Cultura | La recensione

La musica è silenzio?

“Il silenzio è nella testa: Il suono ha luogo nell'orecchio. La sfida più grande è creare il silenzio nella mente dell'ascoltatore".
Transart
Foto: Transart
  • La frase è tratta dalla canzone Space is a Diamond (1970) della straordinaria compositrice americana di origini polacche Lucia Długoszewski (1924-2000). Ed è una delle citazioni che i musicisti di Klangforum Wien recitano a turno nel corso del poliedrico spettacolo Dances for Lucia Długoszewski, andato in scena a Bolzano nell'ambito del Festival di cultura contemporanea Transart. Il silenzio, insieme alle parole recitate, agli stessi movimenti dei musicisti che appaiono ed escono di scena, come fossero note sfuggenti di una partitura, insieme alla musica e alla danza, fa parte della tessitura dello spettacolo che infrange, sulla traccia della geniale compositrice, i confini tra musica e danza, tra visivo e sonoro e mette in crisi le abitudini non solo musicali del pubblico. 
     

    „Per quanto coerente con la base musicale, nella coreografia di Ward si perde però la giocosità e insondabile sperimentazione che si respirano e che affascinano nelle creazioni di Lucia Długoszewski.“

  • Dances for Lucia Długoszewski: Długoszewski fu un’ardita sperimentatrice, inventò nuovi strumenti e creò opere originali e inconfondibili. Foto: Transart

    Due le coreografie che compongono lo spettacolo sui brani di Lucia Długoszewski eseguiti con percettibile entusiasmo dagli undici musicisti di Klangforum Wien. La prima parte coreografata da Weronika Pelczyńska è interpretata da Liwia Bargieł-Kiełbowicz e Łukasz Przytarski della compagnia di danza contemporanea ImPulsTanz. Alla danzatrice e al danzatore, in efficaci costumi bicolore, riesce di trasformarsi, quasi fossero loro stessi strumenti musicali, in puri mezzi espressivi che danno letteralmente corpo alla musica sperimentale della Długoszewski. Gli strumenti tradizionali affiancati da insolite fonti di suono, tra cui delle semplici superfici in materiale flessibile che agitate emettono diverse tonalità, creano gli originali paesaggi sonori dei brani Avanti, Openings Of The (Eye), Each Time You Carry Me This Way in cui si muovono i due danzatori. L’intesa tra interpretazione scenica e musicale, la valida performance della coppia di danzatori, capaci di evoluzioni tra meditative e contorsionistiche nella coreografia di Weronika Pelczyńska, esaltano l’estro creativo di Lucia Długoszewski e la sua adattabilità anche ai tempi odierni. 

  • Musica e danza: Una coproduzione di ImPulsTanz e Klangforum Wien Foto: Transart

    Nella seconda parte è piuttosto la musica a rubare la scena, rispetto alla coreografia di Elisabeth Ward affiancata sul palcoscenico del Waltherhaus dai giovani danzatori sempre di ImPulsTanz, Julia Müllner e Oisín Ó Manacháin. Il quartetto d’archi di Klangforum Wien esegue con foga, senza distrazioni attoriali i brani Intro (Excerpts From The String Quartet), Openings Of The (Eye) e Disparate Stairway Radical Other (For String Quartet) di Długoszewski. Il gruppo di quattro musicisti è posizionato nella sezione frontale del palco e attira buona parte dell’attenzione del pubblico, mentre l’elemento coreografico appare defilato, forse volutamente. Se l’intenzione, anche grazie ai costumi poco glamour e i movimenti spesso ripetitivi delle due danzatrici e del danzatore, era quella di evitare echi di un'interpretazione narrativa, personalizzante della musica, l’effetto è sicuramente riuscito. Per quanto coerente con la base musicale, nella coreografia di Ward si perde però la giocosità e insondabile sperimentazione che si respirano e che affascinano nelle creazioni di Lucia Długoszewski. Nel complesso lo spettacolo, una coproduzione di ImPulsTanz e Klangforum Wien, ha il pregio di riscoprire e di fare conoscere la figura della originalissima compositrice, direttrice musicale, performer, coreografa, regista, e di avvicinare il pubblico bolzanino alla sua straordinaria creatività.

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