“Questa non è informazione”

Uccisa e fatta a pezzi a 26 anni. Carol Maltesi viveva a Rescaldina, vicino a Legnano, ed era madre di un bambino di sei anni. A confessare il brutale femminicidio è stato Davide Fontana, il suo vicino di casa, che per tre lunghi mesi ha occultato in un congelatore il corpo smembrato della ragazza fino a disfarsene lanciandolo in un dirupo, conservato in alcuni sacchi neri per la spazzatura. Alla violenza efferata dell’ennesimo femminicidio si aggiunge ancora una volta quella di una narrazione stereotipata e violenta ai danni della vittima.
I media e le piattaforme social preferiscono sin da subito usare (o abusare) il suo pseudonimo, Charlotte Angie, che utilizzava nel mondo dell’intrattenimento per adulti e delle piattaforme hard in cui era approdata da qualche mese, dopo aver lavorato come commessa fino al 2021, lavoro finito a causa delle difficoltà economiche provocate dalla pandemia. Anche stavolta, per l'ennesima volta, diversi media italiani hanno optato per una narrazione tossica, che penalizza la vittima - giudicata immorale e quindi in parte colpevole - e “riabilita” il suo assassino che diventa “bancario” e “food blogger”. Allo stesso tempo, un’ondata social di tweet misogini si accaniscono ulteriormente contro la ventiseienne, colpevole della sua condotta e quindi, in parte, anche colpevole della sua morte.
L’Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige sottoscrive il comunicato stampa di Cpo Fnsi, Cpo Usigrai, Coordinamento Cpo Cnog e Gi.U.Li.A. Giornaliste che si appellano all’uso corretto dell’informazione e annunciano di segnalare autori, articoli e testate che faranno uso di una narrazione stereotipata e in netto contrasto con il Codice deontologico della professione.
Carol Maltesi era una ragazza e una mamma. Carol aveva già conosciuto la violenza e l'aveva combattuta. Carol è stata uccisa; il suo corpo fatto a pezzi, messo in un congelatore, buttato giù per un pendio dentro sacchi neri, quelli che si utilizzano per l'immondizia.
Una donna trattata come un rifiuto da chi l'ha ammazzata e si è accanito su di lei e dalla narrazione tossica, nelle parole e nei titoli, di questo femminicidio:
Charlotte era "un'attrice porno", il carnefice "un impiegato di banca e food blogger", lei vittima di "un raptus".
Questa non è informazione; è pregiudizio sotto forma di giornalismo, è il pericoloso, reiterato approccio che cerca giustificazioni per il femminicida e colpe per la vittima.
Così si cestinano la deontologia, il Manifesto di Venezia, il rispetto per la persona: tutto ciò per qualche visualizzazione o copia venduta in più.
Le Commissioni pari opportunità Fnsi e Usigrai, il Coordinamento Cpo Cnog e l'associazione Giulia Giornaliste denunciano e condannano la spettacolarizzazione, il voyerismo, la pornografia del dolore e segnaleranno le testate e gli autori e le autrici degli articoli agli Ordini regionali di competenza, chiedendo un'azione disciplinare, perché diritto di cronaca non può mai trasformarsi in un abuso.
Le Cpo Fnsi e Usigrai, il Coordinamento Cpo Cnog e Giulia Giornaliste invieranno oggi una richiesta di incontro urgente alla ministra per le pari opportunità, Elena Bonetti, alla presidente della Commissione d'inchiesta sul femminicidio, Valeria Valente, e alla presidente dell'intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunità, Laura Boldrini, perché l'istituzione di un Osservatorio permanente sull'applicazione dell'articolo 5 del testo unico deontologico e del Manifesto di Venezia non è più differibile.
Cpo Fnsi
Cpo Usigrai
Coordinamento Cpo Cnog
Gi.U.Li.A. Giornaliste
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