*Domus architecturae

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Testo: Luigi Scolari, Presidente Fondazione Architettura Alto Adige, da novembre 2005 a aprile 2011, per Turris Babel No.135 Ein Haus der Architektur | Una casa per l’architettura
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Per definizione «casa dell’architettura» è un ossìmoro, un enunciato con parole di significato opposto: se l’architettura è la casa e la casa è l’architettura, non ci può essere una casa che contiene l’architettura. Non si deve certo a questa figura retorica la mancanza di una casa per l’architettura in Alto Adige. Credo si debba avviare un’altra riflessione su questa casa per il rilevante contributo dell’architettura per l’immagine e l’identità della nostra provincia.
La «casa dell’architettura» è una declinazione particolare della «casa della cultura». In Sudtirolo ogni paese ha una sua propria casa della cultura nella quale la comunità si incontra e si identifica. Si tratta di edifici pubblici, spesso di qualità architettonica, finanziati dai comuni e dalla provincia.
La comunità è una struttura sociale che si raccoglie intorno ai valori, agli interessi che accomunano i suoi membri. Gli architetti altoatesini si riconoscono in una comunità, sentono fortemente la propria cultura, tanto da volerle dedicare una casa? Le istituzioni riconoscono l’importanza di questa arte, tanto da sostenere la costruzione di uno spazio pubblico da dedicarle, come accade per la musica, il teatro, la danza, la pittura?aprirsi alla società e stimolare il dibattito pubblico intorno all’architettura per la rilevanza sociale, politica, ambientale, economica e culturale della nostra professione
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L’Ordine degli architetti, con circa milleduecento iscritti, è un istituto corporativo, che non prevede un carattere comunitario.
I collaboratori di Turris Babel e della Fondazione e sono un gruppo di volontari appassionati che costituiscono una associazione di intenti, il prodotto del cui lavoro richiama interessati a formare una comunità. Questo non basta. La Fondazione Architettura Alto Adige promuove le eccellenze della professione, creatrici di opere e idee che hanno rilevanza culturale per la società. La sua funzione è quella di comunicare al vasto pubblico il ruolo del nostro lavoro. Per questo motivo da sempre sostengo che la Fondazione e la sua rivista debbano rivolgersi ed aprirsi alla società e stimolare il dibattito pubblico intorno all’architettura per la rilevanza sociale, politica, ambientale, economica e culturale della nostra professione. La casa dell’architettura darebbe accessibilità e visibilità a questo patrimonio di valori. L’Ordine con la sua Fondazione sono in grado di coinvolgere gli architetti, affinché esprimano una chiara volontà, un mandato per la realizzazione di una casa della cultura architettonica.
Siamo architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, nostra è la responsabilità – assieme alla committenza ed alle istituzioni – per la qualità delle trasformazioni del territorio, del paesaggio, per la tutela del patrimonio costruito. Quando le creazioni della nostra professione sono un prodotto di eccellenza, assumono un valore artistico rispettoso del territorio e divengono patrimonio culturale collettivo. Le istituzioni non sono insensibili e cieche rispetto a questo patrimonio valoriale, infatti l’immagine dell’Alto Adige si promuove in Italia e all’estero grazie al paesaggio culturale che abbiamo contribuito a creare. Tanto le istituzioni pubbliche, quanto le categorie economiche per le quali abbiamo creato edifici per il lavoro, la produzione, l’ospitalità, architetture eccellenti che rispecchiano il loro successo, possono sostenere la creazione di una casa dell’architettura, al Sudtirolo non mancano committenti illuminati e mecenati. Siamo imprenditori, professionisti creativi e innovativi, abbiamo relazioni con la committenza pubblica e privata, con gli operatori economici, con la politica, grazie a queste capacità e questi partner sarà possibile erigere una casa per l’architettura.
Le sue fondamenta sono già state gettate in vent’anni di paziente lavoro di promozione culturale. -
*Ausgehend von Turris Babel #135 werden wir im kommenden Jahr – im Wechsel zu unserem üblichen Zwei-Wochen-Rhythmus – Texte und Beispiele zu einem möglichen Haus für die Architektur in Südtirol präsentieren. Damit möchten wir das Thema einer breiten Öffentlichkeit nahebringen und gemeinsam die Vorteile sowie die Bedeutung einer solchen Institution für Südtirol erkunden.
Ein besonderer Dank gilt dem Team von Turris Babel unter der Leitung von Alberto Winterle sowie dem Kurator dieser Ausgabe, Andreas Kofler, die sich diesem Thema angenommen und es weiterentwickelt haben.
Bisher:
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Turrisbabel , che ho diretto dal 2000 al 2006, la Fondazione architettura Alto Adige, di cui sono stato presidente dal 2005 al 2011, agiscono pubblicamente da vent’anni con i loro collaboratori per consolidare il patrimonio culturale frutto del lavoro e del pensiero degli architetti. Prima, durante e dopo questi undici anni di impegno personale, altri compagni di avventura hanno partecipato a gettare le fondamenta di questa casa; vorrei citare alcuni compagni di strada che, insieme e da soli, con mostre, pubblicazioni, conferenze e il loro operato hanno contribuito a questo obbiettivo: Christoph Mayr Fingerle, Silvano Bassetti, Susanne Waiz, Hansjörg Plattner, Giovanni Dissegna, Carlo Calderan, Claudio Lucchin, Zeno Abram, Georg Klotzner, Carlo Azzolini, Margot Wittig ed un manipolo di altri volenterosi ed impegnati colleghi che qui non ho spazio di nominare, ma meritano un ringraziamento pubblico. Questa è ed è stata la comunità di architetti che hanno promosso la cultura architettonica ed il lavoro dei colleghi. Poiché l’architettura è riconosciuta come una delle sette «belle arti», sue opere sono state ospitate presso la Galleria Ar/Ge-Kunst, gli spazi del Künstlerbund e di Kunst Meran/o Arte, case – temporanee – dell’architettura.
Questa domus sarebbe un luogo in cui la cultura architettonica viene valorizzata, promossa, vissuta e condivisa pubblicamente
La Fondazione Architettura Alto Adige, organo istituzionale deputato alla promozione e sensibilizzazione sulle opere degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, ha avuto durante la mia presidenza la disponibilità di due sale espositive presso il monumentale edificio dell’INA a Bolzano, disegnato nel 1937 dall’architetto Paolo Rossi de Paoli, dove si sono tenuti incontri informali, dibattiti, conferenze ed esposizioni, tra questi: «Paesaggio e infrastrutture in Alto Adige: una discussione» , e «1000+ Architekten Architetti» con un ciclo di tre incontri sui temi «Paesaggio», «Turismo» e «Infrastrutture ed urbanistica». La famiglia di costruttori Tosolini aveva messo a disposizione in comodato d’uso gratuito per alcuni anni questi spazi dismessi. Dopo quella esperienza, la ricerca di spazi in edifici rappresentativi dell’architettura locale si è concentrata sul patrimonio abbandonato. Si era individuata la stazione di benzina disegnata dagli architetti Plattner, Pelizzari e Gubiani nel 1952, senza ottenere risultati concreti. A Bolzano si trovano nell’areale ferroviario immobili tutelati di grandi dimensioni, in zona industriale palazzine inutilizzate, ai mercati generali i grandi magazzini, questi edifici potrebbero essere potenziali soluzioni. La sede della casa dell’architettura è sempre stata un tema, come la sua gestione e finanziamento, e ci hanno portato a confrontarci con aut, architektur und tirol. Da allora le attività culturali sono state ospitate dagli sponsor, anche per diffonderle sul territorio.
Agli architetti manca ancora una casa. Nel frattempo le loro opere pubblicate su libri e riviste sono consultabili nelle biblioteche, i modelli e disegni degli edifici pubblici sono depositati presso Archimod, i fondi archivistici di architetti sudtirolesi sono conservati presso l’Archivio provinciale, il MART e l’Archivio storico del Comune di Bolzano, documentari e immagini di architettura e dei suoi protagonisti sono pubblicati sui siti internet. Delle innumerevoli conferenze organizzate dalla Fondazione è rimasta testimonianza sulle locandine, e inviti e dei dibattiti ci sono sole rarissime tracce audio.
È auspicio di tutti che questo patrimonio documentale, materiale e digitale, possa essere riunito e ospitato nella sede di un centro culturale per l’architettura. Questa domus sarebbe un luogo in cui la cultura architettonica viene valorizzata, promossa, vissuta e condivisa pubblicamente.(Il linguaggio di genere nel testo per motivi di spazio è stato omesso, me ne scuso con le lettrici)