Politica | L'analisi

“Non è una questione di autonomia”

Francesco Palermo commenta la sentenza che boccia il terzo mandato trentino: “Impossibile togliersi dal controllo della Corte costituzionale. Legge contraria ai principi dell’ordinamento, il Trentino non fa eccezione”.
Francesco Palermo
Foto: SALTO/ A. Odierno
  • SALTO: Professor Palermo, la Corte costituzionale ha recentemente bocciato la legge trentina sul terzo mandato del Presidente. Karl Zeller ha commentato la sentenza riconducendola ad una mancata valorizzazione dell’autonomia. È davvero questo il punto centrale della questione? 

    Francesco Palermo: La legge in questione era chiaramente incostituzionale, e questo non per una questione di autonomia, ma per una questione di regole democratiche. Si può discutere se tali regole piacciano o meno, ma rimangono principi democratici fondamentali e non riguardano l’autonomia in sé. 

    Qual è l’orientamento della Corte?

    Sul tema dell’elezione diretta, la Corte costituzionale ha una giurisprudenza costante che vale per tutti, Comuni, Regioni, Provincie, a prescindere dalla specialità. Anche la Calabria aveva tentato uno stratagemma per far subentrare automaticamente il vicepresidente in caso di sfiducia, trasformando di fatto l’elezione diretta in indiretta. La Corte ha detto chiaramente “no”, se c’è elezione diretta, vale il simul stabunt simul cadent. Lo stesso principio è stato affermato per i Comuni e per la Campania. Perché per il Trentino avrebbe dovuto valere qualcosa di diverso?

  • Francesco Palermo e Karl Zeller durante un dibattito sulla riforma dell'autonomia. Foto: Andy Odierno/SALTO
  • Perché allora si parla di un’interpretazione centralista che lede l’autonomia? 

    Che la Corte sia tendenzialmente centralista non è una novità, tant'è che la riforma dell’autonomia cercava di ovviare proprio a questo. Né è nuovo il fatto che la Corte dispone di strumenti interpretativi per riequilibrare o limitare gli spazi regionali: principi generali dell’ordinamento, prevalenza degli interessi, limiti impliciti… Per questo non farei di questa sentenza un caso politico enorme: la legge era palesemente incostituzionale. Non avrebbe avuto senso dire: “siccome siete speciali, allora per voi va bene superare i limiti dei mandati”. Sono il primo a sostenere che la Corte dovrebbe fare più attenzione alle autonomie, perché un atteggiamento troppo restrittivo può creare più danni che benefici. Ma in questo caso specifico, parliamo dell’ovvio.

    Rimanendo sulla questione sull'interpretazione della Corte, la nuova formula usata nella riforma dello Statuto di autonomia, al momento al vaglio del Parlamento, impedirà alla Consulta di continuare a pronunciarsi in maniera centralista, al di là di questo caso? 

    Lo renderà un po' più difficile, un po' meno frequente, però togliersi del tutto dal sindacato di costituzionalità non è possibile. Ed è anche un bene che sia così. L’alternativa sarebbe peggio: lasciare tutto alla politica, che è ancora più imprevedibile della giurisprudenza. Il diritto, per quanto imperfetto, serve proprio a introdurre un minimo di certezza superiore a quella della politica. E aggiungo: non politicizzerei troppo questa sentenza. La legge era stata costruita un po’ superficialmente, quasi per “buttarla lì”. Non vale la pena attribuirle un significato più grande di quello che aveva.