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Politica | Catchword

La Democrazia nel paese più democratico

In Messico i giudici vengono ora eletti dal popolo, ma con affluenza irrisoria e col benestare del governo. Una riforma contro la corruzione, ma che mina la nostra catchword di oggi: Democrazia.
  • Catchword è una rubrica di parole per guardare dietro (o sotto) alle parole. Ogni due settimane Francesco Palermo parte da una parola chiave (catchword, appunto) per spiegare in modo conciso il concetto (o l’inganno) che le sta dietro. Da leggere o da ascoltare in formato podcast.

  • La catchword di oggi è nientepopodimeno che “democrazia”. Del resto, scrivo dal paese più democratico del mondo, il Messico. Parola della sua Presidente, Claudia Sheinbaum. Che trae questa conclusione dal fatto che, da quest’anno, il Messico è l’unico Paese al mondo in cui tutti i giudici vengono eletti dal popolo. I procuratori no, quelli sono di nomina politica. Altro che la nostra noiosa “separazione delle carriere”.

    È la conseguenza della riforma costituzionale del 2024, voluta dal predecessore di Scheinbaum, López Obrador per “fermare la corruzione”. Era una delle venti (!) riforme costituzionali approvate in un mese, poco prima della fine del suo mandato. Una grande prova democratica, indubbiamente.

    La nuova regola prevede che tutti i giudici del Paese, statali e federali, vadano eletti. I candidati sono selezionati dal Congresso, che ne verifica le “qualifiche”: laurea, cinque anni di (generica) esperienza, buona reputazione e “lettere di referenza dei vicini o dei colleghi”. Praticamente basta non fare rumore con l’aspirapolvere in orari inadatti. Poi si va al voto popolare. Il mandato è di nove anni, rinnovabile. Per la Corte suprema è di dodici, ma non rinnovabili. E per non limitare in alcun modo la volontà del pueblo, diventa presidente della Corte suprema il candidato che ottiene più voti.

    Alle urne per eleggere circa 3500 giudici (la metà del totale, per l’altra metà si vota tra due anni) è andato solo il 13% dei cittadini, e oltre un quinto di quei pochissimi voti era nullo. Risultato: quasi tutti gli eletti sono vicini al governo. Che coincidenza: la commissione di valutazione era composta da rappresentanti del Governo e del Senato, dove la maggioranza ha oltre i due terzi dei seggi.

    I giudici già in carica sono stati licenziati, ma solo nella sostanza, non nella forma, perché potevano ricandidarsi. Pochi lo hanno fatto. Forse non avevano lettere di raccomandazione sufficientemente calorose dai vicini di casa.


    Il populismo distrugge la democrazia in nome della democrazia.
     

    Ma la questione più spinosa era la campagna elettorale. Cosa può promettere un giudice ai suoi potenziali elettori? Che giudicherà con onestà? Che applicherà le leggi? Come può un giudice fare propaganda senza compromettere la sua indipendenza? Come può promettere giustizia, senza venderla? Ma sì, bando a questi arrovellamenti da intellettuali, siamo pragmatici (sarà una delle prossime catchword): la corruzione sarà debellata, questo è certo…

    Lo slogan che accompagnava questa riforma costituzionale era “Con il popolo tutto, senza il popolo nulla”. Il populismo distrugge la democrazia in nome della democrazia. Come la libertà di espressione viene invocata per combattere la libertà di espressione, e la tolleranza per affermare l’intolleranza. E non certo solo in Messico.

    La prossima tappa potrebbe essere l’elezione dei vigili urbani, per avere finalmente delle multe democratiche. Pensiamoci.

  • All'episodio in forma podcast


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