Società | scuola e politica

Rileviamo, ma non troppo...

Gli ultimi dati sulle rilevazioni linguistiche nelle scuole della nostra provincia fotografano un'immagine parziale di società. Proviamo a dare un peso diverso ai numeri.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Morrone Francesca

I dati emersi dalla rilevazione linguistica apparsa qualche giorno fa in maniera sintetica sugli organi di stampa, ci spingono a credere che iscrivere i propri ragazzi nella scuola dell'altra lingua porti scarsi risultati ai fini dell'apprendimento linguistico. I test di competenza sono stati somministrati agli alunni e alle alunne delle classi IV delle scuole primarie e II delle scuole secondarie di primo grado, per intenderci delle scuole elementari e medie. L'obiettivo dei test di competenza  fa emergere due dati, il primo è quanto apprendono i nostri ragazzi in base al numero di ore di seconda lingua a cui vengono esposti, il secondo quanto la qualità dell'insegnamento della seconda lingua incida sull'acquisizione e sviluppo di competenze linguistiche. Questo aspetto è fondamentale se vogliamo che le nostre scuole abbiano personale adeguatamente formato per offrire strumenti didattici innovativi e moderni per promuovere motivazione e favorire apprendimento.

Un terzo aspetto che non viene evidenziato è che il livello di conoscenza linguistica degli alunni e delle alunne della nostra provincia è diverso tra centri urbani e valli  per diversi fattori tra cui la minor presenza di comunità linguistiche e di possibilità di scambio. Il computo dei risultati del test non tiene conto quindi della diversa prestazione linguistica di una classe di Bolzano rispetto a quella di Lasa o della Val Martello, ma incide nella lettura generale della rilevazione.

Quindi le domande sono altre. Le ore di lingua che si fanno a scuola sono sufficienti ai fini dell'apprendimento linguistico? La risposta è sì, sicuramente. Le stesse ore di lingua aiutano i nostri ragazzi a risolvere i cosiddetti "nodi linguistici" al di fuori dell'ambiente scolastico? Sanno parlare? Sanno affrontare situazioni pratiche legate all'acquisto di un biglietto o alla richiesta di informazioni? No, non sempre. La comunicazione linguistica è una questione legata alle opportunità, alle occasioni di scambio con parlanti dell'altra lingua che riusciamo a creare al di fuori della scuola attraverso le amicizie, le attività sportive e di divertimento. Le ore di insegnamento a scuola offrono gli strumenti didattici per imparare una lingua, ma da sola non può far certo i miracoli.

La discussione sulla scuola e sull'apprendimento delle lingue ha bisogno di altri stimoli e riflessioni da cui partire: la formazione dei docenti (rivoluzionari del cambiamento), le disparità tra valli e centri urbani, il sostegno alle famiglie che iscrivono i propri figli nelle scuole dell'altra lingua, le occasioni di incontro nelle associazioni sportive e culturali, la prospettiva di un modello di scuola davvero plurilingue. Il risultato della rilevazione seppure debolmente positivo ci manda in realtà un segnale di speranza per il futuro: così non va, è il momento di cambiare. La scuola dell'infanzia, ad esempio, è un meraviglioso contenitore sociale per favorire l'incontro, lo scambio linguistico, la predisposizione all'ascolto e alla mediazione. Incontrarsi, ascoltarsi, mediare sono processi culturali alla base della formazione dei nostri piccoli e futuri cittadini.