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“Il pride non deve piacere a tuttə”

Arianna Miriam Fiumefreddo, presidente dell'associazione Centaurus, racconta le necessità della comunità LGBTQIA+. “Con i governi di destra i problemi sono aumentati”.
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Foto: SALTO
  • SALTO: Fiumefreddo, lei è la presidente di Centaurus, l’associazione di riferimento per le persone LGBTQIA+ in Alto Adige. La sua figura è oramai chiave a livello locale, però lei non è originaria di qui, come mai è venuta a Bolzano? 

    Arianna Miriam Fiumefreddo: Io sono palermitana. Sono arrivata a Trento nel 2004 per studiare e ci sono rimasta fino al 2015. I fatti personali della vita mi hanno fatto fare la scelta trasferirmi a Bolzano, dove avevo già dei contatti e amici.

    Come è iniziato l'attivismo nella comunità? 

    L'attivismo è un percorso che si lega a quello mio personale. Sono una persona queer, quindi sono sempre stata vicina a questo mondo. Il mio impegno è nato nel 2012 quando ho iniziato uno sportello di counselling dedicato alle tematiche LGBT durante il tirocinio di counselling. Questo progetto mi ha permesso di venire a contatto con i problemi della vita quotidiana legati alla questione LGBT. Dedicando del tempo alla comunità, in una forma più tecnica e professionale, sono diventata attivista, anche perché è aumentata la consapevolezza della mia queerness, quindi la dimensione più politica della mia identità.

    “Ci troviamo in una situazione non di immobilismo, ma di arretramento degli spazi delle persone della nostra comunità” 

    Quali sono oggi le difficoltà della comunità lbgtqia+ in Alto Adige?

    Le difficoltà delle persone LGBT si stratificano, così come è stratificato il nostro territorio. Innanzitutto, ci sono le difficoltà delle persone con background migratorio e LGBT, ci sono difficoltà delle persone adulte LGBT, che per esempio trovano o si affermano come persone trans all'interno di percorsi di vita complicati, che possono implicare la perdita del lavoro o dei contatti con la famiglia d'origine o con quella che hanno creato. Poi c'è tutto il tema delle persone giovani LGBT e in modo particolare delle persone transgender. C'è anche il tema specifico dell'Alto Adige della lingua, quello della periferia e del centro, della realtà rurale e di quella della città. 

  • Arianna Miriam Fiumefreddo durante il Dolomiti Pride: “Da quando si è insediato il nuovo governo Kompatscher con la destra sia italiana che tedesca, il linguaggio d'odio emerge direttamente da figure istituzionali”. Foto: Privat
  • La situazione è peggiorata o migliorata recentemente?

    Con l'avvento dei governi di destra, i problemi delle persone LGBT si sono accentuati. Ci troviamo in una situazione non di immobilismo, ma di arretramento degli spazi delle persone della nostra comunità. Oggi è più difficile avere il riconoscimento dei propri figli, è più difficile accedere in maniera non patologizzante all’affermazione di genere, è più difficile l'ambiente sociale in generale. 

    “In questi ultimi due anni è stato legittimato un linguaggio che travalica la critica politica ed è un linguaggio d'odio”

    C'è più intolleranza adesso? 

    Sì, è più legittimata. Basta andare a vedere i commenti di un recente video della Rai alla festa di BeOpen (ndr un gruppo che organizzanizza eventi gay) ad Alma 9. In questi ultimi due anni è stato legittimato un linguaggio che travalica la critica politica ed è un linguaggio d'odio, anche in Alto Adige. Questo fa paura perché il linguaggio, ahimè, è performativo e rende più difficile avere la capacità di poter chiedere aiuto. 

    Secondo lei è anche una questione di clima politico? 

    Da quando si è insediato il nuovo governo Kompatscher con la destra sia italiana che tedesca, il linguaggio d'odio emerge direttamente da figure istituzionali. Lo stesso Marco Galateo ha pubblicato dei video intorno al 17 maggio, quando veniva presentata la giornata contro l'omofobia, dove ha parlato di discriminazioni di serie A delle persone LGBT, tentando di mettere persone e gruppi discriminati l'uno contro l'altro. Per non parlare di Anderlan, un consigliere provinciale che è stato in grado di dare fuoco alla stampa di un logo arcobaleno.

    Cosa ne pensa delle modalità di adesione della Provincia di Bolzano al “Pride Month”? 

    Il Pride Month della provincia ci ha molto sorpreso. L'esposizione delle bandiere arcobaleno negli edifici provinciali a giugno potrebbe anche essere un segnale positivo, di apertura e inclusione. Tuttavia, desta preoccupazione il fatto che questa sia stata una scelta unilaterale del Presidente Kompatscher, senza il sostegno della giunta. Non c'è una deliberazione della giunta per il Pride Month e mi preoccupa un uso istituzionale della nostra bandiera.

  • La scalinata rainbow a Bolzano: “Finché non leggerò una censura del consiglio provinciale per il comportamento del consigliere Anderlan, per me il valore di tutte le bellissime bandiere è poco” Foto: centaurus
  • Qual è la preoccupazione?

    Che a fronte di un uso del simbolo non ci sia stato alcun tipo di produzione normativa, gli atti tipici di una Giunta e di un Consiglio provinciale sono le deliberazioni e le norme che dovrebbero produrre per tutelare le persone LGBT, non è sventolare una bandiera.

    Che tipo di atti sarebbero necessari?

    Io vorrei una legge provinciale contro l’omobitransfobia, ce l’hanno le regioni a statuto ordinario come l'Emilia Romagna o la Campania, e noi, che con l'autonomia avremmo ancora più possibilità, non l’abbiamo ancora fatta. Poi mi attendo il riordino della legge delle pari opportunità per renderla più equilibrata rispetto agli approcci di genere, che sono più complessi rispetto a quelli con cui è stata elaborata la legge. Mi aspetto un coordinamento per la creazione di un codice arcobaleno, simile al codice rosso per la gestione della violenza contro le donne, perché anche le persone LGBT sono colpite da un tipo di violenza specifico. Questo darebbe un altro significato a tutte queste bellissime bandiere che si possono vedere in giro per la provincia autonoma di Bolzano… Vediamo se è fumo o c'è anche un po' di arrosto. Non è che ci faccia ben sperare l'attuale composizione del Consiglio provinciale.

    Possiamo parlare di "rainbow washing"?

    Una persona con un ruolo provinciale si è sentita legittimata a prendere un accendino e bruciare un simbolo, e non c’è stata alcun tipo di reazione, neanche da chi ha promosso il Pride Month… Finché non leggerò una mozione firmata da minoranza e maggioranza all'interno del consiglio provinciale, che in qualche modo censura quel comportamento del consigliere Anderlan, per me il valore di tutte le bellissime bandiere è poco, siamo sullo stesso piano della strumentalizzazione del nostro simbolo di lotta. Perché quel colore rosso e tutti gli altri colori sono la fatica, il sangue, la morte e le violenze che hanno subito le persone della comunità LGBT.

    “Il Pride non deve piacere a tutte le persone, perché se un Pride piace a tutte allora ha perso l'efficacia”

    Siamo a giugno, il “Pride Month”, c'è bisogno di un Pride in Alto Adige?

    Assolutamente. Il Pride assume il linguaggio di una parata e anche di una festa, ma è fondamentalmente un atto politico che serve a dare visibilità alle persone della comunità lgbt, tant'è che il documento politico, l'elemento centrale di ogni Pride, che rivendica pari diritti, dignità e libertà. Il Pride non deve piacere a tutte le persone, se un Pride piace a tutte allora ha perso l'efficacia. Deve essere complicante per la comunità tutta, proprio perché è complicata la relazione tra chi ha potere, ovvero la comunità cis-eth che ci opprime, e la comunità delle persone oppresse, LGBTQIA+, in questo caso specifico. Altrimenti è una bella festa piena di arcobaleni e colorata, ma rimane un Love is love smielato che non significa niente. Il Pride deve essere arrabbiato e chiedere giustizia e che la vita quotidiana delle persone LGBT sia una vita più semplice, meno oppressa, più libera di esprimersi. 

    Quando lo vedremo a Bolzano?

    Sarà nel 2025. La comunità LGBT ha creato un'organizzazione specifica che ha come missione quella di fare il Pride, separata da Centaurus. 

    “Le persone LGBT esistono sempre, a tutte le età, non è che lo diventano, per questo bisognerebbe parlarne ai bambini, come si fa con tutti i fatti della vita”.

    Secondo lei in che modo e a quale età bisogna affrontare questa tematica e parlare della comunità con le giovani generazioni?

    Le persone LGBT esistono sempre, a tutte le età, non è che lo diventano, per questo bisognerebbe parlarne ai bambini, come si fa con tutti i fatti della vita. Chiaramente va spiegato ai bambini e alle persone in base all’età che hanno, con il linguaggio e le metodologie giuste, in modo tale da aiutare le persone a sviluppare una consapevolezza adeguata. Però va fatto sempre, è una competenza delle famiglie, in primis, e poi dovrebbe essere una competenza anche nella scuola.

  • Arianna Miriam Fiumefreddo: "Le due scuole, quella di lingua tedesca e quella di lingua italiana, hanno due marce completamente diverse e questo produce una società a due tempi" Foto: Privat
  • A che punto siamo su questo aspetto all’interno delle istituzioni scolastiche?

    La scuola è molto in difficoltà. C'è molta più cultura in questo senso nella scuola di lingua tedesca, mentre nella scuola di lingua italiana è molto, molto, MOLTO difficile. Oggi lo è ancor di più visto il nuovo assessore. Le due scuole, quella di lingua tedesca e quella di lingua italiana, hanno due marce completamente diverse e questo produce una società a due tempi. 

    Cosa manca alla scuola su questo fronte adesso?

    Le scuole dovrebbero permettere a ogni singola persona di esprimersi ed avere la possibilità di poter vivere senza avere la paura di subire delle ripercussioni per la propria identità, invece ancora oggi è così. C'è una scelta politica che ritiene che avere questo tipo di timore sia educativo, con la speranza di cancellare l'identità LGBT, con la credenza che essere una persona LGBT si ottenga per contagio, per istigazione, lavaggio del cervello, non so. Come diceva un mio caro amico, “magari fosse così facile”, non ne rimarrebbe uno (di cishet), perché lo grideremmo con i megafoni. 

    “Non è che se io metto il bavaglio agli insegnanti, i bambini non ne parlano. Lo fanno, ma nell’unico modo in cui è il legittimato farlo: in forma negativa”

    Quindi è un problema del mondo degli adulti?

    Direi di si. Non è che se io metto il bavaglio agli insegnanti, i bambini non ne parlano. Lo fanno, ma nell’unico modo in cui è il legittimato farlo: in forma negativa. Il principale insulto all'interno della scuola è "frocio". Ed è proprio un compito educativo delle persone adulte quello di insegnare a parlare di questi temi in una forma positiva, affinché le persone LGBT, possano avere delle parole positive per definire la propria identità.  I ragazzi non smetteranno di parlarne, anzi, continueranno a farlo in forma negativa, creando quella cultura sociale punitiva che si chiama “tolleranza repressiva”.

    Chiudiamo quest’intervista con una nota positiva. Qual è il successo più grande che ritiene di aver raggiunto per la comunità?

    Nella vita sono stata buttata fuori di casa, come tante altre persone lgbt, soprattutto nel meridione, per questo ho sempre pensato che come prima responsabilità della comunità ci fosse quello di creare degli alloggi. Quindi Casa Rainbow House, che è un appartamento protetto per persone SOGIESC/LGBTQIA+ vulnerabili e in difficoltà socio-economica, oltre che il mio primo obiettivo, è il mio orgoglio più grande. 

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gorgias So., 23.06.2024 - 18:00

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gorgias Mi., 26.06.2024 - 00:29

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