Sui simboli etnici, ogni volta ci dividiamo. A meno che...

Per costruire un futuro condiviso abbiamo bisogno di simboli nuovi. Quelli vecchi ci dividono.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

Quando la comunità altoatesina si confronta sui simboli della identità etnica, ne esce con le ossa rotte. Anche nel migliore clima di convivenza tra i gruppi, a toccare certi temi-simbolo, si rimane fulminati, ovvero si ritorna al punto di partenza, come nel gioco dell’oca. Italiani di qua, tedeschi di là.
È successo giorni fa con la mozione per l’abolizione del Commissariato del Governo di Bolzano. Non c’è più destra o sinistra, governo od opposizione: tedeschi (quasi) tutti a favore, italiani (quasi) tutti contrari.
La stessa cosa succede puntualmente quando si affrontano altri simboli identitari come la toponomastica, i nomi delle piazze, i monumenti, gli anniversari, le bandiere, gli eroi di una o dell’altra parte, la grazia ai terroristi (attivisti? patrioti?) degli anni ’60. Anzi, sembra che ai simboli (..ad ognuno i suoi), il tempo faccia bene e li mantenga in forma. Insomma, per una buona e realistica politica della convivenza in Alto Adige / Südtirol è opportuno stare alla larga dai simboli, quelli vecchi.
Sarebbe tempo, invece, di individuare e costruire simboli nuovi e condivisi. A cominciare con quello della Festa dell’Autonomia. Tutti invitati!