduali delle attività commerciali e la classificazione in zona gialla (passaggio avvenuto per l’Alto Adige), sarà una conquista fatta di piccoli passi.

Non sono ancora pronto per saltare nella vita ‘successiva’ con entrambi i piedi. Forse, dopo questo anno così calmo e concentrato nella casa, non lo sarò mai - e va bene lo stesso” scrive Petrow. Una reazione che non stupisce considerando che, secondo uno studio realizzato dall’American Psychological Association, il 49 per cento degli americani si sente in difficoltà a tornare alle interazioni in presenza una volta lasciato alle spalle il coronavirus.

La gente è molto stanca e c’è bisogno urgente di trovare un’alternativa sociale per cercare di dare degli obiettivi concreti, degli stimoli” spiega Francesca Zucali, vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi della Provincia di Bolzano, spostando la riflessione alle nostre latitudini. Serve ottimismo: “Se le persone iniziano a comprendere che ci sono dei veri aiuti, parliamo anche di famiglie disperate, senza reddito da molti mesi, credo che come società potremmo aspettarci una nuova rinascita”.

 

salto.bz: dottoressa Zucali, saremo pronti a uscire dalla bolla pandemica una volta terminata l’emergenza Covid?

Dopo oltre un anno di continue chiusure e sovraesposizione mediatica caratterizzata spesso da opinioni discordanti, è chiaro che non sarà subito semplice ritornare ad uno stile di vita che possa essere equilibrato da un punto di vista psicofisico. Cercherei però di consigliare di stare sul qui e ora, di non proiettarsi troppo su ciò che sarà, in quanto si rischierebbe di aggiungere ulteriore ansia ad una situazione che è già carica di dubbi, incertezze, ma anche rabbia.

Un passo alla volta, insomma.

Sì, e giorno per giorno, cercando di focalizzarsi su ciò che è più urgente. Ritengo sia arrivato il momento in cui le istituzioni dovrebbero iniziare a lanciare poche informazioni e chiare oltre che a dare un vero supporto economico e psicosociale. La gente è molto stanca e c’è bisogno urgente di trovare un’alternativa sociale per cercare di dare degli obiettivi concreti, degli stimoli. Se le persone iniziano a comprendere che ci sono dei veri aiuti, parliamo anche di famiglie disperate, senza reddito da molti mesi, credo che come società potremmo aspettarci una nuova rinascita.

Ritengo sia arrivato il momento in cui le istituzioni dovrebbero iniziare a lanciare poche informazioni e chiare oltre che a dare un vero supporto economico e psicosociale

In che modo riusciremo a riprendere la nostra routine, dal lavoro alla palestra, alle interazioni con gli altri, all’arte della piccola conversazione (ma anche a recuperare la grammatica della nostra affettività), visto che l’approccio alla quotidianità è cambiato?

Con il tempo e con i ritmi di ognuno di noi si arriverà anche a una vita di interazioni sociali. Non mi chiederei “se” o “quando”, piuttosto mi focalizzerei appunto sul “come”, sugli obiettivi a breve termine e sulla condivisione di idee, di proposte che posso condividere con gli amici, con i familiari e, se proprio vedo che il mio stile di vita è stato troppo condizionato, chiedo un parere a uno specialista della salute mentale, perché come afferma l’Organizzazione mondiale della Sanità, “Non vi è salute senza salute mentale”. Quest’ultima, del resto, è parte integrante della salute e del benessere. Mai come in questo momento bisogna porre l’accento sulla prevenzione alla salute mentale, ad oggi assai condizionata dalle conseguenze socioeconomiche causate dalla pandemia.

 

Come sarà questo “ritorno alla normalità” per chi soffriva di ansia sociale già prima della pandemia e per cui in questi mesi la propria casa può essere diventata una sorta di “santuario” piuttosto che una prigione?

Sicuramente per chi già soffre di disturbi d’ansia non è semplice tornare nell’immediato a un equilibrio in cui le emozioni non tendano a dominare, penso per esempio alla paura, creando un eccesso di allerta. Occorre cercare quindi di bilanciare la parte logica rispetto a quella emotiva, ricordandosi per esempio che la casa mi ha permesso di ripararmi in un determinato momento della pandemia, ma in quanto non c’era la possibilità corretta di potersi proteggere, non si conosceva ancora bene la cura appropriata per sconfiggere questo virus, c’era soprattutto bisogno di non far circolare troppe persone per contenere la catena di contagio ed evitare così un sovraffollamento negli ospedali.

Ora la situazione è diversa.

Ecco. I sanitari riescono nel limite del possibile a gestire il virus, possiamo proteggerci e vaccinarci. Quando siamo in ansia mettiamo in atto evitamento e comportamento protettivo, ma ciò ci aiuterà a breve termine. È quindi importante iniziare a riprendere in mano le proprie abitudini, il proprio stile di vita, iniziando da ciò che al momento ci viene concesso. Questa emergenza sanitaria ha creato inevitabilmente una serie di altre crisi, per tutte le fasce di età. Non tutti hanno reagito e stanno reagendo alla stessa maniera durante questa pandemia ed è qui che sarebbe fondamentale comprendere quando non siamo più in grado di farcela da soli con le nostre risorse riuscendo quindi a chiedere un supporto.

Se non pensiamo a creare un serio follow up non solo fisico ma anche psicologico per tutta la popolazione, nemmeno ora, dopo oltre un anno di pandemia, rischiamo di arrivare a gestire una serie di disturbi psicologici e psichiatrici che nel tempo si cronicizzeranno

Si sono dunque aperte, a suo avviso, nuove faglie di cui non conosciamo i possibili futuri effetti?

Se non pensiamo a creare un serio follow up non solo fisico ma anche psicologico per tutta la popolazione, nemmeno ora, dopo oltre un anno di pandemia, rischiamo di arrivare a gestire una serie di disturbi psicologici e psichiatrici che nel tempo si cronicizzeranno. Non dimentichiamo che le catastrofi naturali, le pandemie, eccetera, rappresentano una minaccia per la salute mentale.

C’è chi rischia di più?

Nel tempo bisognerà monitorare attentamente su diverse categorie: i bambini, gli adolescenti, gli operatori sanitari, chi ha contratto il Covid e i familiari che non hanno potuto accudire i propri cari, chi ha subìto un lutto causa virus e tutti coloro i quali sono rimasti senza un impiego o hanno visto fallire il proprio settore.