“L’assegno unico? Alle donne”
Un sì quasi unanime quello pronunciato ieri (30 marzo) dall’Aula di Palazzo Madama al disegno di legge delega sull’assegno unico per i figli: 227 i voti a favore, nessun no e 4 astenuti.
Il provvedimento - cavallo di battaglia della ministra alle Pari opportunità Elena Bonetti - entrerà in vigore dal primo luglio e prevede che tutte le famiglie ricevano un assegno che, stando alle stime, avrà un valore che varierà tra i 50 e i 250 euro mensili, a seconda delle fasce di reddito, per ogni figlio a carico, dal settimo mese di gravidanza fino al diciottesimo anno di età. L’assegno potrà essere prolungato fino ai 21 anni dei figli, con somma ridotta e solo se questi sono iscritti all’università o a un corso professionale, sono tirocinanti, oppure svolgono il Servizio civile, o un lavoro a basso reddito, o sono registrati come disoccupati e in cerca di occupazione: in questo caso l’assegno viene accreditato direttamente ai figli che hanno compiuto 18 anni. Per i figli successivi al secondo, per le madri con meno di 21 anni e per i figli disabili ci saranno delle maggiorazioni.
La misura si applica a lavoratori dipendenti, autonomi o incapienti. Secondo una simulazione del Gruppo di lavoro Arel/Feg/Alleanza per l’infanzia risulterebbe sfavorita la prima categoria, quella dei lavoratori dipendenti: 1,35 milioni di famiglie perderebbero infatti in media 381 euro all'anno. Per colmare questa disparità occorrono 800 milioni in più oltre ai 20 miliardi già stanziati.
Si può ancora fare una scelta coraggiosa e prevedere che siano le madri le destinatarie dell’assegno, visto che sono soprattutto loro che si fanno carico del lavoro di famiglia, spesso rinunciando al proprio reddito
Su questo aspetto si è soffermata la presidente del Gruppo per le Autonomie Julia Unterberger, la quale, riconoscendo l’importanza del provvedimento in sé (“purché non si cada nell’errore di considerarlo risolutivo dei bisogni delle famiglie e del problema demografico”), ha tuttavia posto l’accento proprio sul fatto che una quota di lavoratori dipendenti rischia di ricevere meno. A questo bisogna rimediare, ha detto la senatrice Svp, “così come si può ancora fare una scelta coraggiosa e prevedere che siano le madri le destinatarie dell’assegno, visto che sono soprattutto loro che si fanno carico del lavoro di famiglia, spesso rinunciando al proprio reddito. Questo principio - prosegue - vale ancora di più per le coppie separate, seguendo il criterio del collocamento prevalente dei figli. E questo anche per evitare che a percepire la metà dell’assegno siano quei padri, e purtroppo non sono pochi, che non versano il contributo di mantenimento ai figli”.
Già prima della pandemia, ha ricordato Unterberger, i decessi superavano le nascite. “E questo per un’assenza di strumenti per conciliare lavoro-famiglia o che incentivano un’equa distribuzione del lavoro non retribuito nella famiglia tra uomo e donna. Non deve quindi stupire che le donne facciano uno sciopero delle nascite. Nel 2020 il saldo demografico ha segnato il minimo storico, con 384.000 unità in meno. Ma il calo dei residenti - conclude la parlamentare sudtirolese - è dettato non solo dal saldo tra nascita e decessi. Nello stesso anno dall’Italia sono andate via 41.000 persone, con tutti i problemi che questo comporta in termini di invecchiamento della popolazione”.
Ein sehr guter Schritt in die
Ein sehr guter Schritt in die richtige Richtung ! Die Regierung Draghi setzt um, was sie versprochen hat; da werden uns wohl noch einige wesentliche Verbesserungen der Situation Italiens überraschen....
In risposta a Ein sehr guter Schritt in die di Karl Trojer
Na ja, einfach mal abwarten,
Na ja, einfach mal abwarten, wie das Ganze umgesetzt wird. Und wie viele Südtiroler am Ende weniger Kindergeld erhalten, wie bisher. Wir sind ein Hochpreisland und dementsprechend im Vergleich zu z. B. Süditalien auch ein Hochverdienstland.
Und außerdem ist zu schauen, welcher neue Bürokratieaufwand dadurch entsteht. Schon dass jeder eine EEVE- bzw. ISEE-Erklärung abgeben muss und diese über eine Patronat machen muss, verursacht einen enormen Aufwand.
Wenn unser Landeskindergeld
Wenn unser Landeskindergeld und das Ex-Regionalkindergeld mit dem staatlichen Kindergeld nicht mindestens zum Teil kombiniert werden können, wird ist es für Familien mit Kindern in den ersten 3 Jahren ein dickes Minusgeschäft. Bisher gab es in Südtirol mit 2 Kindern und einem mittleren Gehalt: 400 Euro im Monat Kindergeld, plus 120 Euro Steuerabzug vom Staat, plus ca. 80 Euro Familienzulage Inps, plus ca. 80 Euro Ex-Regionales Kindergeld, macht in Summe: 680 Euro im Monat. Mit dem rein staatlichen Kindergeld werden es nur mehr 450 bis 500 Euro im Monat sein, da Familienzulage Inps und der Steuerabzug auf jeden Fall weckfallen. Ich hoffe in in der Landesregierung macht man sich hier rechtzeitig Gedanken.
In risposta a Wenn unser Landeskindergeld di Andergassen Thomas
Mindestens 50% der Südtiroler
Mindestens 50% der Südtiroler Kinderförderungen müssten also weiterhin gewährt werden nur um den Status Quo zu halten. Dann hat der ganze Zauber aber den Südtiroler Familien noch gar nichts gebracht.