Chi era don Giancarlo Bertagnolli
Per poter capire bene che cosa ha realizzato don Giancarlo Bertagnolli occorre tornare indietro nel tempo di almeno una quarantina d'anni. Alla metà degli anni 70, in Alto Adige, il fenomeno della droga inizia ad uscire dalla nube di un certo ideologismo libertario di quart'ordine e a diventare fenomeno sociale, emergenza per parecchie famiglie. Mentre nell'aula del tribunale di Bolzano si celebra il primo grande processo per spaccio di stupefacenti, puntato sulla realtà meranese, in molte case l'atteggiamento stralunato e ribelle di un figlio trova la sua spiegazione nell'utilizzo di quelle sostanze, eroina soprattutto, i cui nomi smettono progressivamente di evocare esotiche trasgressioni per assumere il lugubre sigillo della morte per overdose.
La risposta a livello delle istituzioni è praticamente inesistente. I genitori, assolutamente impreparati a fronteggiare il fenomeno nell'ambito della famiglia, sono abbandonati a loro stessi. Manca totalmente una cultura della prevenzione e mancano strategie e strumenti per il recupero di quelli che in qualche modo paiono manifestare l'intenzione di uscire dalla spirale della tossicodipendenza. In questo totale vuoto, riempito solo parzialmente dalla buona volontà e dall'impegno di alcuni medici e di alcuni psicologi, iniziano a muoversi alcune figure di riferimento. La prima è quella di un domenicano, poco accetto dalle gerarchie, ma animato da una carica di pietà e di coraggio che sembra non aver mai fine: padre Giovanni Barbieri non aspetta che i ragazzi in difficoltà bussino alla sua porta. Li va a cercare, li raccoglie, cerca di offrire loro un posto dove stare, ma anche un'alternativa alla dipendenza. È un primo modello di comunità, totalmente aperto se non anarchico, ma è comunque qualcosa. Attorno al centro di padre Giovanni si formano, con l'esperienza diretta, diversi volontari.
Passano gli anni e l'elenco dei morti per droga diviene sempre più lungo così come straziante diviene la disperazione delle famiglie che non sanno come misurarsi con la realtà di un giovane tossicodipendente. L'intuizione di Don Bertagnolli è quella che occorre assolutamente coniugare lo spirito missionario dei volontari con un progetto che abbia solide basi e altrettanto solide strutture su cui appoggiarsi. Nel 1978 nasce "La Strada - der Weg" che da subito non limita il proprio impegno al tema delle tossicodipendenze ma si rivolge direttamente a tutte le forme di emarginazione. Quella della droga, però, continua a restare l'emergenza quotidiana e qui nasce il rapporto con altre realtà che si vanno formando a livello nazionale. Il nome è quello del "Progetto Uomo" che prevede una serie di passaggi ben precisi per cercare di riportare nella società quei ragazzi che la tossicodipendenza trattiene ai margini, in bilico perenne sul precipizio della morte per overdose.
Non è cammino facile quello che Don Giancarlo e i suoi collaboratori, volontari ma ormai anche professionisti formati e preparati, si trovano a dover intraprendere. Il progetto prevede sostanzialmente tre fasi ben distinte. La prima, presso le strutture situate a Bolzano, è quella dell'accoglienza, con un periodo di osservazione che serve a capire e a verificare le motivazioni del giovane che dice di volersi liberare dalla dipendenza. La fase cruciale, centrale, però, è quella del soggiorno in comunità, una struttura chiusa dove la motivazione ad uscire dalla dipendenza viene verificata quotidianamente in un rapporto continuo, a volte sfibrante, con il gruppo e gli operatori. Per questo occorre un luogo riparato e protetto. La ricerca è difficile. Una sede trovata vicino a Bressanone deve essere abbandonata per l'opposizione durissima della popolazione locale. Nessuno vuole i drogati come vicini di casa. Don Giancarlo trova un amico e un alleato prezioso nell'ex senatore SVP Friedl Volgger, il cui carisma gli apre molte porte. Alla fine la sede viene trovata in un ex albergo rimasto deserto sulla montagna sopra l'abitato di Foresta, nei pressi di Merano. A gestire i vari passaggi un altro sacerdote arrivato da Bolzano, don Gianni Cosciotti. I ragazzi che superano la fase della comunità "protetta", tornano verso le strutture più aperte di Bolzano, dove affrontano l'ultimo passaggio, quello del progressivo reinserimento.
Gli anni sono passati, l'emergenza droga è divenuta un problema nazionale attorno al quale si sono radunati politici esperti e qualche volta anche stregoni in cerca di facile successo. Ormai le comunità di accoglienza sono molte e improntate a criteri di gestione diversi. A Bolzano don Giancarlo guida "La Strada" con mano sicura, avendo come criterio quello di avvertire i bisogni e di cercare di dar loro una risposta, man mano che si presentano. L'associazione cresce e cambia volto, aumenta i propri organici e il proprio carico di lavoro. Oggi "La Strada - der Weg" può contare oltre 200 tra dipendenti e volontari che operano nei settori più diversi; quello originario della lotta contro le tossicodipendenze ha cambiato volto così come è mutato il panorama in cui deve operare. La comunità "chiusa" di Monte San Giuseppe non serve più e viene abbandonata. L'associazione affronta in concreto il problema della prevenzione occupandosi dei minori in difficoltà ma anche di tutti gli altri giovani. E poi, ancora, le iniziative rivolte alle donne bisognose di aiuto e a tutto l'universo di chi ha bisogno di trovare conforto e sostegno.
Dietro a tutto, alle iniziative e ai cambiamenti, alle novità e alle strutture consolidate c'è lui, don Giancarlo Bertagnolli, animato, nonostante l'età che avanza, da un entusiasmo incrollabile, da una fede incredibile nella possibilità di fare del bene, pronto in ogni momento a riprendere il dialogo, non sempre facile, con le istituzioni e il potere politico, per promuovere un'idea, per presentare un progetto, per coltivare una speranza.
Malato da tempo, don Giancarlo Bertagnolli ha chiuso gli occhi alla vigilia di Natale. So che non bisognerebbe trarre conclusioni ed auspici da queste coincidenze che la sorte ci mette sotto gli occhi, ma non posso fare a meno di pensare a don Giancarlo come ad uno di quei pastori perennemente in cammino per seguire una stella.