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La vittoria silenziosa di Michele

Michele Oberburger, ragazzo affetto da autismo non verbale, ha iniziato a parlare grazie a una moto da trial. E adesso vince gare: una storia di inclusione.
Michele Oberburger
Foto: Paolo Florio

Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, che fa capo all’Istituto Superiore di Sanità, in Italia 1 bambino su 77 presenta un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi, colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine. In Alto Adige, secondo quanto riferito un mese fa dall’assessore provinciale Thomas Widmann, si contano circa 500 casi.

 

 

I numeri sono peraltro controversi a seconda delle fonti, anche perché – a differenza di altre disabilità – quando si parla di autismo ci si riferisce ad un gruppo complesso di disturbi dello sviluppo cerebrale. Ad ogni modo, numeri a parte, la realtà è che dietro ogni singolo caso c’è una storia, c’è una famiglia che ogni giorno è costretta a fare i conti con una situazione spesso difficile da sopportare. È di qualche settimana fa la notizia – un vero e proprio dramma della disperazione – del bambino autistico di 7 anni rifiutato dai genitori, una famiglia veneta in gravi difficoltà economiche, e affidato al Tribunale dei minori.

Ma tra le molte notizie tristi in tema di autismo, per fortuna ogni tanto c’è qualche storia bella. Come quella di Michele Oberburger, un ragazzo trentino (vive a Roverè della Luna, sul confine meridionale l’Alto Adige) di 15 anni che grazie alla moto da trial sta realizzando un’importante inclusione sportiva e sociale culminata, per il momento, con la recentissima vittoria in una gara ufficiale della Federazione Motociclistica Italiana: domenica scorsa a Folgaria, in Trentino, nella quinta prova del Campionato Triveneto di trial, nella categoria Mini D Open il successo è andato proprio a Michele, portacolori del Trial Team Südtirol di Aldino.

 


 

Racconta il padre Roberto Oberburger, vicepresidente della CSA - Cooperativa Sociale Autismo di Trento: “Quando Michele ha iniziato ad andare in moto, non avremmo mai immaginato che sarebbe potuto arrivare a questi livelli. Per fare trial ci vuole coordinazione, tecnica, pazienza. Tutte cose difficili da riscontrare in un ragazzo autistico. Noi siamo felici non tanto per il risultato sportivo ma per quello che significa, ossia che anche un bambino con questa disabilità può vivere una vita sociale assieme ai suoi coetanei, fare le stesse cose e farle anche bene. E lo sport è un veicolo eccezionale per l’inclusione”.

 

 

Papà Roberto, che accompagna Michele agli allenamenti sulla pista di Pietramurata, si accolla anche le lunghe trasferte in Liguria per andare da Sergio Parodi, un’icona del trial come atleta ma anche come organizzatore e promoter. La vita della famiglia Oberburger è peraltro tutta una trasferta, visto che Michele frequenta la seconda classe alla scuola alberghiera di Rovereto. “È seguito da un educatore di sostegno – dice Roberto – ma noi facciamo in modo che si relazioni con più persone possibili, perché vogliamo che da grande possa inserirsi in un ambiente lavorativo”.

 

 

La passione di Michele per la moto inizia quando ha poco meno di sette anni. Succede che un giorno a casa Oberburger arriva Deborah Albertini, amica di famiglia e campionessa di trial, che lo invita a provare la sua moto. Michele, che fino a quel giorno non aveva mai parlato, sale in sella senza paura ma nello scendere tocca il tubo di scappamento e urla le prime parole della sua vita: “Scotta! Scotta!”. Da quel momento inizia un lungo percorso di crescita: “Michele è un ragazzo autistico non verbale, ancora oggi è taciturno però i progressi ci sono stati. Alla gara di Folgaria, per dire, lo speaker l’ha invitato a dire qualcosa e lui lo ha fatto”.

 

 

Le prime parole pronunciate e la prima vittoria in un campionato Triveneto sono momenti unici che vanno ad aggiungersi ad un altro evento memorabile: l’incontro con papa Francesco. “A fine 2018 – racconta Roberto – ho fatto richiesta con poche speranze di riuscirci. Invece già ai primi di gennaio mi è arrivata la risposta che ci avrebbero accolto nell’udienza generale del 6 febbraio. Quel giorno ero un po’ nervoso, anche perché in mezzo a così tanta gente, fotografi e televisioni, non sapevo quale sarebbe stata la reazione di Michele. Invece lui è rimasto sempre tranquillo e sereno, ha baciato e abbracciato papa Francesco, il quale mi ha detto che conosceva già la storia di mio figlio. È stata un’esperienza emozionante e unica”.