Politica | giorno del ricordo

Monumento al revisionismo

Il comune di Bolzano stanzierà 55 mila euro per la nuova targa a celebrazione del controverso “Giorno del Ricordo”, tra le più grandi vittorie filofasciste del dopoguerra
Italian soldiers shooting Slovenian hostages
Foto: wikimedia

Al termine della Seconda Guerra Mondiale la Germania contava circa 12 milioni di esuli tedeschi. Molti furono i morti, chi più e chi meno compromesso con il regime nazista, durante le ultime fasi del conflitto. Cosa sarebbe successo se la Germania, diversi anni dopo, avesse istituito una giornata per celebrare le proprie vittime cadute per mano sovietica, americana o inglese, magari utilizzando proprio la Giornata della Memoria per i morti della Shoah, a sostegno della tesi che in fondo i morti sono tutti uguali? Probabilmente il putiferio che ne sarebbe scaturito sarebbe stato inimmaginabile.
Eppure l’Italia dal 2004 a questa parte sta portando avanti un’operazione simile, probabilmente una delle maggiori vittorie della destra nazionalista e filofascista dal dopoguerra in poi. 
Il 10 febbraio per l’Europa è (o dovrebbe essere) una giornata di festa essendo infatti l’anniversario della firma dei trattati di Parigi, un momento storico volto a stabilire finalmente la Pace dopo anni di conflitto che hanno dilaniato l’Europa e il mondo intero. L’Italia è riuscita invece a trasformarla in un giorno di lutto stabilendo il "Giorno del Ricordo" per celebrare in maniera strumentale e confusionaria, mischiando fatti e avvenimenti profondamente diversi tra loro, i fatti avvenuti nella zona del confine orientale tra il 1943 e il 1947, ignorando tutto quello che c’è stato prima e le conseguenze di vent’anni di brutale dominio e italianizzazione forzata delle popolazioni slave.


L’errore più grande, come già raccontato dallo storico triestino Piero Purich intervistato da salto.bz, è quello di legare il fenomeno delle foibe a quello dell’esodo come se l’uno fosse la conseguenza dell’altro. 
Quello delle foibe è invece un fenomeno circoscritto assimilabile alla fatale resa dei conti contro il fascismo messa in atto alla fine della guerra. La tesi di pulizia etnica contro gli italiani non sussiste. Gli infoibati in quel periodo nella zona del confine orientale si aggirano a qualche centinaio (Il senatore Gasparri parlava erroneamente addirittura di un milione, ma sono circa 384 i riconoscimenti elargiti dallo Stato italiano ai parenti dei deceduti. Tra i medagliati anche il tenente colonnello Vincenzo Serrentino, riconosciuto e condannato come criminale di guerra). Se prendiamo però come riferimento le foibe triestine tra i rinvenuti si trovano molti più sloveni, rispetto agli italiani, tutti comunque infoibati in quanto collaborazionisti o perché appartenenti a formazioni militari legate agli occupanti. Nella sola provincia di Torino nello stesso periodo i morti furono 3.200; nel cosiddetto triangolo rosso emiliano quasi 4000; a Genova ci aggiriamo sugli 800 morti.


Il fenomeno dell’esodo è invece un fenomeno che si sviluppa per circa vent’anni e che presenta variabili infinite sia per quel che riguarda l’anno di riferimento, sia per quel che riguarda il luogo di partenza. Il primissimo esodo, quello di Zara, un'enclave italiana sulla costa jugoslava, ha visto la partenza della quasi totalità della popolazione in seguito ai bombardamenti tra il ‘43 e il ‘44, quindi, analgamente al resto d’Europa, per questioni belliche.
L'incidenza dell'esodo con il fenomeno delle foibe è frutto perlopiù di una consistente opera propagandistica nazifascista messa in atto per spingere parte della popolazione, soprattutto quella fascista, ad abbandonare quei territori.
Non è un caso infatti che le prime partenze tra il '43 e il ‘45 vengano definiti “l’ondata nera”, la quale rimane l'unica componente dell'esodo che corrisponde perfettamente alle tesi delle destre, cioè che si scappava a rischio della vita, non in quanto italiani ma in quanto fascisti. In effetti, quando l’8 settembre lo stato italiano si sfalda, prima dell’arrivo delle truppe tedesche la popolazione insorge nei territori slavi occupati contro coloro che risultano fortemente compromessi con lo sfruttamento e le vessazioni portate avanti dai fascisti nel corso dell’ultimo ventennio. Se prendiamo invece come riferimento le foibe triestine possiamo notare come siano stati rinvenuti molti più sloveni, rispetto agli italiani tutti comunque infoibati in quanto collaborazionisti o appartenenti a formazioni militari legate agli occupanti.
Con il trattato di pace nel ‘47 si verifica poi un’altra partenza consistente dall’Istria centrale e meridionale e da Pola, un esodo che viene assai pubblicizzato dalle associazioni dei profughi, che fanno capo alla Democrazia cristiana o ad altri movimenti neofascisti, potendo contare su cospicui finanziamenti ottenuti dallo stato italiano che incentivano la popolazione italiana a trasferirsi, attratta anche dal possibile tenore di vita raggiungibile in uno stato capitalista anziché in quello jugoslavo di stampo socialista che si stava delineando. Addirittura nel ‘54 lo spopolamento dell’Istria raggiunge livelli tali che la stessa Jugoslavia decide di impedire le partenze degli italiani fino agli anni '60 (alla faccia della pulizia etnica).
Sebbene la narrazione dell’infoibamento degli italiani in quanti italiani sia estremamente falsa, la tesi della pulizia etnica continua a venire riproposta, riuscendo a far breccia anche nell’alveolo del centrosinistra, sempre più attratto da inni, bandiere e retoriche nazionaliste.
Sulla scia di ormai la gran parte delle città italiane il sindaco di Bolzano, Renzo Caramaschi l’anno scorso in occasione del giorno del Ricordo ha rilasciato dichiarazioni simili a quelle che all’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sono costate nel 2007 un incidente diplomatico con la Slovenia, parlando anch’egli di pulizia etnica e furia sanguinaria. Ieri, lunedì 25 ottobre, durante la consueta conferenza stampa ha invece annunciato che l'area circostante la stele posta sulla passeggiata Lungotalvera verrà riqualificata grazie allo stanziamento di 55.128 Euro dalle casse comunali, auspicando di concludere i lavori in tempo utile per il prossimo dieci febbraio.